NEOTOMISTI  ANTIMODERNISTI

Concede nobis, Domine, prospera mundi despicere et nulla ejus adversa formidare”.

Introduzione

Nel XX secolo, nonostante la crisi modernista e neomodernista[1],vi sono stati dei grandi filosofi neotomisti, che – pur con qualche eccezione e riserva – hanno scandagliato il pensiero del Dottore Comune della Chiesa, lo hanno utilizzato per confutare gli errori del secolo e per costruire una ‘filosofia politica’ capace di far regnare Cristo nella Società, che veniva sempre più secolarizzandosi sotto i colpi della filosofia moderna e postmoderna.

Lo scopo del presente articolo è di farne conoscere alcuni ai lettori, mettendo in luce i loro pregi e qualche volta anche i loro difetti, affinché possano formarsi allo studio del neotomismo senza correre rischi di annacquamento della metafisica dell’essere.

 

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Etienne Gilson

Nacque a Parigi nel 1884 ed è morto nel 1978. Grande storico della filosofia medievale, ha scritto moltissimo. I suoi contributi più interessanti sono: Lo spirito della filosofia medievale del 1932; La filosofia del Medioevo del 1944; Il Tomismo, che ha avuto cinque edizioni le quali hanno segnato un reale e sostanziale approfondimento della filosofia tomistica, a partire dal 1919 sino al 1947; L’essere e l’essenza del 1948.

Nel suo volume Il Tomismo – dopo ben 22 anni dalla prima stesura, nella quarta edizione del 1941, che è quella fondamentale – Gilson, avendo approfondito sempre più la conoscenza del Dottore Angelico, giunge alla scoperta, già avanzata da p. Cornelio Fabro nel 1939, della originalità della metafisica dell’ essere di S. Tommaso, pur mantenendo tuttavia una certa confusione tra essere ed esistenza, che era già stata dipanata pienamente dal Fabro nel 1939 e sulla quale il religioso stimmatino ritornò nel 1961.

Come spiega un acuto allievo di Cornelio Fabro, «In realtà il Gilson, nel suo libro Le thomisme, non riconosce l’importanza della nozione tomistica di partecipazione […]. L’ errore gilsoniano in questione dipende dal fatto che l’A. identifica l’esse con l’existere. Queste medesime tesi si ritrovano anche nelle principali opere di J. Maritain»[2]. L’essere tomistico supera la sostanza o essenza aristotelica. Tuttavia sia Gilson che Maritain, pur avendo distinto essere ed essenza, hanno continuato a confondere esse ed existere. Soltanto p. Cornelio Fabro ha risolto ogni incertezza di linguaggio, come vedremo oltre.

Gilson ha confutato nel 1936 e 1939 le tendenze di un certo realismo unito al criticismo kantiano dal cardinal Mercier (†1926) dell’ Università belga di Lovanio. Negli anni cinquanta ha polemizzato col “metacristianesimo” di Teilhard de Chardin (†1955) e nel 1970 si è schierato a favore della Messa “tridentina”, subito dopo l’infausta riforma liturgica di Paolo VI; nel dopo concilio scrisse ad Augusto Del Noce di sentirsi spaesato e come estraneo all’ambiente ecclesiale postconciliare: “non mi sento più a casa mia” soleva ripetere.

Jacques Maritain

Nacque nel 1882 a Parigi da una agiata famiglia protestante, dal 1895 al 1905 studiò filosofia alla Sorbona, ove incontrò la sua futura moglie Raissa Oumançoff con la quale frequentò le lezioni di Henry Bergson (†1941).

Durante questo periodo Maritain aderì al vitalismo bergsoniano, al socialismo ed al laicismo moderno. Tuttavia nel 1905, un anno dopo il matrimonio, si convertì al cattolicesimo assieme alla moglie, che era di confessione israelitica. Nel 1906 ricevettero il battesimo e si appassionarono al tomismo. Ebbe inizio così la seconda parte della vita intellettuale di Maritain.

