La dottrina del Gaetano sul romano Pontefice

 Nell’articolo precedente (Il Primato del Papa, la Collegialità e la sola Traditio, 15 gennaio 2016) abbiamo affrontato il problema in generale e alla luce della teologia tradizionale. Nel presente articolo lo affrontiamo alla luce dell’ insegnamento del cardinal Tommaso de Vio, detto il Gaetano, riassunto mirabilmente da don Vittorio Mondello nella sua  Tesi di Dottorato in Teologia,

discussa il 2 luglio del 1963 alla Pontificia Università Gregoriana con il titolo La dottrina del Gaetano sul Romano Pontefice  e poi stampata sotto forma di libro col medesimo titolo in Messina, Arti Grafiche di Sicilia, 1965.

Nel De Comparata Auctoritate Papae et Concilii[1], definito “un libro classico che resterà sempre come modello perfetto di apologetica cattolica” (A. Cossio, Il cardinale Gaetano e la Riforma, Cividale, 1902, p. XXXIV, nota 5) o “un aureo libretto” (V. Mondello, cit., p. 80), il Cajetanus confuta non solo il Conciliarismo radicale, che sostiene la superiorità assoluta del Concilio sul Romano Pontefice, ma anche il Conciliarismo mitigato, che sostiene la superiorità dell’Episcopato sul Papa solo eccezionalmente, ossia in caso di eresia del Papa. Infatti, secondo il Gaetano, il Papa nella Chiesa resta sempre (anche in situazioni di estrema gravità) il Capo supremo e il detentore di un potere veramente monarchico.

 

La Chiesa monarchia assoluta, non costituzionale

Tommaso de Vio dimostra il suo asserto facendo un paragone tra il potere di Pietro e degli Apostoli e quello del Papa e dei Vescovi.

1°) Pietro ha ricevuto il supremo potere per via ordinaria mentre gli altri Apostoli lo hanno ricevuto solo per via straordinaria a motivo della particolare situazione in cui si trovavano a vivere, cioè all’inizio della Chiesa cattolica ancora da impiantare.

2°) Pietro è Vicario immediato e diretto di Cristo, da Lui nominato e investito di tale potere; gli altri Apostoli fungono da legati, inviati, ambasciatori di Cristo[2].

3°) Pietro ha giurisdizione sugli altri Apostoli; mentre essi non l’ hanno vicendevolmente l’uno sull’ altro (“supra se invicem”)[3].

Quindi il Papa, come successore di Pietro e Vicario di Cristo, riceve il suo potere direttamente da Cristo e non dalla Chiesa ossia dal Concilio imperfetto (il Concilio senza Papa), dall’Episcopato disperso nel mondo né tanto meno dai fedeli.

Cristo ha fatto della Chiesa una Monarchia assoluta, che non può essere trasformata in Monarchia costituzionale come pretenderebbe ai nostri giorni la dottrina sulla Collegialità episcopale del Concilio Vaticano II. 

 

La promessa del primato

Nel suo secondo Trattato di ecclesiologia (De Divina Institutione Pontificatus Romani Pontificis, pubblicato dal dr. Fréderérich Lauchert, in Corpus Catholicorum, fasc. 10, Munster, ed. Aschendorff, 1925), ritenuto il miglior trattato ecclesiologico della seconda scolastica, il Gaetano dimostra il primato di giurisdizione del Papa basandosi sui due versetti del Vangelo, che riguardano la promessa del primato e il suo conferimento con le parole di Gesù: “Tu es Petrus” (Mt., XVIII, 18) e “Pasce oves meas” (Gv., XXI, 15) asserendo che esse son state dette da Gesù al solo Pietro e non a tutti gli Apostoli e quindi solo Pietro e i suoi successori hanno il primato di giurisdizione.

Infatti “pascere” presuppone l’ autorità del pastore sul suo gregge: non significa solo nutrire (come voleva Lutero[4]), ma indica anche la sottomissione delle pecore al pastore. Per di più il Gaetano, rifacendosi a S. Ambrogio (In Lucam, I, 10, n.176), precisa che “pecore” (nel testo greco dei Settanta “eletti”) sono i Vescovi (“eletti” = chierici, scelti o eletti da Dio per sacra vocazione), mentre gli “agnelli” sono i laici o il popolo fedele (De Divina Institutione, cit., ed. Lauchert, 1925, p. 540). Qui il Bellarmino seguìto dal Billot, segnala nel testo greco una svista dello scrivano e specifica che la ripetizione per due volte di “oves” andrebbe così tradotta e compresa meglio: con “oves / pecore”= Apostoli /Vescovi; oviculas / pecorelle” = preti/chierici; “agnos/agnelli” = i semplici fedeli laici. Anche S. Ambrogio nel testo succitato  ha letto così: “agnos… oviculas… oves” (v. De Comparata…, cit. ed. Pollet 1936, cap. III, p. 19, nota 14). Quindi il Papa è supremo Pastore non solo dei fedeli (agnos) e dei preti (oviculas), ma anche dei Vescovi (oves).

