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PIO XI CASTI CONNUBII (1930) Sul matrimonio

Dottrina e pratica del matrimonio

Pio XI, nella Prima Parte della presente Enciclica, innanzitutto intende “illuminare le menti degli uomini con la vera dottrina di Cristo intorno al matrimonio”, e poi, desidera “che gli sposi cristiani conformino, con l’aiuto della grazia divina, i loro pensieri e la loro condotta alla dottrina e alla legge di Cristo, per ottenere per sé e per la loro famiglia la vera pace e felicità” (Pio XI, Enciclica Casti connubiii, in Tutte le Encicliche dei Sommi Pontefici, Milano, Dall’Oglio Editore, ed. V, 1959, 1° vol., p. 873).

Il Papa esordisce rivendicando la divina istituzione del matrimonio, la sua dignità sacramentale e la sua perpetua indissolubilità e ne deduce la conclusione logica che “le leggi del matrimonio non sono soggette a nessun potere umano e a nessun pensiero degli stessi sposi che sia contrario alla sua natura come Gesù ce l’ha presentata” (ib., p. 874).

La volontà umana arreca anch’ essa al matrimonio il suo contributo, pur essendo esso di istituzione divina. “Infatti ogni matrimonio è un’unione coniugale tra un uomo e una donna e, quindi, comincia ad esistere solo a partire dal libero consenso degli sposi” (ivi).

Se la volontà degli sposi è indispensabile al matrimonio, la natura del matrimonio non dipende dalla volontà degli uomini, ma da quella di Dio, di modo che ognuno che abbia contratto matrimonio resta soggetto alle sue leggi e alle sue proprietà come Dio le ha stabilite.

“Mediante il matrimonio gli animi si congiungono e si stringono intimamente, prima e più fortemente che non i corpi, non per un affetto passeggero dei sensi, ma per un decreto fermo e deliberato della volontà e da questa fusione di anime, avendo Dio stabilito così, sorge un vincolo sacro ed inviolabile” (ib., p. 875).

Il Papa insegna che il matrimonio, quindi, è totalmente diverso dalle unioni instabili, che sono disgiunte da qualsiasi vincolo di volontà e perciò la legittima autorità ha il diritto e il dovere di impedire questi turpi connubi (ivi). Si pensi alla odierna e tristissima realtà delle coppie di fatto, che numericamente hanno sorpassato il matrimonio cristiano e addirittura sono garantite per “legge”.

Quindi il matrimonio viene costituito dalla volontà di Dio assieme a quella umana. Da Dio provengono l’istituzione, le leggi, i fini e i beni del matrimonio; dall’uomo dipende l’esistenza del matrimonio, mediante la donazione generosa della propria persona ad un’altra per tutta la vita (ivi).

 

Fedeltà, prole e sacramento nel matrimonio

Nella Seconda Parte dell’Enciclica Pio XI tratta dei beni del matrimonio, che sono tre: Bonum fidei, prolis et sacramenti. Il Bonum fidei: la fedeltà tra i due coniugi fa sì che fuori del matrimonio non vi sia un’unione con un altro o con un’altra. Il Bonum prolis: fa sì che si accolgano amorevolmente i figli, li si nutrano e li si educhino. Il Bonum sacramenti: fa sì che il matrimonio non venga mai sciolto.

 

La prole

Poi il Pontefice si dilunga su ognuno di questi tre beni del matrimonio ed insegna che tra i beni del matrimonio la prole occupa il primo posto. Infatti Dio volle servirsi dei genitori come di strumenti o ministri per la propagazione della vita: “Dio vuole la generazione dei figli, non solo perché riempiano la terra, ma assai di più affinché lo conoscano, lo amino e vadano in Paradiso” (ivi).

La prole non solo va generata o procreata, ma anche educata sia naturalmente sia soprannaturalmente. Ora il matrimonio è ciò che meglio di ogni altra cosa assicura la retta educazione. Infatti i genitori sono stretti tra loro con vincoli indissolubili e perciò offrono sempre, entrambi, la loro cura e il loro vicendevole aiuto alla prole (ib., p. 877).