 

Nel 1914 scrisse il suo primo libro di critica a Bergson alla luce del tomismo (La filosofia bergsoniana: studi critici),  dando impulso al neotomismo in Francia, anche in ambienti non vicini alla Chiesa: «Maritain è colui che è riuscito a dar credito al tomismo anche nel mondo laico» (B. Mondin). Negli anni Venti scrisse molte delle sue opere buone e genuinamente tomistiche: Arte e scolastica, 1920; Elementi di filosofia: I vol., Introduzione alla filosofia, 1921; II vol. Logica formale, 1923; S. Tommaso d’Aquino, 1923. Antimoderno, 1922; Tre riformatori: Lutero, Cartesio, Rousseau, 1925; Primato dello spirituale, 1926. Negli anni Trenta ha scritto Distinguere per unire. I gradi del sapere, 1932; Sulla filosofia cristiana, 1933.

Con la guerra civile spagnola (1936-1939), però, per avversione ai Fascismi europei, Maritain si schierò addirittura con i “rossi” e ritornò all’antico laicismo, mascherato da democratismo. Con la sua opera Umanesimo integrale del 1936, inizia la terza fase del pensiero maritainiano, che oggettivamente non è più genuinamente tomistico.

Dal 1940 al 1960 visse in USA e scrisse Cristianesimo e democrazia, 1945; La persona e il bene comune, 1947; L’uomo e lo Stato, 1951; La filosofia morale, 1960, tutte opere impregnate di personalismo e democraticismo. Il 1960 è l’anno in cui morì sua moglie Raissa; allora dal 1961 al 1973, anno della di lui morte, Jacques si ritirò presso i “Piccoli Fratelli di Gesù” di Tolosa; nel 1966 scrisse l’ultima sua opera: Il contadino della Garonna, in cui deplora (sia pur debolmente) gli eccessi del post-concilio e del neo-modernismo, schierandosi anche per la Messa “tridentina”.

Certamente il secondo periodo della sua produzione speculativa è stato buono, anche se con qualche neo (come sopra per Gilson: la scarsa attenzione al concetto di partecipazione in S. Tommaso e la conseguente confusione tra essere ed esistenza), ma il terzo periodo lo ha portato addirittura vicino alla messa all’ Indice delle sue opere.

Padre Reginaldo Garrigou-Lagrange

Nacque ad Auch in Francia nel 1887 ed è morto a Roma il 15 febbraio 1964, dopo una lunga malattia che dal 1960 gli aveva tolto “il ben dell’intelletto”. Fu professore di teologia nel 1905 a Le Saulchoir (che poi diverrà il covo della ‘nuova teologia’ con Chenu e Congar).

Garrigou-Lagrange ha iniziato con due opere di filosofia. Nella prima Il senso comune, la filosofia dell’essere e le formule dogmatiche del 1909 ha confutato l’ immanentismo della modernità, dimostrando, contro l’idealismo, che la conoscenza umana coglie gli oggetti reali e non le idee; inoltre ha confutato l’evoluzione eterogenea del dogma, errore pernicioso del modernismo. La seconda opera è Dio. Sua esistenza e sua natura del 1914, una vera ‘summa di teologia naturale’, nella quale dopo aver spiegato e difeso le cinque vie tomistiche, che provano con la ragione naturale l’esistenza di Dio a partire dai suoi effetti, ha polemizzato con la filosofia moderna e specialmente con il sensismo inglese e con il kantismo e, dopo essere risalito dagli effetti alla Causa prima ed incausata, dopo aver fondato la gnoseologia su il realismo e l’oggettività della conoscenza umana, si è mosso sul terreno metafisico e dall’essere e dai primi princìpi per sé noti è risalito all’Atto puro (1° volume), ed è ridisceso, infine, a studiare il mondo creato alla luce della Divinità (2° volume).

Nel 1918 Garigou-Lagrange ha scritto il famoso trattato di Apologetica o Teologia fondamentale De Revelatione ed è giunto poi all’ approfondimento della teologia ascetica e mistica, materia nella quale è ancora oggi insuperato. Ha iniziato la trattazione della spiritualità nel 1923 con Perfezione cristiana e contemplazione e l’ha ultimata nel 1938 con Le tre età della vita interiore.

Nel 1932 ha scritto un’altra opera di metafisica: Il realismo del principio di finalità. Infine dal 1938 al 1947 ha commentato la “Somma Teologica” di S. Tommaso (De Deo uno; De Deo trino et creatore; De Christo salvatore; De Eucharestia; De gratia). Nel 1946 ha scritto un volumetto di spiritualità molto attuale, contro i pericoli dell’ americanismo o neomodernismo ascetico, intitolato Santificazione sacerdotale nel nostro tempo.

