Anno 2017
15 Novembre 2017
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BERGOGLIO: L’APOTEOSI DEL SOGGETTIVISMO EMOZIONALISTA
Prima parte
Un libro di Aldo Maria Valli
Recentemente il vaticanista del TG1 Aldo Maria Valli ha pubblicato un libro interessante (266[1]. Jorge Mario Bergoglio. Franciscus P. P., Macerata, Liberilibri, 2107[2]) sulle varie stonature di alcune frasi di Francesco I, che lasciano disorientati i fedeli cattolici.
Mi baso sulle citazioni riportate nel libro e molto ben documentate in nota, rinviando il lettore ad esse per non appesantire troppo i miei articoli. Inoltre riporto alcune osservazioni del Valli e mi permetto di integrarle con altre mie.
Una pastorale senza dottrina
La prima frase male-sonante è “Chi sono io per giudicare un gay?” (A. M. Valli, 266. Jorge Mario Bergoglio. Franciscus P. P., Macerata, Liberilibri, 2107, p. 14, nota 4). L’ Autore osserva che Bergoglio “non è in possesso delle capacità o della volontà di compiere ciò che invece è dovere di ogni Papa: vincolare se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio” (op. cit., p. 15, nota 5).
Gesù ha dato a Pietro e ai Papi l’Ufficio di insegnare (Mt., XXVIII, 18) proprio perché indicassero all’Episcopato e ai fedeli ciò che è vero e ciò che è falso, ciò che è bene e ciò che è male. Bergoglio, “invece di centrare l’insegnamento sulla Parola di Dio, sarebbe impegnato a proclamare le proprie idee” (op. cit., p. 15), le quali sono l’inizio di una lunga serie di “dichiarazioni selvagge”, di “sistematica denigrazione della dottrina e della disciplina tradizionali della Chiesa”, che mettono “il Papa contro la Chiesa” in una sorta di “guerra civile cattolica”, poiché “stanno suscitando apprensione tra i cattolici comuni, che lo giudicano ormai fuori controllo” (op. cit., pp. 16-17, nota 7).
Il 21 dicembre p. v. ricorre l’anniversario della morte di don Francesco M. Putti, indimenticabile fondatore di sì sì no no e delle Discepole del Cenacolo. Affidiamo la sua anima alle preghiere dei nostri associati e ci affidiamo alla sua intercessione presso il trono dell’Altissimo affinché ci aiuti a conservare la fede e a mai perdere la fiducia in Dio e nella intercessione della Vergine Santissima, nostra Madre.
Bergoglio “non affronta gli aspetti dottrinali e le questioni morali (aborto, eutanasia, omosessualità, procreazione artificiale)” (op. cit., p. 19). Egli preferisce la “Chiesa incidentata, partecipe e coinvolta nello sporcarsi le mani con la situazione concreta, alla Chiesa dottrinalmente ben attrezzata, attenta e rigorosa nel ribadire la verità. Secondo Francesco non può esserci una norma universale, vincolante per tutti” (op. cit., p. 27).
Eppure la pastorale deve applicare ai casi concreti le norme e i princìpi universali della teologia morale e dogmatica. Invece a partire dal Vaticano II la pastorale ha preso il sopravvento sulla dottrina e si è messo, così, “il carro avanti ai buoi”, arrivando, quindi, alle recenti esternazioni di Bergoglio, le quali sono la logica conclusione, radicale ed estrema, del neo-modernismo penetrato nell’ambiente ecclesiale a partire da Giovanni XXIII.
Anche Aldo Valli osserva: “La pastorale di per sé è una prassi e come tale ha bisogno di una dottrina cui essere agganciata. Una pastorale senza dottrina, o con una dottrina vaga e ambigua, non rischia forse di andare contro la verità?” (op. cit., p. 28). Di qui le tendenze attuali “intrise di soggettivismo”, lo “strizzare l’occhio alla mentalità dominante”, il “piegarsi al relativismo imperante” (op. cit. pp. 28-29). Invece la Chiesa ha sempre considerato la verità come la via che porta a Dio e ha il dovere di indicare la verità agli uomini affinché arrivino a Dio senza tema di sbagliarsi. È per questo che Valli si pone “la domanda delle domande: l’antropologia relativista ha forse inglobato gli uomini di Chiesa, e per mano di Bergoglio in persona?” (op. cit., p. 29). Tutto ciò denota in Bergoglio il primato dell’elemento emozionale su quello razionale.
La deriva soggettivista della morale di Bergoglio
Bergoglio è solito ripetere: “non si amano i concetti, non si amano le parole, si amano le persone” (op. cit., p. 33, nota 16); insomma l’individuo è più importante del concetto. Ma “quando la soggettività prevale su tutto, il soggetto resta in balìa delle impressioni e l’azione umana viene a mancare di una ragione illuminata e solida” (ivi).