 

La fedeltà

Il secondo bene del matrimonio è il Bonum fidei, che è la fedeltà vicendevole dei coniugi. Questa fedeltà richiede l’unità assoluta del matrimonio, che avviene tra un solo uomo e una sola donna. Gesù non solo ha proibito ogni forma esterna di poligamia o poliandria, ma anche gli stessi pensieri volontari su tali oggetti, asserendo: “Se uno guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con essa in cuor suo” (Mt., V, 28). La fedeltà della castità vicendevole dei coniugi sarà aiutata e resa più facile dalla carità coniugale, per la quale moglie e marito si amano tra di loro “come Cristo amò la Chiesa” (Efes., V, 25). Ora Gesù l’amò con amore infinito, non per suo vantaggio, ma proponendosi l’utilità della Sposa. L’aiuto vicendevole, frutto della carità coniugale, fa sì che gli sposi si sostengano nella reciproca santificazione (ib., p. 879).

L’ordine della carità coniugale «richiede da una parte la superiorità del marito sopra la moglie e i figli, e, dall’altra l’ubbidienza pronta della moglie al marito, non già per forza, ma per amore, come raccomanda S. Paolo: “Le donne siano soggette ai loro mariti come al Signore, perché l’uomo è il capo della donna come Cristo è capo della Chiesa” (Efes., V, 22)» (ib., p. 880). Il Papa ricorda che se l’uomo ha il primato del governo della famiglia, essendone il capo, la donna ha il primato dell’amore, essendone il cuore.

 

Il sacramento

Infine Pio XI passa in rassegna il Bonum sacramenti, che designa l’ indissolubilità del matrimonio, come Cristo ha insegnato dicendo: “L’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (Mt., XIX, 6). Infine Gesù ha innalzato il contratto matrimoniale a dignità di sacramento per rendere più facile la sua perpetua indissolubilità.

Il Pontefice mostra, quindi, quali siano i grandi vantaggi dell’indissolubilità del matrimonio. Innanzitutto essa è un valido aiuto alla castità; poi procura più stabilmente l’educazione dei figli; infine giova alla stessa Società civile, poiché “tale sarà lo Stato quali sono le famiglie” (ivi).

 

Errori contro il matrimonio

Il Papa entra nella Terza Parte dell’Enciclica, in cui tratta degli errori contro il matrimonio.

Egli lamenta che il matrimonio è facilmente dispregiato e vilipeso nella sua epoca (1929). Nel teatro, nei romanzi, nel cinematografo “viene conculcata e messa in derisione la santità del matrimonio e invece si lodano i vizi più turpi, gli adulteri e i divorzi” (ib., p. 885).

 

Errori contro la prole

Ora abborda gli errori contro la prole, “che molti osano chiamare molesto peso del matrimonio e affermano doversi evitare, non già con l’onesta continenza, ma viziando l’atto naturale” (ib., p. 887). Pio XI condanna la contraccezione e scrive: “Non vi può essere nessuna ragione che valga a rendere onesto e conforme a natura, ciò che è intrinsecamente contro-natura. E poiché l’atto del matrimonio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono intenzionalmente incapace di questa conseguenza, operano contro-natura, compiendo un’azione turpe e intrinsecamente disonesta. […]. Qualsiasi uso del matrimonio, in cui per umana malizia l’atto sia destituito della sua naturale virtù procreatrice, va contro la legge di Dio e della natura e quanti osano commettere tali azioni si rendono rei di peccato mortale” (ib., p. 888).

Pertanto è dovere dei confessori di non lasciar errare i fedeli in un punto così grave della legge di Dio: “Se qualche confessore, che Dio non lo permetta, inducesse egli stesso in simili errori i fedeli o ve li confermasse, sia con l’approvarli, sia colpevolmente tacendo, sappia di dover rendere severo conto a Dio del tradito suo ufficio” (ivi).

Pio XI parla anche dei periodi in cui la donna è infeconda e insegna che “non si può dire che operino contro l’ordine di natura quei coniugi che usano del loro diritto nel modo debito e naturale, anche se per cause naturali, sia di tempo, sia d’altre difettose circostanze, non ne possa nascere una nuova vita. Poiché nel matrimonio vi sono anche dei fini secondari: il mutuo aiuto, l’affetto vicendevole e la quiete della concupiscenza, fini che ai coniugi non è proibito volere, purché sia sempre rispettata la natura intrinseca dell’atto” (ib., p. 889).

