RAPPORTI TRA STATO E CHIESA - POTERE TEMPORALE E SPIRITUALE

Contro il modernismo politico (o errore liberale), che oggi proclama la netta separazione tra Chiesa e Stato, stiamo illustrando i princìpi cattolici sul potere che hanno il Papa e la Chiesa anche in temporalibus e come questo potere si è realizzato in concreto nel corso della storia. Nella prima parte abbiamo richiamato l’insegnamento di Gesù e degli Apostoli nel campo socio-politico e la dottrina che i Padri della Chiesa e i grandi Papi già prima del Medioevo hanno dedotto dai princìpi di questo insegnamento. Dopo il cosiddetto “secolo di bronzo” (IX-X secolo), la Chiesa, con San Gregorio VII, esce da uno dei periodi più tenebrosi della sua storia e riprende l’ approfondimento dottrinale e l’applicazione pratica del “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.


2a PARTE
IV- IL MEDIOEVO E LA CRISTIANITÀ (XI-XII secolo)
S. Gregorio VII (1073-1085) combatté contro la simonia e il nicolaismo (cioè il concubinato dei sacerdoti) per riformare la Chiesa. La lotta per le investiture, nella quale ebbe come acerrimo nemico l’ imperatore Enrico IV, offrì al Papa l’occasione per continuare a dedurre dai princìpi cristiani la dottrina dei rapporti tra Chiesa e Stato.
L’imperatore fu scomunicato nel 1076. “La sentenza coglie direttamente l’ordine temporale e politico; gli anatemi spirituali vengono in ultimo luogo”1: il principe indegno è dichiarato decaduto e i suoi sudditi sono sciolti dall’obbedienza; il verdetto è pronunciato nel nome dell’autorità spirituale del Pontefice romano e in virtù del potere di “legare e sciogliere” che ha ricevuto da Cristo.
“Gregorio ebbe la convinzione di essere responsabile, dal punto di vista spirituale, della salvezza del mondo, per-ché successore di Pietro e cioè del Principe degli Apostoli”2. Gesù aveva detto a Pietro “Pasci i miei agnelli”; secondo Gregorio (e il buon senso) anche i re fanno parte del gregge di Cristo, affidato a Pietro e ai suoi successori. Come pu-re il potere di legare e sciogliere riguarda tutti, anche i re: “il potere del Papa, al pari di quello di Pietro, è di origine divina”.3
Nel Dictatus Papae (1075) sul potere dei pontefici, S. Gregorio VII, aveva raccolto in 27 proposizioni la sua dottri-na sul potere papale; di queste proposizioni 22 sono di natura teologica e affermano il primato della Chiesa romana e del Vescovo di Roma; le altre cinque (8ª;9ª;12ª;19ª;27ª) si riferiscono alle relazioni tra Papa e imperatore e sono l’espressione concreta della teologia ierocratica gregoriana:
8ª) solo il Papa può usare le insegne imperiali;
9ª) tutti i principi devono baciare i piedi solo al Papa;
12ª) il Papa può deporre l’ imperatore;
19ª) nessun uomo può giudicare il Papa;
27ª) il Papa può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso i principi iniqui.
Nella prima lettera a Ermanno, Vescovo di Metz (25 agosto 1076), S. Gregorio VII pone chiaramente le basi sulle quali si fonda la supremazia del papato sull’impero. La sua fonte principale è S. Ambrogio, secondo il quale il sacer-dozio è tanto più nobile del potere temporale quanto l’oro lo è del piombo; l’ imperatore è nella Chiesa e non sopra di Essa; quindi anche le sue cattive azioni debbono e possono essere censurate dalla Chiesa. S. Gregorio parla anche di deposizione del re da parte del Papa e passa così dalla supremazia teorica a quella pratica.

