LIBERALISMO E CATTOLICESIMO-LIBERALE DA LAMENNAIS A MARITAIN E DE GASPERI

 

La questione democristiana

Gramsci scriveva che la Democrazia Cristiana è necessaria al Comunismo per ottenere il consenso e poi il governo in Europa, specialmente nei paesi cattolici. Ma perché? Don Dario Composta risponde: “Il modello ideale DC si potrebbe definire... come politica progressista e aconfessionale[1]. Essa è “un partito di centro che guarda a sinistra”, come diceva De Gasperi.

Don Composta distingue tre tipi di cattolici:

a) I cristiano-sociali, che respinsero i princìpi della rivoluzione francese per rimanere fedeli alla dottrina sociale e politica del Magistero ecclesiastico.

b) I cristiano-liberali, che si collocarono a mezza strada tra le idee della rivoluzione e l’insegnamento della Chiesa cattolica.

c) I democristiani, che, pur accogliendo un certo indirizzo o ispirazione vagamente cristiana, si mantennero laicisti e si orientarono verso teorie affini a quelle della rivoluzione francese; essi ebbero come capiscuola Lamennais e Maritain in Francia e in Italia Murri-Sturzo-De Gasperi.

I democristiani – continua don Composta – “erano convinti che il pensiero sociale cattolico in qualche modo avrebbe dovuto riconciliarsi con la situazione di fatto... ed abbandonare l’intransigenza”[2]. La DC pensava che la rivoluzione francese fosse un fenomeno divino e positivo, e che ogni forma di governo non democratica fosse inaccettabile e anticristiana. La DC rappresenta l’ aspetto sociale del modernismo. Don Romolo Murri, fondatore della Lega democratica nazionale, fu condannato assieme alla sua Lega, e scomunicato come modernista il 28 luglio 1906. Don Sturzo fu più abile: non volle invischiarsi, in modo aperto, con il modernismo, anche se era di idee progressiste o modernizzanti; egli fondò il PPI (Partito Popolare Italiano), che fu severamente criticato da padre Agostino Gemelli, monsignor Olgiati e dal cardinal Pio Boggiani O.P., Arcivescovo di Genova. Questi il 5 agosto 1920 pubblicò una “Lettera pastorale” ove metteva in luce i gravi errori del PPI:

a) emancipazione dalla Gerarchia ecclesiastica;

b) esaltazione della libertà come valore assoluto in collusione coi liberali;

c) derivazione della sua teoria politica dai princìpi della rivoluzione francese.

Tali errori si ritrovano puntualmente nella DC. De Gasperi, in un discorso tenuto a Bruxelles il 20 novembre 1954, affermò che la DC si fonda sulla triade: libertà, fraternità, democrazia, che sono l’eredità della rivoluzione francese. Pio XII ne fu talmente irritato che da quel momento non lo volle mai più riceverlo in udienza.

I fondamenti della DC sono – secondo don Composta – due:

1ª) il progressismo politico nella linea dell’azione;

2ª) l’aconfessionalità nella linea dei princìpi.

Il progressismo è una teoria ottimista circa la natura umana, che in campo socio-politico si manifesta come fiducia illimitata in uno sviluppo economico civile e morale continuo ed inarrestabile.

L’aconfessionalità della DC l’ aveva già professata don Sturzo il 19 marzo 1919 in un discorso a Verona, in cui asseriva: “ Il PPI è nato come partito non cattolico, aconfessionale,... a forte contenuto democratico, e che si ispira alla idealità cristiana, ma che non prende la religione come mezzo di differenziazione politica”. Ecco perché Gramsci vedeva nella DC un alleato indispensabile del comunismo per poter egemonizzare la società civile e prendere stabilmente, poi, il governo politico[3].

Morto PIO XII, la DC non ha più “chi la trattenga...”: apre a sinistra e porta i socialisti al governo. Aldo Moro ha preso il posto di De Gasperi ed è convinto che il socialismo sia la carta vincente, per cui è necessario stringere un patto con esso; nel 1961, con Giovanni XXIII, cade l’ ostilità al centro-sinistra da parte del Vaticano e nel 1963 Moro presiede il primo governo di centro-sinistra. I frutti saranno: la legge sul divorzio (1970) e sull’aborto (1978). Né si deve dimenticare che tra il 1976 e il 1978 la DC cercherà di far entrare i comunisti al governo, rispondendo positivamente alla “mano tesa” (il compromesso storico) offerta da Berlinguer sin dal 1973, dopo l’esperienza cilena. Il 16 marzo 1978, però, le BR sequestrano e poi uccidono Moro, mettendo – temporaneamente – a tacere la questione.



[1] D. Composta, Questione cattolica e questione democristiana, CEDAM, Padova, 1987, pag. 25.

Cfr. N. Arbol, I democristiani nel mondo, ed. Paoline, Milano, 1990.

E. Corti, Breve storia della democrazia cristiana con particolare riguardo ai suoi errori, in «Il Fumo nel Tempio», Ares, Milano, 1997, pagg. 154-184.

H. Delassus, La Democratie Chretienne, Lille, Desclée, 1911.

[2] D. Composta, op. cit., pag. 36.

[3] Cfr. A. Del Noce, L’Eurocomunismo e l’Italia, Editrice Europa Informazioni, Roma, 1976.

A. Del Noce, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano, 1978.

A. Del Noce, Il catto comunista, Rusconi, Milano, 1981.

A. Caruso S.J., Da Lenin a Berlinguer, Idea Centro Editoriale, Roma, 1976.

Card. L. Billot S.J., De Ecclesia Christi. Tomus secundus. De habitudine Ecclesiae ad civilem societatem, 3ª ed., Roma, Univ. Gregoriana, 1929, Q. XVII De errore liberalismi et variis ejus formis.Trad. francese della Q. XVII: Les principes de 89 et leurs conséquences, Tequi, Paris, 1989.