Questa deriva soggettivista e relativista in materia di morale in Bergoglio viene scorta da Valli anche in un’intervista rilasciata dal Pontefice a La Civiltà Cattolica in cui dichiara che “l’ingerenza [della morale e della Chiesa, ndr] nella vita personale non è possibile” (op. cit., p. 43, nota n. 22). Sembrerebbe che per Bergoglio “la decisione individuale è sempre buona o almeno ha sempre valore, per cui nessuno la può giudicare da fuori, con una norma universale” (ivi). Però nota Valli: “Se la Chiesa non mostra il peccato, se non consente al peccatore di fare chiarezza dentro di sé secondo la Legge di Gesù, non si condanna all’irrilevanza?” (op. cit., p. 44). Ma purtroppo Francesco sostiene proprio che “ciascuno ha una sua idea del bene e del male e deve scegliere di seguire il bene e combattere il male come lui li concepisce” (ivi). Giustamente Valli nota che «L’idea di giudizio, come recitiamo nel Credo (“e di lì ha da venire a giudicare i vivi e i morti”), non è mai stata estranea ai cristiani» (op. cit., p. 46) e conseguentemente nota un’adesione bergogliana al “soggettivismo dilagante”, alla “liquidità del pensiero”.
Inoltre per quanto riguarda la morale familiare Valli cita il teologo Robert Spaemann, il quale asserisce che vi è una frattura tra l’ Esortazione Amoris laetitia e la dottrina tradizionale della Chiesa e non teme di dire che “il caos è stato eretto a principio con un tratto di penna. Il Papa avrebbe dovuto sapere che con un tale passo spacca la Chiesa e la porta verso lo scisma” (op. cit., p. 68, nota 53).
“Per discernere – afferma Valli – occorre possedere alcuni punti di riferimento, punti fermi rispetto ai quali valutare e decidere. Ma qui mi sembra essere entrati in una pastorale mobile, dove può essere vero tutto e il contrario di tutto” (op. cit., p. 87).
Valli porta un esempio molto chiaro e significativo della pastorale di Bergoglio: «Nel gennaio 2016 viene diffuso un video, prodotto da una società di comunicazione argentina, in cui Francesco si fa promotore del dialogo fra le religioni. Nel video un imam, un rabbino, un prete cattolico e un induista. Ognuno porta con sé il simbolo tipico della propria religione, ma il cristiano non tiene in mano nessuna croce, bensì una statuina di Gesù Bambino: forse per non offendere l’ebreo? Ciò che mi rende ancora più perplesso è il messaggio di cui anche il Papa si fa portatore e che nel video è ripetuto come un mantra da tutti gli esponenti religiosi: “Credo nell’ amore”. Che significa? Quale amore? Di quale Dio?» (op. cit., pp. 94-95).
Dulcis in fundo, «di ritorno dall’Armenia, nel giugno del 2016, rispondendo alle domande dei giornalisti, Bergoglio esprime due concetti che fanno notizia. Il primo è che la Chiesa deve scusarsi con i gay, il secondo è che Martin Lutero fu un “riformatore” e rappresentò una “medicina” per la Chiesa cattolica che era malata. Partiamo dai gay. Di che cosa dovrebbe scusarsi la Chiesa? Bergoglio risponde, genericamente, che dovrebbe scusarsi per averli offesi. Quando, come, perché? Non lo dice. […]. E ora la questione di Lutero, il “riformatore” che, secondo Bergoglio, sarebbe stato una “medicina” per la Chiesa. Anche in questo caso, ne prendiamo atto. E noi, poveri cattolici, che pensavamo che Lutero e la riforma protestante fossero stati una malattia, e che la medicina fosse stata, semmai, la controriforma» (op. cit., pp. 179-180).
La radice della “nuovissima morale” di Bergoglio
Per capire l’origine di questo relativismo morale di Bergoglio, che potrebbe essere qualificato come “nuovissima morale”, occorre risalire alla sua origine. Penso che essa sia il nominalismo occamista. Infatti il nominalismo[3] ritiene che i concetti universali[4] ed anche la natura o l’essenza reale (generica[5] e specifica[6]) non hanno nessuna realtà oggettiva fuori della mente pensante; l’unica realtà extra-mentale è la cosa singolare, l’individuo (per esempio, Antonio): “nihil est praeter individuum”. “Niente esiste tranne l’ individuo” è l’assioma che riassume e definisce sia il nominalismo sia la pastorale morale di papa Bergoglio.
Inoltre il nominalismo radicale di Occam, riducendo l’essere al pensiero, deprime la capacità della ragione umana di conoscere la realtà e spalanca la via allo scetticismo e all’agnosticismo. Ora il modo di pensare e di parlare di Bergoglio, come ci è stato presentato dalle citazioni di Aldo Valli, denotano una forte dose di scetticismo relativista e agnostico.
In breve per Occam e Bergoglio l’uomo ha solo la conoscenza sensibile del singolare, del fenomeno che cade sotto i sensi, di ciò che è sperimentabile.
continua
[1]“266” significa che Bergoglio è il 266° Papa della Chiesa.
[2]Il libro (210 pagine, 16 euro) può essere richiesto a Liberilibri, tel. 0732. 23. 19. 89; fax 0732. 23. 17. 50; mail
[3] Sviluppato specialmente da Guglielmo Occam (†1349).
[4]Per esempio, “umanità”.
[5]Per esempio, “animale”.
[6]Per esempio, “umana”.
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