Nella prima scomunica e deposizione di Enrico IV (22 febbraio 1076), S. Gregorio si rivolge a S. Pietro e dice: “per tua grazia mi è stata data da Dio la potestà di legare e sciogliere in cielo e in terra. Basandomi su questa certezza [...], in nome di Dio onnipotente, [...] io tolgo a Enrico [...] il potere su tutta Italia e Germania, e sciolgo tutti i cristiani dal vin-colo del giuramento [...], e proibisco che alcuno lo serva come re. [...] Agendo in tua vece io lo scomunico [...], perché le genti sappiano e vedano che Tu sei Pietro e su questa pietra il Figlio di Dio edificò la sua Chiesa [...]”. Nel 1080 la sentenza pontificia diventa definitiva. Il testo afferma chiaramente che l’ autorità spirituale del Papa implica un vero po-tere nell’ordine temporale. Sempre rivolgendosi a San Pietro, Gregorio VII dice: «Gli tolgo ogni potere e dignità regale... Che tutti capiscano che, se “potete sciogliere e legare in cielo”, a maggior ragione potete togliere o concedere, sulla terra, i poteri, i regni, gli imperi, in base ai meriti».4
D’altronde questa dottrina era già stata formulata da Gregorio VII cinque anni prima nel Dictatus Papae, nelle proposizioni 12 e 27: “Il Papa può deporre l’imperatore” e “può sciogliere i sudditi dall’ obbedienza ai principi iniqui”. Tale tesi “lungi dall’esser nuova [...] è la conclusione normale dei princìpi cristiani tradizionali, Gregorio si richiama ai detti e fatti dei santi Padri. Le sue referenze sono soprattutto S. Ambrogio, S. Agostino, Gelasio I, Nicola I. [...] Si rifà innanzi tutto al Tu es Petrus e alle conseguenze logiche che ne derivano per la giurisdizione spirituale del Papa: nessuno fa eccezione e niente è sottratto alla sua giurisdizione. Anzi argomenta a fortiori: se la Sede apostolica... giu-dica le cose spirituali, perché non potrebbe giudicare anche le temporali? Chi può dubitare che i sacerdoti di Cristo siano da reputarsi come padri e maestri dei re, dei principi e di tutti i fedeli? Se l’esorcista comanda i diavoli, a più for-te ragione il Papa è giudice dei peccati dei re! (Prima lettera a Ermanno vescovo di Metz)”5. Il Papa ricorda gli stessi princìpi a Sancho d’Aragona, asserendo che Pietro è stato costituito da Cristo principe su tutti i regni della terra.6
Nella seconda lettera al vescovo di Metz (15 marzo 1081) S. Gregorio espone “tutta una teologia sui rapporti tra Stato e Chiesa”7 . Il potere delle chiavi, date da Cristo a Pietro, sta alla base di tutta la teoria e la pratica gregoriana; il potere temporale e quello spirituale stanno tra loro come la luna al sole: «Il beatissimo Apostolo Paolo disse: “Non sapete che noi giudicheremo gli Angeli? Quanto più le cose del secolo?” [...]. A chi si possono meglio paragonare coloro che vogliono piegare alle loro forme i sacerdoti di Dio, se non a colui che è il primo di tutti i figli della superbia? Colui che, tentando lo stesso Cristo sommo Pontefice [...] e promettendogli tutti i regni del mondo, disse: “Tutto questo sarà tuo, se scenderai e mi adorerai”? [...]. L’oro è tanto più prezioso del piombo, quanto la dignità sacerdotale è più nobile della dignità regia [...]. Nulla si trova nel mondo di più degno dei sacerdoti, di più sublime dei vescovi [...]».
I fratelli Robert e Alexander Carlyle mettono in rilievo che Gregorio VII spera che “sacerdozio e impero possano essere uniti nella concordia, e che, come il corpo umano è guidato dai suoi due occhi, così il corpo della Chiesa possa essere guidato e illuminato quando i due poteri concordano nella vera religione... e ammonisce Enrico IV a ricordare che egli detiene legittimamente il potere regio se obbedisce al Re dei re, Cristo, e difende e rafforza la Chiesa [...]. L’autorità secolare - secondo Gregorio - trova il suo vero fondamento nella difesa e nel mantenimento della giustizia, e egli spera che vi possa essere una vera concordia e intesa tra sacerdozio e impero, cioè tra le due autorità stabilite da Dio per governare il mondo” .8

 

 

[1] D. Th. C., vol. 23, col. 2714.

[2] J.J. Chevalier, Storia del pensiero politico. Vol. I. Antichità e Medioevo, op. cit. , pag. 266.

[3] Ibidem, pag. 267.

[4] P. L , t. CXLVIII, col. 818.

[5] D. Th. C., vol 23, col. 2715.

[6] P. L., ibidem, col. 790.

[7] J. J. Chevalier, op. cit., pag. 270.

[8] Robert W. & Alexander J. Carlyle, Il pensiero politico medievale, 1ª parte del II vol., Laterza, Bari, 1959, pagg. 111 e 113.