Modernismo e occultismo

Il padre Gioachino Ambrosini s. j., nel 1907, anno in cui vennero promulgati da san Pio X il Decreto Lamentabili (luglio) e l’ enciclica Pascendi (settembre) contro il modernismo, dette alle stampe un interessantissimo libro, intitolato Occultismo e Modernismo (Bologna, Tipografia Arcivescovile). In esso, il dotto gesuita si propone di «svelare le origini occulte» del modernismo e «certe occulte attinenze dell’odierno movimento quale viene espresso nel Santo del Fogazzaro» (p. I). Infatti le origini gnostiche, le attinenze, i collegamenti, le relazioni o i rapporti allora attuali dell’esoterismo – specialmente della Teosofia – col modernismo erano individuati dall’ Ambrosini specialmente nel romanzo Il Santo di Antonio Fogazzaro[1].

San Pio X aveva condannato la filosofia, la teologia, l’esegesi, l’ apologetica e la spiritualità modernistiche; il padre gesuita scorgeva alla fonte di tali errori una dottrina segreta o occultistica e, dopo aver studiato l’occultismo più in voga nei primi anni del Novecento, vi scorgeva delle attinenze, connessioni, nessi o legami col modernismo. Nel suo libro (circa 360 pagine) egli dimostra sia le origini esoteriche del “collettore di tutte le eresie” sia i rapporti del modernismo con l’ occultismo.

La Teosofia e il Modernismo

Leggendo il romanzo Il Santo del Fogazzaro (che citeremo sempre com’è riportato da padre Ambrosini nelle pagine del suo libro), vi si scorge a prima vista la descrizione di una setta occultistica, che si riunisce in convegni segreti presso Subiaco (Ibidem, p. 3). Uno dei personaggi della setta, anzi il suo “Santo-ne”, si chiama Benedetto. Questi sul letto di morte raccomanda di non pubblicare mai scritti sulle questioni della riforma religiosa voluta dai modernisti, affinché non siano venduti al pubblico; essi debbono essere distribuiti solo privatamente, con prudenza e anonimamente (Ivi). Infatti tali scritti contengono una fede purificata, per gli adulti (p. 4), che non ha ‘nulla a che spartire col materialismo ottocentesco, ma è totale spiritualismo’ (p. 5). Tale spiritualismo, però, è ripreso in maniera prossima dalla Teosofia, fondata dalla contessa Elena Blavatsky[2] a New York nel 1875, dal colonnello Enrico Olcott e dalla signora Annie Besant, assieme ad alcuni membri della “Gran Loggia Bianca del Tibet”. La Teosofia si proponeva di fondere assieme tutte le religioni e costruire una grande fratellanza umana su tutta la terra (p. 13) conformemente agli insegnamenti ricevuti dalla Blavatsky in Tibet. Padre Ambrosini spiega che la Teosofia attingeva anche alle fonti massoniche e in particolare al noto cabalista Eliphas Levi[3] (p. 8). Ora la dottrina occulta per soli “adulti”, di cui parla Benedetto nel Santo, è proprio la dottrina teosofica della Blavatsky (cfr. pp. 9-12, nota 1).

Il padre gesuita a chi si stupisce che il Fogazzaro, il quale protestava di aver scritto da cattolico e di sottomettersi da cattolico al decreto della S. Congregazione dell’Indice, abbia potuto attingere alla Teosofia massonico-cabalistica risponde, con grande carità, la quale “tutto crede, tutto scusa e tutto sopporta” (San Paolo) che molti autori attingono a dottrine loro contemporanee, apparentemente innocue, le quali invece hanno le loro origini remote nella massoneria (p. 12).

Il tratto comune di queste dottrine è “l’unità trascendente di tutte le religioni positive” sotto una dottrina segreta, che, nel Santo, è la Teosofia, la quale attinge dalla massoneria, che è originata dalla gnosi e in ultima origine dalla cabala (p. 17). Onde non c’è da stupirsi se «la Teosofia, che è cosa tutta diabolica e sovvertitrice sin dai primi fondamenti dell’unica vera religione, si possa ammantare di qualunque nome, anche di “cattolica”. Il nocciolo dell’albicocca sarà lo stesso per tutti, buddisti, cattolici, protestanti ecc. Sarà questione solo della polpa esterna che, se è fradicia, si cambierà. Onde, siccome ciò che sta oltre il nocciolo non conta nulla, tutte le religioni sono una sola» (p. 14). Per giungere a questa meta occorrerà lavorare a riformare il cattolicesimo romano in senso progressista o teosofico, mediante un Papa che si lasci convincere da queste idee (pp. 22 e 24).

