La condanna del Modernismo da Pio IX a Pio XI Uniformità sostanziale e diversità accidentali

Abbiamo visto che in alcuni ambienti si tende a presentare Leone XIII (e, per analogia, Pio XI) come un Papa “liberale” o “modernizzante” se non addirittura “filo-modernista”, in contrapposizione a Pio IX e San Pio X, che sarebbero Papi veramente antimodernisti.

Ora, sono pienamente d’accordo sul totale antimodernismo di Pio IX e Pio X, ma non riesco a capire come si possa, esaminando il magistero dei quattro Papi, arrivare alla conclusione che papa Pecci (e analogamente papa Ratti) sia un cattolico liberale.

L’accusa di liberalismo riguarda la morale sociale o dottrina politica, reputata cattolica integralmente in papa Mastai e papa Sarto, mentre sarebbe inficiata di liberalismo negli altri due Papi sopra citati; specificatamente quella di Leone XIII per la questione del cosiddetto Ralliément e, analogamente, quella di Pio XI per la condanna dell’Action Française e il sostegno dato all’Azione Cattolica durante tutto il suo Pontificato (1922-1939).

 

Il card. Pecci, il Syllabus di Pio IX e la condanna del liberalismo

Il Sillabo, promulgato da Pio IX è la “magna carta” dell’ antiliberalismo, ma «la prima idea del Sillabo risale al card. Gioacchino Pecci, il futuro Leone XIII, che nel novembre 1849, come Arcivescovo di Perugia, durante il Concilio provinciale di Spoleto, propose di chiedere al Papa la condanna in globo degli errori moderni concernenti la Chiesa, l’autorità, la proprietà»[1]. Il card. Gioacchino Pecci, divenuto papa Leone XIII, riprese il Sillabo e lo citò ampiamente nella sua Enciclica Immortale Dei del 1885, che espone i princìpi cattolici sui rapporti tra Stato e Chiesa e condanna gli errori del separatismo liberale e cattolico/liberale (“libero Stato, in libera Chiesa, ma separatamente”). Quindi la tesi della contrapposizione tra papa Mastai e papa Pecci cade.

 

Leone XIII e il Ralliément

Il 16 febbraio 1892 Leone XIII pubblica l’Enciclica Au milieu des sollicitudes. In essa il Papa mostra la gravità “del vasto complotto, che certi uomini hanno ordito, per distruggere il cristianesimo in Francia”[2]. A tale ostilità anticristiana, il Pontefice oppone l’esposizione della dottrina sociale cattolica e, nell’ intento di mettere fine ai dissensi politici tra i cattolici francesi e creare un fronte unico, Leone XIII ricorda che la Chiesa, pur sapendo quale sia in teoria la miglior forma di governo, tuttavia insegna che tutte e tre le possibili forme di governo (monarchia, aristocrazia, politìa o democrazia o repubblica) sono buone o cattive a seconda che perseguano il bene comune o l’ ostacolino.