Il Papa soltanto (come successore di Pietro) è in senso stretto Vicario di Cristo, gli altri Apostoli, in quanto Apostoli, lo furono in senso lato e improprio onde sarebbe meglio chiamarli “inviati/missi” da Cristo[5]. Anche S. Tommaso d’Aquino (Summa contra Gentes, lib. IV, cap. 76) aveva sostenuto la medesima tesi. Il Gaetano dogmaticamente approfondisce la dottrina tommasiana e poi dà un’acuta interpretazione esegetica dei passi evangelici su questo problema.

Da una parte, distingue Matteo XVIII, 18 da Giovanni XXI, 15 che compara a Matteo XVI, 18;  dall’ altra parte, precisa che 1°) le parole di Cristo son state dette al solo Pietro; 2°) solo Pietro ha ricevuto da Cristo il sommo Pontificato su tutta la Chiesa; 3°) questo sommo Pontificato universale è stato dato da Dio anche ai successori di Pietro[6].

 

Stravolgimento conciliarista, luterano e modernista del passo evangelico e confutazione del Gaetano

Secondo Matteo (XVIII, 18) il primato è stato promesso solo a Pietro. Infatti Gesù ivi dice: “Io ti  dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la Mia Chiesa… A te (Pietro) darò le chiavi del Regno dei Cieli e ciò che tu legherai sulla terra sarà legato nei Cieli e ciò che tu scioglierai sulla terra sarà sciolto nei Cieli”.

I conciliaristi, precursori di Lutero, i protestanti e i modernisti, invece, leggono il passaggio come se il primato fosse stato promesso da Cristo a tutti gli Apostoli e non al solo Pietro. Pietro è per loro l’ immagine o il simbolo di coloro che ascoltano l’ispirazione di Dio e non è la persona fisica di Simone, figlio di Giovanni. Quindi il primato è stato promesso a coloro che ascoltano la Parola di Dio e non a Pietro. Infatti – dicono –  subito dopo Gesù scaccia Pietro (“vade retro satana”) per indicare che egli è inferiore a coloro che ascoltano la “Parola/Verbum”, ossia è inferiore alla  Chiesa spirituale. La Pietra rappresenterebbe tutti i fedeli e non il solo Pietro, perché subito dopo Pietro errò e rinnegò Cristo, inoltre Pietro rappresenterebbe tutti gli Apostoli[7].

Il Gaetano (De Divina Institutione, cit., ed. Lauchert, 1925, cap. IV, p. 11) confuta Lutero, i suoi precursori (i conciliaristi) e i suoi odierni seguaci (i modernisti)  dimostrando che le parole di Gesù sono rivolte esclusivamente a Pietro e che questi confessando che Cristo è il Figlio di Dio non rappresentava gli Apostoli, ma parlava a nome proprio per divina ispirazione.

Molto istruttiva l’esegesi che il Gaetano dà dei succitati passaggi. In primis egli spiega che mentre Matteo XVIII, 18 parla di “legare e sciogliere”, Matteo, XVI, 18 parla di “chiavi del Regno dei cieli” e collega specialmente quest’ultimo a Giovanni, XXI, 15 ove Gesù conferisce il primato promesso a Pietro in Matteo (XVIII, 18 e specialmente XVI, 18).

Dunque solo a Pietro son date le Chiavi del Regno dei Cieli il cui potere di aprire e chiudere rappresenta l’azione totale delle Chiavi (Mt., XVI, 18), ossia la pienezza del potere data solo al Superiore che è Pietro; mentre agli Apostoli non vengono date le Chiavi del Regno dei Cieli, ma solo il potere di “legare e sciogliere” (Mt., XVIII, 18), che rappresenta una parte del potere (il potere giudiziario e non la potestà piena, suprema e assoluta), che viene data ai sudditi da Cristo tramite Pietro[8].