L’«aggiornamento» secondo il “Santo”

Secondo Il Santo bisogna purificare la religione cattolica. Benedetto pronunzia questa frase: «Purificate la Fede per gli adulti» (p. 32), ossia rendete il Credo cattolico più in armonia con la religione universale (cfr. Benamozegh e Pallière, “sì sì no no” 15 marzo 2009 pp. 1 ss.), quale l’hanno propugnata gli gnostici, secondo i quali tutte le religioni positive hanno due facce, l’una apparente per i “bambini” o i fedeli semplici e l’altra occulta per gli “adulti” o iniziati; inoltre bisogna adattare la religione «alla moda corrente» (ivi). Infatti «se non si cambiano le vesti portate da tanto tempo, fra tante intemperie, nessuna persona civile si avvicinerà più a noi» (Ivi).

Per quanto riguarda i dogmi, occorrerà «aprire certe formule in certo modo» e il gesuita commenta: «ciò non vuol dire forse ritenere le formule dommatiche materialmente e spiegarle in un modo, in un senso diverso da quello usato fin qui?» (Ivi). Ossia, restano le apparenze del dogma ma cambia la sua sostanza così che si giungerà ad aprire le formule dogmatiche, che sono ancora chiuse o oscure ai “bambini” per farne uscire tutta la luce che solo gli “adulti” vi scorgono, rendendole chiare a tutti anche ai non-iniziati ed eliminando tutto ciò che offende gli increduli e li allontana. Ora, continua p. Ambrosini, «la Teosofia si gloria di essere il cuore, l’essenza di tutte le religioni e cerca di iniziare una religione universale, un cattolicesimo nuovo, che abbracci oves et boves et universa pecora campi. E ciò è pure quello che intende di fare la nuova setta del Santo [il modernismo] che ha di mira questo: attirare alla nuova Chiesa cattolica trasformata (per opera, se sarà possibile, delle stesse vecchie autorità) tutti gli increduli» (pp. 36-37).

A pagina 209 del romanzo fogazzariano Benedetto, il “Santo”, spiega quale dogmi soprattutto bisogna svuotare dall’interno: anzitutto «l’ asserita infallibilità [pontificia]» (p. 38). Da ciò ne seguirà una Chiesa non più monarchica, fondata sul primato di Pietro, ma democratica o “collegiale”, che non pretenderà più di essere l’unica vera religione e allaccerà rapporti con tutte le altre religioni (Ivi). Il Santo ossia Benedetto continua dicendo che non bisogna più provocare scismi ed eresie, uscendo fuori dalla Chiesa apertamente e sottraendole così elementi di progresso, perché, se i novatori o modernisti restano nella soggezione della Chiesa (innovandola a suo dispetto), la loro novità diventerà vitale: «Oh! se tutti i novatori, Lutero, Calvino ecc., e prima di loro gli gnostici, i cabalisti, i neoplatonici ecc. ecc., fossero sempre stati fedeli a questa consegna! Che progresso, con tanti elementi vitali, avrebbe fatto la Chiesa! Non lo fecero essi; facciamolo noi. State dentro! State dentro e state soggetti all’autorità, tenendo, pensando, scrivendo come piace a voi e facendo propaganda delle idee che avranno da svecchiare la Chiesa» (p. 41).

Padre Ambrosini si domanda: “Qual è l’idea di Dio dei teosofi?” e risponde citando il “catechismo teosofico” della Blavatsky (La chiave della teosofia, cap. V, p. 88): «Noi rigettiamo l’idea di un Dio personale o extra-cosmico […]. Il Dio della teologia cattolica non è che un ammasso di contraddizioni, una impossibilità logica». Il panteismo è la teologia teosofica come lo è di ogni occultismo di origine cabalistica.