Infine è sceso in campo assieme al p. Labourdette con vari articoli contro la nouvelle théologie ed ha collaborato alla stesura della Enciclica Humani generis di Pio XII (12 agosto del 1950).

Tutto il pensiero di Garrigou-Lagrange è fedelmente tomistico, sia dal punto di vista filosofico che teologico e può essere studiato senza timore di errore. Tuttavia anch’egli non ha approfondito la distinzione tra essere ed esistere.

Nel 1964 p. Raimondo Spiazzi, per commemorare la dipartita del celebre teologo, ha pubblicato un corso di Esercizi spirituali che p. Reginaldo aveva predicato all’ Angelicum per i Domenicani, intitolandolo “La vita spirituale, (Roma, Città Nuova); esso riassume – sotto forma di predicazione – la teologia ascetica e mistica, da lui tanto studiata ed approfondita, in maniera semplice, limpida, chiara ed accessibile a tutti.

Sofia Vanni-Rovighi

Nacque in San Lazzaro in Savena nei pressi di Bologna nel 1908, insegnò storia della filosofia medievale all’Università Cattolica di Milano sino al 1978, è morta nel 1990.

Sono famosi i suoi Elementi di filosofia in 3 volumi, un corso di filosofia tomistica, composto dal 1941 al 1950. In essi «sviluppa in maniera limpida ed acuta i princìpi della filosofia tomistica […]. Il pregio di quest’opera consiste nel fatto che la ri-presentazione delle grandi tesi della filosofia tomistica  viene vagliata, convalidata e sotto molti aspetti arricchita attraverso l’esame delle corrispettive tesi della filosofia moderna e contemporanea. […] Tomista convinta la Vanni-Rovighi possedeva una diretta e profonda conoscenza dei testi di S. Tommaso e della recente letteratura tomista»[3]. Altro suo pregio è aver offerto fin dal 1941, quando si scrivevano ancora manuali di filosofia tomistica in lingua latina, un manuale sistematico e fedele a S. Tommaso in lingua italiana, che potesse essere utile anche a chi, oggi che purtroppo non si studia più il latino, non è padrone della lingua dei nostri padri.

Vanni-Rovighi nel 1939 iniziò la produzione scientifica con uno studio critico su La filosofia di Husserl, nel 1945 affrontò una Introduzione allo studio di Kant e un altro libro su Heidegger, nel 1973 scrisse Introduzione alla Fenomenologia dello Spirito di Hegel e nel 1980 chiuse con i due volumi di Storia della filosofia contemporanea. Dall’Ottocento ad oggi confutando la filosofia moderna e postmoderna alla luce di quella tomistica.

Monsignor Francesco Olgiati

Nacque a Busto Arsizio nel 1886 ed è morto a Milano nel 1962. Ha fondato l’Università Cattolica di Milano del Sacro Cuore assieme a p. Agostino Gemelli nel 1920-1921. Insegnò ivi dal 1924 sino alla sua morte.

Profondo conoscitore del tomismo, si distinse per le sue monografie sui maggiori filosofi moderni, esposti e criticati alla luce dell’ Aquinate. Ecco i principali titoli: La filosofia critica di E. Bergson, 1914; C. Marx, 1918; L’idealismo di G. Berkeley, 1926; Il significato storico di Leibniz, 1929; Cartesio, 1934; Il panlogismo hegeliano, 1946; inoltre ha scritto sul tomismo L’anima di S. Tommaso, 1923; Il concetto di giuridicità in S. Tommaso d’Aquino, 1943; I fondamenti della metafisica classica, 1950.

Polemizzò col realismo criticista filo-kantiano o “tomismo trascendentale” di Desiré Mercier (†1926). Ha colto bene il concetto di ente composto di essenza ed essere, che sono realmente distinti, di modo che l’ente creato è un’essenza che ha, riceve o partecipa l’essere, mentre l’Increato è un’Essenza che è il suo Essere. Di modo che l’ente per partecipazione non ha la causa del suo essere nella sua essenza, ma la deve avere in un altro Ente che è l’ipsum Esse subsistens. Tuttavia questo ultimo passaggio dall’ente per partecipazione all’Ente per essenza l’Olgiati non lo ha compiuto e lo ha rimandato – inspiegabilmente – al termine del suo lavoro.