In tale ordine di idee speculative, ogni cittadino ha la piena libertà di preferire una forma di governo (per es. la monarchia) all’altra (per es. la repubblica). Ma, ricorda papa Pecci, la forma di governo non è né perpetua, né intangibile; il tempo, questo grande trasformatore di ogni cosa quaggiù, opera nelle istituzioni politiche dei grandi cambiamenti, che possono essere pacifici o purtroppo anche violenti, ed allora si corre il rischio di cadere nell’anarchia. In tal caso una necessità sociale s’ impone alla nazione: essa deve provvedere a se stessa, e tale necessità giustifica la creazione di nuove forme di governo, facendo succedere una forma (per es. la repubblica) ad un’altra (per es. la monarchia). La novità, però, riguarda solo la forma di governo e non il potere o l’ autorità considerati in sé. Il Papa sottolinea un’altra distinzione: tra potere costituito e legislazione. E fa notare che sotto un regime la cui forma è eccellente (per es. la monarchia) la legislazione può essere detestabile (per es. le leggi promulgate da Casa Savoia in Italia durante il Risorgimento e dalla Casa reale inglese dopo lo scisma anglicano), mentre, al contrario, sotto un regime la cui forma di governo è meno perfetta (per es. la politìa o repubblica) vi può essere un’ eccellente legislazione (per es. l’Ecuador sotto Garcia Moreno). La legislazione è l’opera degli uomini che sono investiti del potere e quindi la qualità delle leggi dipende più dagli uomini di governo che dalla forma di governo. Le leggi saranno buone o cattive a seconda che i governanti abbiano lo spirito imbevuto dalla prudenza politica (Garcia Moreno), o dalla passione (Vittorio Emanuele II ed Enrico VIII). Quindi il Papa giunge alla conclusione: ecco il terreno sul quale, messa da parte ogni discordia sulla forma di governo preferita, la gente perbene deve unirsi come un solo uomo per combattere la cattiva legislazione, fatta da cattivi governanti. La forma di governo non è il problema primario perché deve cedere il passo alla necessità di far fronte ad una legislazione anticristiana e a dei cattivi legislatori.

 

San Pio X e la condanna del modernismo sociale del Sillon

San Pio X, con la lettera Notre charge apostolique (25 marzo 1910), condannò il Sillon[3] poiché si rifiutava di essere sottomesso all’Autorità ecclesiastica sotto pretesto di occuparsi di politica, che, secondo i sillonisti, non sarebbe terreno dell’ ordine spirituale di competenza della Chiesa, ma  unicamente materia di ordine temporale. Il Papa risponde loro che la politica coincide con la morale sociale, che è campo e materia propria della Chiesa[4]. Inoltre, ricorda che “non esiste vera civiltà politica o sociale senza morale e non c’è vera morale senza vera religione[5]. Perciò è erroneo per i cattolici impegnati in politica separare la politica dalla metafisica, dalla morale e dalla Rivelazione e reputarsi indipendenti dall’Autorità ecclesiastica.

La retta ragione dimostra che “l’uomo è un animale naturalmente socievole” (Aristotele e san Tommaso d’Aquino), il quale non può vivere da solo, ma deve trovare il proprio perfezionamento nella società (prima familiare e poi politica). E poiché l’uomo è una creatura di Dio Gli deve il vero culto non solo in quanto individuo, ma anche socialmente preso, sia nella famiglia sia nella città. “Non si edificherà la società in modo diverso  da come Dio l’ha edificata – insegna San Pio X – non si edificherà la società se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori[6].

Pio X osserva, poi, che è ben strano ed ardito da parte di laici cattolici porsi in concorrenza col Sommo Pontefice, adottando un insegnamento sociale diverso da quello di Leone XIII, da lui tanto venerato e citato quanto vituperato da certi ambienti, che rappresentano – come vedremo – la faccia specularmente opposta del sillonismo.

I sillonisti, infatti, hanno rigettato il programma di Leone XIII e adottato una dottrina sociale diametralmente opposta al suo magistero perché 1°) ritengono la democrazia l’unica forma di governo legittima; 2°) fanno risiedere l’Autorità nel popolo e non in Dio; 3°) vogliono il livellamento delle classi sociali e quindi sono in contrasto con la dottrina cattolica. Dunque il problema del Sillon è non solo disciplinare (insubordinazione all’Autorità ecclesiastica), ma anche dottrinale[7].

Ora, ricorda papa Sarto, “Gesù ha posto come condizione indispensabile per entrare nel Regno dei Cieli di far parte del Suo gregge, di accettare la Sua dottrina, di osservare i comandamenti, di praticare le virtù e di farsi guidare da Pietro e dai suoi successori. Sono insegnamenti, questi, che si avrebbe torto ad applicare solo alla vita dell’individuo in vista della sua salvezza eterna: essi sono insegnamenti eminentemente sociali[8] poiché l’uomo è un animale socievole per natura, così come è razionale per natura. Quindi non esiste un uomo che non sia razionale e socievole. L’uomo è fatto per conoscere la verità ragionando e per cogliere il suo fine ultimo vivendo in società. Perciò il Vangelo, il Cristianesimo, la Religione, la Chiesa sono eminentemente sociali e politici appunto perché l’uomo è un animale naturalmente socievole, ossia fatto per vivere non da solo, ma in società naturale (Stato) e soprannaturale (Chiesa).