Nel capitolo IV del suo libro, il p. Ambrosini parla del kantismo quale anima del modernismo e spiega che per il Santo di Fogazzaro bisogna soggettivisticamente «riformare l’ idea di Dio, che finora hanno avuta i cattolici; altrimenti gli adulti negheranno addirittura la sua esistenza» (p. 106). Ora non è proprio questo che propone Marcello Pera nel suo libro Perché dobbiamo dirci cristiani (Milano, Mondadori, 2009), elogiato da Benedetto XVI nella sua “Lettera-Introduzione”? (cfr, “sì sì no no” 15 marzo 2009, pp. 1 ss.). Il concilio Vaticano II e il post-concilio non sono forse l’avverarsi dei sogni del Santo, di Elia Benamozegh e di Aimé Pallière (cfr. “sì sì no no”, cit.): un cattolicesimo riformato e svuotato dall’interno, dal vertice, in senso immanentista e kantiano? Purtroppo sì.

Padre Ambrosini nel 1907 scriveva: «Il Santo invocava quel futuro Papa così buono che a tutto diceva sì» (p. 107). Il “Papa buono” (che, però, ha perseguitato p. Pio da Pietrelcina e avversato la profezia di Fatima) è venuto 160 anni dopo (Giovanni XXIII), ha aperto una finestra sul mondo e il “fumo di satana è entrato nella Chiesa di Dio” (come dovette constatare Paolo VI, senza voler rimediare, però, a tanto sconquasso): questa è la triste realtà.

Il capitolo VI (pp. 157-197) del libro Modernismo e occultismo tratta dei rapporti tra massoneria e Teosofia. Il capitolo ultimo (VII) scende più in profondità e scopre nella cabala la madre di ogni occultismo. Infatti la Besant (allieva della Blavatsky) si rifà esplicitamente alla cabala e al cabalista Eliphas Levi, onde p. Ambrosini commenta che ella «addita ai cristiani e specialmente ai cattolici, come unica via per avviarsi ad attingere il più alto cristianesimo, la via del ghetto» (p. 233). Il gesuita spiega come con la «teoria della doppia verità contenuta sotto le formule della fede in ogni religione ed anche nella cattolica, cioè della dottrina pubblica o essoterica destinata ai “pargoli”, la quale è la “lettera che uccide”, e della esoterica o occulta riservata agli ‘adulti’, […] la Besant si apre la via alla trasformazione totale del significato contenuto nei Simboli della Fede, per tramutare il cristianesimo in panteismo esoterico» (p. 237). Proprio come volevano il modernismo, Benamozegh e Pallière!



[1] Nato a Vicenza il 25 marzo 1842 e morto ivi il 5 marzo 1911, «si occupò soprattutto di studi letterari e scientifici, nel desiderio di conciliare scienza e fede, specialmente sull’argomento dell’evoluzionismo, che egli volle interpretare come dimostrazione dell’ ascendere di tutta la creazione dai gradi della materia a quelli dello spirito [come Teilhard de Chardin]» (Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. V, col. 1459). Tra il 1864 e il 1873, sotto la suggestione del positivismo, perse la fede; vi ritornò nel 73 dopo la lettura di un’opera di Augusto-Alfonso Gratry (filosofo spiritualista francese, morto in Svizzera nel 1872, ex sacerdote, che aveva abbandonato la Chiesa in opposizione all’infallibilità pontificia) ma per la via del modernismo, grazie anche all’amicizia personale col Giorgio Tyrrel e con Tommaso Gallarati Scotti, che pubblicò La vita di Antonio Fogazzaro, (Milano, 1920). Frequentò gli ambienti dello spiritismo. Nel 1906 il suo romanzo Il Santo fu posto all’Indice; si sottomise, ma nel suo romanzo successivo Leila del 1911, anno della sua morte, «riprese posizioni moderniste analoghe, ed anche questo fu posto all’Indice» (ivi). Il suo romanzo più famoso è Il Santo (1905), nel quale un certo Piero, eremita, cerca di «convertire il mondo e il Papa, di riformare la Chiesa a un cristianesimo più alto, cioè ringiovanito, purificato, adattato, perché tutto, gerarchia, clero, culto, tradizione, riti, formule, era ormai guasto e andava male. In Leila (1911) prosegue la polemica contro il mondo clericale in nome di una più nobile attuazione di vita cristiana» (Ibidem, col. 1462).