Padre Cornelio Fabro

Nacque a Flumignano (Udine) nel 1911 ed è morto a Roma il 4 maggio 1995. Entrato nell’ordine degli Stimmatini, ha scritto circa una quarantina di volumi ed un migliaio di articoli.

Le sue opere più importanti sono: 1) La nozione metafisica di partecipazione secondo S. Tommaso del 1939, la quale contiene in nuce tutto il pensiero del Fabro quale pioniere (ancor prima di Gilson, che ha mantenuto anche una certa confusione tra essere e esistenza, dipanata pienamente dal Fabro) della rivalutazione dell’Aquinate come filosofo autentico ed originale, il quale ha sorpassato persino Aristotele mettendo in luce la composizione essenza/essere realmente distinti tra loro e risalendo all’Ente impartecipato a partire dagli enti per partecipazione; 2) Partecipazione e causalità del 1961 in cui ha approfondito i temi trattati nel suo primo libro e ha risposto all’obiezione di Heidegger (†1976), il quale rimproverava alla filosofia occidentale l’«oblio dell’ essere», mentre Fabro accusa proprio Heidegger di aver misconosciuto la metafisica dell’essere di S. Tommaso. Altre opere sono: Introduzione all’ateismo moderno, 1964; L’enigma Rosmini, 1988; La svolta antropologica di Karl Rahner e L’avventura della teologia progressista, entrambe del 1974.

Il pensiero di Fabro ha il merito di mettere in luce tutta la originalità e la grandezza dell’Angelico, il quale, partendo da Platone ed Aristotele, li supera nella metafisica dell’ atto di essere realmente distinto dall’ esistere, e confuta anticipatamente la filosofia moderna e postmoderna e il neomodernismo o progressismo cattolico[4].

Padre Tomas Tyn

Nacque nel 1950 nella Repubblica ceca, nel 1969 entrò tra i Domenicani in Germania, nel 1972 si trasferì a Bologna e si licenziò in teologia presso lo “Studio Teologico Accademico Bolognese”, nel 1978 si è addottorato in teologia presso la “Pontificia Università S. Tommaso d’Aquino” in Roma e nel 1975 fu ordinato sacerdote. Ha insegnato teologia morale presso lo “Studio Teologico Domenicano Bolognese” dal 1978 sino alla sua morte. È sempre rimasto fedele alla Messa domenicana tradizionale. Ammalatosi di leucemia alla fine del 1989, è morto il 1° gennaio del 1990. Nel 2006 è stata introdotta la sua causa di beatificazione.

P. Tyn parte dal concetto di partecipazione, sostanza, divenire/ essere, analogia dell’ente per criticare lo scotismo, il nominalismo, l’ empirismo, il razionalismo, il kantismo, l’idealismo, l’esistenzialismo e il fenomenologismo (Cfr. Tomas  Tyn, Metafisica della sostanza. Partecipazione e analogia entis, Bologna, ESD, 1991; rist. Verona, Fede & Cultura, 2009).

L’Autore, poi, pone il concetto di persona in rapporto con quelli di ente, essenza, essere, forma, atto e potenza. L’ente per partecipazione, ovvero l’ente in cui l’essere è ricevuto (partecipato) e non posseduto per intrinseca necessità, dipende causalmente ab alio (S. Th., I, q. 44, a. 1, ad 1), cioè è causato dall’unico Essere necessario, infinito, incausato, per sé sussistente (Aseitas). Esso, inoltre, ha in sé l’essere in maniera limitata perché, come già detto, nell’ente, per partecipazione, l’ essere è ricevuto e specificato dall’ essenza, cioè dalla natura di quell’ ente. L’ente creato, anche il più nobile, è composto, quindi, da essenza ed essere partecipato. Anche in questa distinzione (essenza/essere) San Tommaso ha applicato la distinzione aristotelica tra potenza ed atto. La metafisica di S. Tommaso è metafisica dell’essere appunto perché, mentre Aristotele si fermava solo all’essenza, questa per San Tommaso è ultimata e perfezionata dall’essere come atto ultimo cioè come realizzazione concreta ed ultima dell’essenza[5]. L’Angelico infatti scrive: «l’essenza non sarebbe nulla se l’essere non la rendesse reale» (De Pot., q. 3, a. 5, ad 2).