Il Papa passa a fulminare l’aborto, condannando la diretta uccisione dell’innocente e ingiunge ai legislatori di vigilare a difendere con leggi opportune la vita degli innocenti (ib., p. 891). Anche qui, purtroppo, come non lamentare la legalizzazione dell’aborto avvenuta in Italia circa 50 anni or sono.

Il Papa affronta la questione dell’eugenetica, ossia la scienza che si propone di migliorare le qualità della razza umana, studiando le leggi dell’ereditarietà, sconsigliando (ciò che è lecito) l’unione coniugale di persone affette da malattie trasmissibili. Però essa è andata troppo avanti, sino a sostenere la necessità di sterilizzare gli individui tarati (ciò che non è lecito), che potrebbero procreare figli a loro volta vulnerati. Pio XI scrive pertanto: “La famiglia è più sacra dello Stato, gli uomini sono procreati non per la terra ma per il cielo. Quindi non è giusto accusare di colpa grave uomini atti al matrimonio che, si prevede, avranno una prole difettosa, se contraggono le nozze”. Tuttavia, avverte il Papa, spesso conviene dissuaderli dal contrarre il matrimonio. Inoltre “le pubbliche autorità non hanno alcun potere diretto sulle membra dei sudditi. Quindi, se essi non commettono nessuna colpa, le autorità non possono ledere direttamente l’integrità del corpo, né per ragioni eugenetiche, né per qualsiasi altra ragione” (ib., p. 892). S. Tommaso d’Aquino insegna che per prevenire mali o reati futuri è lecita solo l’incarcerazione temporanea, mentre non è lecita la lesione corporale (S. Th., II-II, q. 108, a. 3), ossia se si prevede, per esempio, che un uomo possa commettere un attentato contro un governante in occasione di qualche manifestazione pubblica futura, lo si può incarcerare temporaneamente per evitare il crimine eventuale, ma non si può torturarlo fisicamente o addirittura condannarlo a morte; così non si può sterilizzare un uomo tarato perché si prevede che contraendo matrimonio generi figli tarati.

 

Errori contro la fedeltà

Dopo aver condannato gli errori contro il Bene della prole, il Papa passa a condannare gli errori contro il Bene della fedeltà coniugale e soprattutto quello che invita a violare la unicità del matrimonio e a rendere lecito il tradimento dell’altro coniuge, “sotto il pretesto di essere indulgenti verso le idee e i costumi del nostro tempo” (ib., p. 893). Infatti il Signore ha comandato: “Non fornicare” (Esod., XX, 14) e “nessuna consuetudine o parvenza di progresso umano e modernità potrà mai indebolire la forza di questo divino comandamento” (ivi), poiché come “è sempre il medesimo Gesù Cristo ieri ed oggi e nei secoli” (Ebr., XIII, 8), così è sempre identica la dottrina di Cristo, della quale non cadrà un sol punto sino alla fine dei secoli (ib., p. 894).

Pio XI confuta l’errore che vorrebbe diminuire la soggezione e l’obbedienza della moglie al marito. Alcuni dicono che essa è una indegna servitù e, quindi, proclamano l’emancipazione della donna, che asseriscono essere triplice: 1°) fisiologica, in quanto la moglie deve essere sciolta dai pesi coniugali, sia di sposa che di madre, abbandonando marito e figli se così ella vuole; 2°) economica, in quanto la moglie può amministrare affari suoi privati, trascurando marito, figli e famiglia; 3°) sociale, in quanto la moglie può dedicarsi agli uffici pubblici, trascurando la famiglia. Ora, risponde il Papa, questa non è vera libertà della donna, ma corruzione della dignità materna, perversione di tutta la famiglia, “in quanto il marito resta privo della moglie, i figli della madre, la casa e tutta la famiglia della sua sempre vigile custode. Anzi questa falsa libertà e innaturale eguaglianza con l’uomo torna a rovina della stessa donna: poiché, se la donna scende dalla sede regale, a cui tra le pareti domestiche fu innalzata dal Vangelo, presto ricadrà nella vecchia schiavitù (se non in apparenza almeno di fatto) e ridiventerà, come nel paganesimo, un semplice strumento dell’uomo” (ivi). Come non apprezzare questa “profezia di sventura” dati i “femminicidi” molteplici, che vengono commessi frequentemente nei nostri tempi di femminismo radicale.      

