a cura di don Emmanuel du Chalard
 
 
 Roma 3.4.1909 Sarzana 29.6.1956 Velletri 21.12.1984
 
Il nostro caro Don Francesco Maria Putti è portato per l'ultima volta in chiesa e noi siamo qui intorno a lui per unirci alle suppliche e preghiere della Chiesa per il riposo della sua anima.
Il nostro dolore è immenso, perché non e morto soltanto un fratello, un amico, un Sacerdote, ma abbiamo perduto un santo Sacerdote. Aveva una personalità tale che chi l'aveva avvicinato una volta non poteva dimenticarlo e aveva un solo desiderio: incontrarlo di nuovo.
E il motivo non erano soltanto i suoi ricchi doni naturali, ma soprattutto le sue qualità soprannaturali di bontà e di carità sacerdotale.
Non sapremo quante anime hanno ricevuto qualche cosa da lui. Sappiamo che per tante anime l'incontro con lui fu decisivo per l'orientamento di tutta la vita: conversione, vocazione ecc.
Non è questo il luogo, e certamente non sarebbe la sua volontà, che facessimo il suo panegirico. Ma non possiamo fare a meno di rilevare qualche aspetto della sua vita quale l'abbiamo conosciuto in questi ultimi anni.
Nato a Roma in una famiglia numerosa, non nascondeva la sua ammirazione per la religiosità dei suoi genitori. Fu per più di venti anni un figlio spirituale di Padre Pio ed esistevano fra di loro rapporti spirituali intimi.
Incoraggiato e sostenuto da Padre Pio, si fece Sacerdote a 47 anni e volle celebrare la sua prima Messa a San Giovanni Rotondo, all'altare dove celebrava quotidianamente Padre Pio.
Non potè avere un ministero parrocchiale a causa della sua infermità, ma si diede al ministero della confessione per quasi 15 anni: fu confessore ad Avellino, Salerno, Napoli.
Instancabile, passava ore ed ore in confessionale, si faceva una lunga fila per avvicinarlo.
Era sempre disponibile per dare i Sacramenti. Ne la stanchezza, ne la sofferenza, ne la malattia gli fecero abbandonare questa disponibilità per le anime.
Questo aspetto e ignorato da chi non l'ha conosciuto in qualità di confessore. Ma chi l'ha avvicinato, come confessore, come direttore spirituale, può dire quali furono i suoi doni, possiamo dire soprannaturali. Dava la sicurezza e la tranquillità all'anima. Quando era certo della volontà di Dio su un'anima, voleva che al più presto l'anima la realizzasse anche a prezzo di grande sacrificio. Ma lui, con la sua bontà e la sua infinita carità, aiutava a superare tutti gli ostacoli. Per molti fedeli, ma anche per Sacerdoti e Seminaristi, e stato un vero Padre.
A tutti è conosciuto il suo grande apostolato contro il modernismo con la sua rivista sì si no no.
Dopo il Concilio, vedendo i frutti per la Chiesa e le anime, la sua anima non ebbe pace finché non potè concretizzare questa opera.
Andava contro la sua natura, restare inattivo e senza far niente. Il suo cuore, pieno d'amore per la Santa Chiesa Romana, soffriva davanti a questa autodemolizione.
E che cosa ha fatto con si si no no? Ha difeso la Chiesa, ha difeso il deposito della Rivelazione nella sua purezza e integrità. Per amore di Nostro Signore e della Chiesa non ha mai accettato nessun compromesso che potesse macchiare l'ortodossia della Sua dottrina. E come ha realizzato ciò? Dicendo pubblicamente e senza paura quello che molti dicono in privato; dicendo ad alta voce quello che molti pensano, denunciando l'eresia, l'errore, la falsità per preservare la sana dottrina, per chi non aveva voglia e coraggio di farlo. Questo mettere sempre il dito sulle piaghe fu anche un richiamo costante alle autorità a fare il loro dovere.
E non possiamo contentarci di questo aspetto già tanto meritevole e nobile della difesa dell'onore della Chiesa. Egli fu anche, per tanti nel mondo cattolico, un faro nella tempesta, una luce nelle tenebre.
Per questo il suo giornale fu un conforto, un sostegno, un incoraggiamento per tanti e tanti Sacerdoti, ma anche Vescovi, senza parlare dei fedeli, che avevano trovato in sì sì no no un'ancora di salvezza nella burrasca.
sì sì reo reo fu fatto prima per Roma, cuore della Chiesa; rapidamente fu conosciuto in tutta l'Italia, poi, in Europa e in questi ultimi anni nell'intero mondo cattolico.
sì sì no no è stata la sua grande opera, e la sua ultima preoccupazione. Da mesi, convinto che il richiamo del Signore si avvicinava, aveva disposto tutto affinchè la sua opera potesse continuare.
In questi ultimi mesi, la sua consolazione fu di vedere uscire regolarmente il giornale. Appena stampata la prima copia, si portava a lui e il suo viso si illuminava. Per lui era il segno che la santa battaglia continuava.
Caro Don Francesco, anche se ci avete lasciato per l'altro mondo, la vostra opera continuerà, perché siete adesso più potente per la vostra intercessione presso i Santi, la Madonna e Dio; la potete adesso guidare meglio.
E, per quello che dipende da noi, vi promettiamo di continuare meglio che potremo, la vostra opera, senza mai tradire l'impostazione antimodernista che avete voluto.
Infine, non posso concludere senza dire qualche parola alle care Discepole del Cenacolo. E' un'altra opera di Don Francesco questa fondazione religiosa.
Il vostro comportamento verso Don Francesco ha provato la venerazione che avete avuto e che avete sempre per il vostro Padre fondatore. Pensiamo a questi ultimi mesi, durante i quali, costretto a letto, l'avete assistito con grande abnegazione giorno e notte.
Restate fedeli alle sue direttive e siate coraggiose come lui vi ha sempre insegnato e chiesto.
Tutti qui presenti vi assicuriamo delle nostre preghiere affinchè possiate affrontare con grande generosità questa grande prova e pena.
Adesso ci uniamo alla grande preghiera della Chiesa per la salvezza dell'anima del nostro defunto. Specialmente con la Santa Messa, che lui amava tanto, e alla quale aveva dovuto rinunciare con tanto sacrificio negli ultimi mesi della sua malattia.
Supplichiamo il Signore di liberare la sua anima al più presto, affinchè egli possa godere dell'eterna felicità. Lo chiediamo anche per l'intercessione della Madonna, alla quale Don Francesco era tanto devoto.
Mi permetto d'insistere affinchè non ci si dimentichi di pregare per lui. Egli considerava come una disgrazia che si parlasse delle virtù d'un defunto per poi non pregare più per il riposo della sua anima. In cambio del bene che ci ha fatto, cerchiamo di non dimenticarlo nelle nostre preghiere.

(Omelia tenuta da Don Emmanuel du Chalard al funerale di Don Francesco Maria Putti il giorno 24 dicembre u. s.)