Louis Billot (De Ecclesia Christi, Roma, Gregoriana, 1903, tomo I, p. 538) riprende la distinzione del Gaetano e scrive che “in Matteo XVI, 19 vengono date a Pietro le Chiavi e il potere di usarle; mentre in Matteo XVIII, 18 viene dato agli Apostoli il solo uso di legare e sciogliere”. Mondello (cit., p. 92) nota che già Origene (Comm. in Evang. S. Matthei, XVI e XVIII) aveva fatto la distinzione tra “Chiavi” (potere) e “atti delle Chiavi” (uso del potere) e ne aveva dedotto l’autorità di Pietro sopra gli altri Apostoli. Come si vede la teoria gaetanista non è peregrina né originale, ma la si trova in nuce nella Tradizione Patristica e pienamente sviluppata, alla luce della definizione infallibile del Concilio Vaticano I, nella teologia della neo-Scolastica.

Inoltre quando Gesù dice: “Beato sei tu, Simone figlio di Giovanni” non poteva riferirsi a tutti gli Apostoli tra i quali vi era Giuda Iscariote che non poteva essere detto “Beato”. Pietro poi non poteva rispondere per tutti poiché il primato ancora non gli era stato promesso. Quindi resta l’unica spiegazione che solo Pietro ha ricevuto la promessa e poi il conferimento del Primato[9].

Vittorio Mondello commenta: “La promessa di Cristo è fatta esclusivamente a Pietro; quindi, il supremo Potere è promesso solo a Pietro e a lui solo sarà poi conferito e, dopo di lui, ai suoi successori, i romani Pontefici”. 

 

Il conferimento del primato

.................................

(L'Articolo continua nell'edizione cartacea)

 

[1] Il De Comparata consta di circa 100 pagine. Esso è diviso nel seguente modo: 1°) la Potestà del Papa in sé o assolutamente considerata (capp. 1-16); 2°) la Potestà del Papa considerata per accidens o in certi casi particolari ed eccezionali, specialmente nella possibilità ipotetica dell’eresia del Papa (capp. 17-23); in questa seconda parte il Gaetano confuta ritenendola Conciliarismo mitigato la tesi di coloro che ritengono il Papa inferiore al Concilio e da esso deponendolo nel caso di eresia (che è una mera possibilità per nulla certa e molto improbabile per il Gaetano). È una questione assai attuale e varrebbe la pena di tradurre l’opera del de Vio, almeno nella sua seconda parte che è molto più profonda, sicura ed esatta di quella di Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira, La Messe de Paul, VI: Qu’en penser?, Chiré-en-Montreuil, DPF, 1975, II partie, Hypothèse théologique d’un Pape hérétique, pp. 213-332. 

 

[2] Pietro è diretto, immediato Vicario di Cristo, nominato da Lui a governare la Chiesa universale con l’autorità di Pastore supremo superiore agli altri Apostoli; gli altri Apostoli sono inviati a fare le veci di Cristo nel proseguire la sua opera di redenzione (v. Gaetano, De Comparata Auctoritate…, cit., ed. Pollet, 1936, cap. IV, p. 32, n. 46).

[3] Cajetanus, De Comparata Auctoritate Papae et Concilii, Roma, Angelicum, ed. Pollet, 1936, cap. II-IV.

[4] M. Lutero, Resolutiones super propositionibus Lipsiae disputatis, 1519, Resolutio Lev 3, 315  in Luthers Werke, 50 tomi, Weimar, 1883 ss., tomo II, p. 195.

[5] Cfr. l’ottimo studio di p. Michele Maccarrone, Vicarius Christi – Storia del titolo papale, Città del Vaticano, ed. Lateranum, 1952.  L’Autore riassume mirabilmente il pensiero del Gaetano sul Papa come unico Vicario di Cristo da p. 273 a p. 289.

[6] Gaetano, De Divina Institutione, cit., ed. Lauchert, 1925, cap. I, p. 2.

[7] Cfr. M. Lutero, Resolutiones super propositionibusLipsiaedisputatis, 1519, Resolutio, Lev. 3, 304-309, 360, in LuthersWerke, 50 tomi, Weimar, 1883 ss., tomo II, pp. 390-435.

[8] Gaetano, De Divina Institutione, cit., ed. Lauchert, 1925, cap. V, p. 33-34 e 38.

[9] Gaetano, De Divina Institutione, cit., ed. Lauchert, 1925, cap. IV, p. 29-30, cap. VII, p. 53.