Papa Sarto conclude: “la questione sociale e la dottrina sociale non sono nate ieri; in tutti i tempi la Chiesa e lo Stato, in felice accordo, hanno suscitato delle feconde organizzazioni per la soluzione della questione sociale. […]. I membri del Sillon si organizzino per diocesi sotto la direzione dei rispettivi Vescovi diocesani allo scopo di lavorare alla rigenerazione sociale, cristiana e cattolica, del popolo”[9]. Pio X con questo propone come soluzione alla deviazione sillonista la medesima Azione Cattolica a causa della quale Pio XI – come vedremo – è accusato di liberalismo. Per San Pio X, dunque, 1°) non è lecito adottare un insegnamento sociale diverso da quello di Leone XIII (si noti che papa Sarto condannò severamente un libro di don Emmanuel Barbier in cui l’Autore – tanto caro agli anti/pecciani – criticava aspramente la dottrina sociale di Leone XIII), insegnamento che è il medesimo di quello del Vangelo, per cui rigettando il primo si rifiuta anche il secondo; 2°) la deviazione sociale e politica sillonista è non solo disciplinare, ma anche dottrinale; 3°) non si edifica la società civile e politica se la Chiesa non ne getta le basi e non ne dirige i lavori; 4°) vi sono tre forme legittime di governo e non si può asserire che una sola, la democrazia (Sillon), sia buona; altrimenti “si infeuda la Chiesa ad un partito politico[10].

 

Pio XI e la condanna del modernismo dell’Action Française

Vi è un interessante articolo, pubblicato dall’Enciclopedia Cattolica, che fa la cronaca degli avvenimenti che portarono alla condanna dell’Action Française; lo riprendo, quasi totalmente, e lo porgo al lettore:

“Movimento politico sociale, sorto in Francia nel 1899. Il programma politico del movimento, assurto col tempo a vero e proprio partito, era e restava prettamente francese: la restaurazione della monarchia in Francia. La lotta, però, per attuare questo programma, venne ad assumere caratteri più universali: l’esaltazione di un nazionalismo integrale... accanto al movimento politico ed al partito, stava il sistema filosofico sociale ispiratore di princìpi e di dottrine ben più ardite e pericolose. I teorici del movimento... Maurras e Daudet... si ispiravano volentieri alle teorie positiviste. Nessuna meraviglia dunque se sullo sfondo delle dottrine dell’Action Française troviamo un agnosticismo decisamente ateo ed anticristiano, un naturalismo apertamente pagano, e quindi un inconfondibile amoralismo dell’ individuo e della società, con la conseguente sottrazione dell’individuo come della società all’influsso della legge di Dio e della Chiesa. La proclamata subordinazione della morale e del diritto all’interesse nazionale si spiega appunto sullo sfondo di siffatte dottrine. Per queste ragioni le autorità della Chiesa, evitando con ogni cura d’ingerirsi nel programma meramente politico dell’Action Française, disapprovarono e condannarono gli errori dal punto di vista morale e religioso. La condanna era decretata e pronta fin dal 1914 [S. Pio X]; ma era stata differita la pubblicazione ‘a tempo più propizio’. Questo richiamo cronologico... smantella l’ equivoca tesi dell’Action Française, la quale tendeva a mettere in opposizione Pio XI con Pio X… Frattanto Pio XI dovette personalmente riesaminare tutta la questione, non avendo potuto procurarsi la posizione, smarrita durante lo sloggiamento degli archivi dell’Indice. Ma le sue conclusioni furono in tutto conformi a quelle del 1914... Contrastò invece pietosamente l’ atteggiamento di aperta insubordinazione assunto dagli esponenti del movimento... L’Action Française rispose con l’orgoglioso non possumus e si lanciò in una campagna di anticlericalismo velenoso. Seguirono allora condanne più gravi e più formali, sia da parte della S. Congregazione del S. Uffizio, concernenti il sistema dottrinale non solo del movimento ma anche del giornale stesso e delle leghe, sia da parte della S. Penitenzieria, circa l’ interdetto e il rifiuto dell’assoluzione ai ribelli... Più tardi vi fu una lodevole resipiscenza. Fin dal 1938 gli esponenti del movimento si erano rivolti al papa Pio XI per ottenere il ritiro della condanna. La supplica fu ripetuta, con leale ritrattazione e garanzie per l’avvenire, nel 1939 al papa Pio XII, che l’accolse e l’ esaudì… Bisogna però tener ben presente che la misura di clemenza di Pio XII riguardo all’ Action Française, dopo ripetuti atti di resipiscenza, concerne soltanto il giornale omonimo, lasciando sussistere la condanna delle opere del Maurras e del Daudet elencate nel libro dell’Indice”[11].