L’essere tomistico (o atto ultimo) è distinto anche dall’esistenza, che è il fatto derivato di esistere o uscir fuori (ex-sistere) dal nulla in virtù della causa. La scolastica suareziana e scotista, invece, confonde sia l’essenza con l’essere, sia l’essere con l’esistere. Eppure questa composizione di essere ed essenza, che dà luogo all’ente finito, è l’antitesi radicale e l’antidoto di ogni immanentismo o panteismo. Se si può parlare di immanenza o, meglio, di presenza di Dio nell’universo, essendo Egli infinito ed onnipresente, non si può parlare di immanentismo, perché questo esclude la trascendenza di Dio creatore rispetto al mondo creato e nega la distinzione essenziale tra Causa incausata ed effetto.

Purtroppo il p. Tyn come Gilson e Maritain[6] non ha sviluppato questo concetto, che distingue nettamente essere ed esistere.

Nella metafisica tomistica l’ analogia dell’ente permette di cogliere la distanza che separa Dio dalle creature e, al tempo stesso, una certa somiglianza tra loro. La denominazione di “ente”, che indica l’atto di essere, infatti, si predica sia di Dio sia delle creature, ma non in modo univoco, cioè nell’identico senso, e neppure in modo equivoco, cioè in senso affatto diverso, ma in modo analogico, cioè in senso in parte identico e in parte diverso.

Padre Reginaldo Pizzorni

È nato a Roma nel 1920, è entrato nei Domenicani ed è stato ordinato sacerdote nel 1944. Si è laureato in teologia all’Angelicum con il p. Garrigou-Lagrange nel 1946 ed in filosofia alla Sapienza nel 1953 con Giorgio Del Vecchio, da oltre sessanta anni vive al Convento di S. Maria sopra Minerva.

Ha insegnato dal 1954 al 1996 in vari Atenei romani: Lateranense, Angelicum, Urbaniana e Pro Deo.

Il p. Pizzorni è specializzato nel diritto naturale e nella filosofia politica tomistica. Ha scritto numerosi volumi sulle seguenti materie: Attualità del diritto naturale, 1971; Giustizia e carità, 1995; Diritto naturale e diritto positivo in S. Tommaso d’Aquino, 2000; La filosofia del diritto secondo S. Tommaso d’Aquino, 2003; Diritto, etica e religione. Il fondamento metafisico del diritto secondo S, Tommaso d’Aquino, 2006. In essi espone la concezione di tutte le scuole e le confronta, perfeziona o confuta, ove occorra, alla luce di Aristotele e S. Tommaso.

I suoi libri sono attualissimi, poiché ci offrono una vera miniera del pensiero metafisico e politico tradizionale, che, dall’antica Grecia con Aristotele sino ad oggi con la prima, seconda e terza scolastica, non ha cessato di approfondire il tema e confrontarsi con i movimenti politici, i quali hanno attraversato la storia dell’umanità[7].

Padre Battista Mondin

È nato nel 1926 a Monte di Malo (Vicenza), è entrato nell’ordine dei Saveriani ed ha conseguito il Dottorato in filosofia presso l’università di Harvard. Ha insegnato filosofia per oltre quaranta anni, specialmente presso la Pontificia Università Urbaniana. Risiede attualmente al Collegio Conforti dei Saveriani di Roma. Ha scritto oltre un centinaio di volumi e un migliaio di articoli. È noto soprattutto per i suoi studi sulla metafisica tomistica dell’essere che procedono sulla scia del pensiero di p. Fabro.

