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Categoria: Anno 2019

Perché il Matrimonio è in crisi?

Prima Parte  -  Papa Pio XI: Enciclica “Casti Connubii”

Prologo

Propongo ai lettori queste pagine di papa Achille Ratti (1922-1939) sul Matrimonio, che subisce oggi una crisi profonda e viene attaccato da più parti. Sùbito dopo porgerò loro le belle parole di Monsignor Fulton Sheen (†1978) sul medesimo tema. Spero di far loro cosa utile e gradita per capirne la natura, viverlo santamente e sormontare gli ostacoli che si presentano durante il corso della vita.

La Gerarchia naturale nella Famiglia

L’ordine naturale e della carità coniugale «richiede da una parte la superiorità del marito sopra la moglie e i figli, e, dall’altra l’ubbidienza pronta della moglie al marito, non già per forza, ma per amore, come raccomanda S. Paolo: “Le donne siano soggette ai loro mariti come al Signore, perché l’uomo è il capo della donna come Cristo è capo della Chiesa” (Efes., V, 22)» (Pio XI, Enciclica Casti Connubii del 1930, in Tutte le Encicliche dei Sommi Pontefici, Milano, Dall’Oglio Editore, ed. V, 1959, 1° vol., p. 880).

Infatti, se “l’uomo ha il primato del governo della famiglia, essendone il capo, la donna ha il primato dell’amore, essendone il cuore” (Pio XI, ivi).

L’errore dell’egualitarismo femminista

Pio XI confuta l’errore che vorrebbe diminuire la soggezione e l’obbedienza della moglie al marito. Alcuni dicono che tale sottomissione è una indegna servitù e, quindi, proclamano l’emancipazione della donna (cit., p. 881).

L’emancipazione della donna pretenderebbe essere triplice: 1°) «emancipazione fisiologica, in quanto la moglie deve essere sciolta dai pesi coniugali, sia di sposa che di madre, abbandonando marito e figli, se così ella vuole» (ivi). Ciò non vuol dire che si “abbandona la famiglia” solo se lo si fa in maniera assoluta, ossia lasciando – totalmente e fisicamente – casa e famiglia per farsi una “nuova vita” altrove, ma anche soltanto parzialmente e moralmente, ossia andando a lavorare tutto il giorno per tornare a casa quasi solo a dormire, privando così della propria amorosa presenza i figli quando rientrano da scuola o il marito quando ritorna dal lavoro; 2°) «emancipazione economica, in quanto la moglie può amministrare affari suoi privati, trascurando marito, figli e famiglia» (ivi). Ciò non significa che la moglie non possa avere i suoi risparmi e i suoi beni materiali da accudire personalmente, ma solo che non deve mettersi in affari a capofitto e togliere, così, alla famiglia il tempo e le energie che le vanno dedicate principalmente e normalmente; 3°) «emancipazione sociale, in quanto la moglie può dedicarsi agli uffici pubblici e politici, trascurando la famiglia» (ivi). Per fare un esempio, le donne che diventano “Onorevoli”… e passano più tempo nel “transatlantico” di Montecitorio che in famiglia, dovrebbero prendere esempio da “L’Onorevole Angelina”, un personaggio di un bel film con Anna Magnani, in cui l’Attrice dopo essersi messa in politica ed aver “sfondato” quale “Sindaco di Roma” (o “essersi realizzata” come si direbbe oggi in gergo femminista), capisce che sta trascurando marito, figli e sfasciando la famiglia; allora torna a fare la madre e la sposa, ritrovando pace, gioia, serenità e unità familiare; il che è molto più nobile che fare l’Onorevole… disonorevolmente.

Inoltre, spiega il Papa, confutando le tre suddette obiezioni o aberrazioni, questa cosiddetta emancipazione non è vera libertà della donna ma corruzione della dignità materna, perversione di tutta la famiglia, “in quanto il marito resta privo della moglie, i figli della madre, la casa e tutta la famiglia della sua sempre vigile custode. Anzi questa falsa libertà e innaturale eguaglianza con l’uomo torna a rovina della stessa donna: poiché, se la donna scende dalla sede regale, a cui tra le pareti domestiche fu innalzata dal Vangelo, presto ricadrà nella vecchia schiavitù (se non in apparenza almeno di fatto) e ridiventerà, come nel Paganesimo, un semplice strumento dell’uomo” (ivi); proprio come succede oggi, quando la donna è considerata un puro oggetto di piacere e non una persona da amare, ossia alla quale si cerca di fare del bene. Infatti amare non significa solo voler bene a qualcuno (per soddisfare poi se stessi: “amore di concupiscenza” o egoistico), ma soprattutto volere il bene di qualcuno (“amore di amicizia” o di comunione d’idee, d’intenti e di voleri, sacrificando altruisticamente se stessi). 

Come non apprezzare questa “profezia di sventura” di papa Ratti dati i “femminicidi” molteplici, che ai nostri tempi di “emancipazione femminista” vengono commessi frequentemente, ma non paradossalmente. Infatti, la donna si è voluta abbassare da “Regina del focolare domestico, madre e sposa” a lavoratrice, imprenditrice, affarista, mercante… Quindi si è “venduta” e allora non ci si deve stupire se viene maltrattata come una “Regina decaduta e imprigionata”.