Per una critica serrata alle eresie di Fogazzaro cfr. P. Silva, Il Santo di Antonio Fogazzaro, in “Civiltà Cattolica”, 1905, IV, pp. 595-607. Id., La religione del nuovo romanzo [Leila] di Antonio Fogazzaro, in “C. C.”, 1919, I, pp. 79-88. A. De Santi, Il Santo, critiche e critici, in “C. C.”, 1906, I, p. 319 ss.

La trama del Santo è la seguente: Piero Maironi (Piccolo mondo moderno), dopo aver rotto le catene di un adulterio, spinto da una crisi “mistica” si ritira a Subiaco sotto il nome di Benedetto, come ortolano del monastero benedettino sublacense. Egli si reca poi a Roma per lavorare alla riforma della Chiesa, ma la sua dottrina modernizzante lo rende sospetto di eresia all’autorità ecclesiastica. Il Fogazzaro lo presenta come il vero Santo per antonomasia, contrapponendolo ai Santi canonizzati dalla Chiesa gerarchica. Egli propone al Papa, che lo riceve, una riforma radicale del cattolicesimo, poiché “la Chiesa cattolica, oggi, contrasta la ricerca della verità”. Tuttavia Benedetto non vuole scismi o rotture con la Chiesa, occorre restare dentro e cambiarla o rinnovarla dall’interno, facendo finta esteriormente di obbedire all’autorità e pensando interiormente tutto il contrario delle sue vecchie formule. Egli propugna un cattolicesimo svecchiato e progressista, la purificazione della Fede, la quale si trova nel sottosuolo profondo (esoterismo) della Chiesa, nella quale il Papa e la gerarchia restano alla superficie (essoterismo) delle acque stagnanti, immobili (immutabilità del dogma) e putride, mentre i laici illuminati (gnostici) attingono acqua fresca e corrente (evoluzione eterogenea del dogma) in profondità (occultismo). Il Papa dovrebbe uscire dal Vaticano per andare a vedere Lazzaro, ossia il mondo moderno sofferente.

[2] Di origine russa, viaggiò in tutto il mondo, soffermandosi soprattutto in India e nel Tibet, ove incontrò dei “saggi” gnostici. Fondatrice della ‘Società Teosofica’ nel 1876, a New York, morta a Londra nel 1891, si proponeva tre obiettivi: 1°) formazione di un nucleo di “fratellanza universale”, senza distinzione di razza, sesso e religione; 2°) sviluppo di studi comparati di storia delle religioni; 3°) ricerca delle leggi nascoste o magiche della natura e dei poteri occulti latenti nell’uomo. (L. Troisi, Dizionario dell’ esoterismo e delle religioni, Firenze, Convivio-Nardini, 1992, p. 333).

[3] Nato a Parigi nel 1810, col nome di Alfonso Luigi Costante Levi, entrò in seminario, ma ne uscì dopo il diaconato, nel 1848 cambiò nome in Éliphas. Occultista e cabalista, fu influenzato cabalisticamente dal filosofo spiritualista polacco Hoene-Wronski, ricevette l’iniziazione massonica nel 1861. Scrisse Dogme et rituel de la haute magie nel 1856, nel 1860 La clef des grands mystères e nel 1865 L’Histoire de la magie. (A. Mellor, Dicctionnaire de la Franc-maçonnerie et des francs-maçons, Paris, Belfond, 1979, p. 281). Morì nel 1875. «L’influsso del suo pensiero e delle sue opere sempre ristampate, fu grande sui vari cerchi spiritualisti, che si rifacevano alla “nuova religione universale dei tempi moderni” ed anche gli occultisti della belle époque francese e inglese si son presentati come suoi discepoli» (J. Servier, Dictionnaire critique de l’ésotérisme, Paris, PUF, pp. 735-736).

Cfr. P. Chaornac, Éliphas Levi, rénovateur de l’Occultisme, Paris, Chaornac, 1926.