Ha scritto un “Manuale di filosofia sistematica” in 6 volumi per le “Edizioni Studio Domenicano” di Bologna (1999-2000); molto interessanti il 3° (Ontologia e metafisica) e il 4° (Il problema di Dio); un “Dizionario enciclopedico del pensiero di San Tommaso d’Aquino”, 1991; La storia della metafisica, 1988, in 3 volumi; La storia della teologia, 1996-1997, in 4 volumi; una monografia su “La Metafisica di S. Tommaso d’Aquino e i suoi interpreti”, 2002; la Storia dell’Antropologia filosofica, 2001-2002, in 2 volumi. Ha tradotto per le ESD di Bologna numerosi testi dell’Angelico corredati da preziose introduzioni, ed ha messo così a disposizione del pubblico italiano i capolavori della filosofia, teologia ed esegesi cattolica. Assieme a lui vanno ricordati i padri Domenicani Ceslao Pera (†1964), Innocenzio Colosio (†1997) e Tito Centi (†2011), che, coadiuvati dai Domenicani italiani, hanno tradotto e commentato la “Somma Teologica” in 35 volumi, negli anni 1950-1975, per la Editrice Salani di Firenze ed ora Edizioni Studio Domenicano di Bologna.

Pietro Parente

Nacque a Castelnovo Monterotaro (Foggia), nel 1891. Entrò nel seminario di Benevento nel 1906 e si laureò in filosofia e teologia al S. Apollinare ed alla Lateranense. Ordinato sacerdote nel 1916, si laureò in Lettere all’università di Napoli nel 1925. Nel 1926 divenne docente di teologia dogmatica alla Lateranense, nel 1930 anche alla Propaganda Fide o Urbaniana. Nel 1955 fu nominato arcivescovo di Perugia, nel 1959 Giovanni XXIII lo chiamò alla S. Congregazione del S. Uffizio come Assessore. Purtroppo nel Concilio Vaticano II abbracciò la collegialità che prima aveva aspramente combattuta, nel 1967 Paolo VI lo creò cardinale. È morto a Roma il 29 dicembre del 1986.

Oltre al “Commento alla Somma teologica” (Collectio Theologica Romana, in otto volumi, Torino, Marietti, 1946-1959, di cui due di A. Piolanti, De sacramentis e De novissimis), le sue opere principali in collaborazione con mons. Antonio Piolanti sono: Il Verbo, 1942; Dio e l’uomo, 1949; L’Io di Cristo, 1951; Dio e i problemi dell’ uomo, 1955; Nel mistero di Cristo, 1955; Teologia di Cristo, 2 voll., 1970-1971; L’uomo in ascolto di Dio, 1974; Terapia tomistica, 1979.

Ha collaborato a molti importanti articoli della Enciclopedia Cattolica. È stato il massimo esponente della dogmatica cattolica e della “scuola romana del XX secolo”, ha insegnato per 25 anni alla Urbaniana e 12 alla Lateranense, dedicando tutte le sue energie alla formazione speculativa dei futuri sacerdoti[8].

Antonio Piolanti

Nacque a Predappio nel 1911, studiò nel seminario di Bologna, si laureò in utroque jure alla Lateranense, presso la quale ha insegnato a partire dal 1945 Teologia sacramentaria, che ha insegnato anche alla Urbaniana. Nel 1957 fu nominato rettore della Lateranense.

Profondo conoscitore di tutti i campi della teologia e filosofia scolastica, ha trattato specialmente la teologia della Chiesa, dei sacramenti e l’antropologia soprannaturale. Fu sempre fedele a S. Tommaso, al magistero della Chiesa e contrario ad ogni progressismo o neomodernismo teologico. Fu vice-rettore della Pontificia Accademia Romana S. Tommaso e fondatore e primo direttore di “Divinitas”, una delle più profonde riviste di teologia tomistica[9], della quale alla sua morte (2000) ha preso la direzione monsignor Brunero Gherardini.

Le opere più famose di A. Piolanti sono: I sacramenti, 1949; L’ Eucarestia, 1952; Il Mistero Eucaristico, 1955; Natura e grazia, 1957; Maria e il Corpo Mistico, 1957; Comunione dei Santi e Vita Eterna, 1957; Dio nel mondo e nell’uomo, 1959; Il Corpo mistico e le sue relazioni con l’Eucarestia, 1939; Corpo mistico e sacramenti, 1955; Il tomismo come filosofia cristiana nel pensiero di Leone XIII, 1983; Il mistero eucaristico, 3a ed. 1984.