 

Errori contro il sacramento

Infine Pio XI rigetta gli errori contro il Bene del sacramento del matrimonio. Infatti alcuni insegnano che il matrimonio non è una cosa sacra, ma del tutto profana e civile in cui solo lo Stato ha potere e non la Chiesa. Quindi ne negano la indissolubilità e propugnano la liceità del divorzio. Il Pontefice risponde che la natura sacra del matrimonio risulta, sia dalla sua origine divina, avendo Dio per Autore, sia dal suo fine, che è la generazione della prole da educare ordinandola a Dio e al paradiso. Per finire, il matrimonio ha carattere sacro a partire dal suo stesso ufficio naturale, poiché esso è come un tramite onde si trasmette la vita, agendo i genitori in ciò quasi come ministri di Dio e “pro-creando” in cooperazione subordinata con il Signore onnipotente.

Quanto al divorzio il Papa riprende l’insegnamento dell’Enciclica sul matrimonio di Leone XIII (Arcanum, 10 dicembre 1880) e ribadisce che “la corruzione dei costumi è la forza più grande per distruggere le famiglie ed abbattere i regni. Il divorzio è funestissimo alla prosperità delle famiglie e delle nazioni. Infatti i divorzi nascono da consuetudini depravate ed aprono l’adito ad una sempre maggior corruttela dei costumi pubblici e privati. Quindi se non si evita il divorzio, le famiglie e lo Stato dovranno stare in costante timore di essere travolte nello scompiglio di tutte le cose” (ib., p. 900). Anche qui come non dare ragione a Leone XIII (ripreso da Pio XI) dopo aver visto la rovina apportata dal divorzio in Italia a partire dagli anni Settanta del Novecento, in cui la Società, le famiglie e gli individui hanno cominciato a franare con un moto uniformemente accelerato, sino ad arrivare al “gender” e ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.

            

I rimedi a questi errori

Nella Quarta Parte dell’Enciclica, papa Ratti, tratta dei rimedi da opporre ai mali, che ha denunciato nel corso di essa.

Innanzitutto il Pontefice sprona a ricondurre il matrimonio alla conformità con il piano divino e naturale, che – come insegna S. Tommaso d’Aquino – è “l’esemplare della rettitudine perfetta” (S. Th., II-II, q. 91, aa. 1-2).  Infatti le cose istituite da Dio sono tanto più salutari, quanto più restano conformi al piano divino, cosicché quando l’uomo sconvolge l’ordine naturale e divino, anche le cose istituite con somma sapienza e altrettanta utilità, cominciano a nuocere o smettono di giovare. Quindi è necessario che tutti studino il disegno divino sul matrimonio per ricondurlo al retto ordine.

Siccome tale studio è contrastato soprattutto dalla concupiscenza, che è la ragione principale per cui si pecca contro le leggi del matrimonio, gli sposi per vincere la concupiscenza debbono sottomettere se stessi a Dio. Infatti, se l’uomo sottomette la sua anima a Dio, il corpo con la concupiscenza si sottomette all’anima. Pertanto occorre avere una solida istruzione sul matrimonio, accompagnata da una buona educazione religiosa su di esso. Il Papa specifica che parla di educazione religiosa e non fisiologica o sessuale. Essa comporta l’educazione dell’intelletto nel conoscere le leggi del matrimonio ed assieme la ferma volontà di osservare le sante leggi di Dio sul matrimonio.

Ora il Papa tratta della “preparazione remota” al matrimonio, che consiste in una retta e virtuosa fanciullezza. Infatti, normalmente, una fanciullezza viziosa porta ad un matrimonio rovinoso, mentre il matrimonio cristiano rende la casa degli sposi simile ad un “paradiso terrestre” (ib., p. 907).

Per quanto riguarda la “preparazione prossima”, occorre porre molta attenzione nella scelta del coniuge. Infatti da essa dipende la futura felicità o meno del matrimonio che si contrae (ivi). Lo sposo è per l’altro coniuge aiuto o impedimento a vivere cristianamente. Quindi è sommamente importante scegliere un coniuge soprattutto virtuoso, con prudenza soprannaturale e non con la passione dei sentimenti.

Augustinus