Brunero Gherardini

È nato a Prato nel 1925, è stato ordinato sacerdote nel 1948 e si è laureato in teologia nel 1952. Si è specializzato in Germania nel 1954-55 a Tubinga, è stato professore di ecclesiologia alla Lateranense dal 1968 e direttore di “Divinitas” a partire dal 2000 sino ad oggi. Ha scritto oltre 80 volumi, tra cui molti saggi di teologia ecclesiologica: La Chiesa mistero e servizio, 1990; La Corredentrice nel mistero di Cristo e della Chiesa, 1998, e, quale esperto, sul protestantesimo, Creatura Verbi. La Chiesa nella teologia di Martin Lutero, 1993.

Negli ultimi anni si è pronunciato, alla luce della teologia tomistica più genuina, sui problemi della interpretazione del Vaticano II, esprimendo con franchezza e rispetto tutti i suoi dubbi, alla luce di quanto già affermato dal cardinal Joseph Ratzinger: «Il Concilio Vaticano II si è imposto di non definire nessun dogma, ma ha scelto deliberatamente di restare ad un livello modesto, come semplice Concilio puramente pastorale» (Discorso alla Conferenza Episcopale Cilena, Santiago del Cile, 13 luglio 1988, in “Il Sabato”, n. 31, 30 luglio-5 agosto 1988). Di Gherardini su questo tema si leggano: Quale accordo tra Cristo e Beliar?, 2008; Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, 2009; Ecumene tradita, 2009; Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011.

Monsignor Gherardini è l’ultimo grande rappresentante della scuola teologica romana iniziata presso l’Università Lateranense da Parente e Piolanti assieme a mons. Pier Carlo Landucci, Ugo Emilio Lattanzi, Francesco Spadafora.

L’insegnamento di S. Tommaso ci aiuti – come prega la Chiesa – a “prospera mundi despicere et nulla ejus adversa formidare”.

C. N.

 


[1] Le quali hanno ribaltato il 1° Comandamento in questo senso: «O “Dio”, IO sono il Signore Dio tuo, con la Mia “Ragion pratica” e la Mia “Morale autonoma”. Non avrai altro “Dio” all’infuori di ME!».

[2] A. Dalledonne, voce “S. Tommaso d’Aquino”, in “Grande Antologia Filosofica”, Milano, Marzorati, 1984, “Aggiornamento”, vol. XXXII*, pp. 601-602.

[3] B. Mondin, Storia della metafisica, ESD, Bologna, 1988, p. 695.

[4] Cfr. P. Dezza, Alle origini del neotomismo, Roma, 1940.

[6] Cfr. C. Fabro, Tomismo e pensiero moderno, Roma, Pont. Univ. Lateranense, 1969. Seguìto da Sofia Vanni-Rovigi, Storia della filosofia contemporanea dall’Ottocento ai giorni nostri, Brescia, La Scuola, 1980, 2° vol., p. 743; e da F. Van Steemberghen, La filosofia nel XIII secolo, Milano, Vita e Pensiero, 1972, p. 305, nota 63.

Da notare che anche Etienne Gilson ha confuso essere ed esistere (cfr. Le thomisme. Introdution à la philosophie de st. Thomas d’Aquin, Parigi, Vrin, 6a ed., 1965, p. 57, 107-112, 169-186, 446-456). Purtroppo p. Tyn in ciò non si distingue dal Gilson e si distanzia dal p. Fabro.

[7] Per la teologia morale individuale e sociale cfr. J. M. Ramirez († 1967), Commento alla II pars della Summa Theologiae, Salamanca-Madrid, 1942 ss. L’opera omnia è in corso di stampa consta attualmente di circa quaranta volumi, oltre al Trattato sull’analogia (Madrid, 1922), ricordiamo: Intoducciòn general a la Suma Teologica de St. Tomàs de Aquino, 1947; De auctoritate doctrinali S. Thomae Aquinatis, 1952.

[8] M. Di Ruberto, Scritti del card. P. Parente dal 1933 al 1976, Roma, 1986.

B. Gherardini, Un tomista per i nostri tempi, in “Doctor communis”, n.° 42, 1989, pp. 3-14.

[9] Tra le altre: Angelicum di Roma; Divus Thomas di Piacenza; Doctor Communis, di Roma; Euntes Docete, di Roma.