Pio XI aveva spiegato di aver condannato l’Action Française in quanto “è un pericolo... che tocca... la fede e la morale cattolica;  i suoi princìpi riguardo alla morale cattolica, specialmente nei suoi rapporti necessari con la politica, che è subordinata alla morale, mostrano delle tracce di paganesimo e di naturalismo... negando tale subordinazione” (Roma, 5 settembre 1926)[12].

Nella seconda Lettera al card. Andrieux Pio XI scrisse: “Noi abbiamo finito là dove Pio X aveva cominciato. Pio X era troppo antimodernista per non condannare questa particolare specie di modernismo politico, dottrinario e pratico, col quale dobbiamo confrontarci... In questi ultimi tempi si è scoperta un’ assenza assoluta di ogni giusta idea sull’autorità del Papa e della S. Sede e sulla sua competenza di giudicare, sulla sua estensione e sulle materie che le appartengono; un’ assenza assoluta di ogni spirito di sottomissione; un’attitudine assai pronunciata di opposizione e di rivolta; un vero disprezzo della verità. Tutto ciò ha portato la misura al colmo e ci fa proscrivere il giornale l’Action Française, come Pio X ha proscritto la rivista bi-mensile dello stesso nome. Quanto ai libri di Charles Maurras, proscritti da Pio X, la proscrizione non perde nulla della sua forza... essendo intervenuto l’Index della S. Chiesa cattolica...” (Roma, 5 gennaio 1927).

 

Pio XI e l’Azione Cattolica

Pio XI è chiamato il Papa dell’ Azione Cattolica, che da alcuni è reputata intrinsecamente liberale e modernista. Ora già San Pio X aveva ordinato: “I membri del Sillon si organizzino per diocesi sotto la direzione dei rispettivi Vescovi diocesani allo scopo di lavorare alla rigenerazione sociale, cristiana e cattolica, del popolo”[13]. In pratica anche Pio X per il Sillon come Pio XI per l’Action Française propone come soluzione alle deviazioni politiche e sociali l’Azione Cattolica. Quindi, se i nemici dell’Azione Cattolica  e di Pio XI fossero coerenti, dovrebbero accusare di modernismo anche San Pio X. Inoltre occorre specificare, come scrive il card. Pietro Parente, che l’Azione Cattolica non è nata con Pio XI, ma è la «denominazione moderna dell’ apostolato dei laici, che è antico quanto il Cristianesimo. Come apostolato organizzato e subordinato alla Gerarchia Ecclesiastica, l’Azione Cattolica è sorta in varie nazioni di Europa durante l’ Ottocento ed ebbe la sua prima grande affermazione ufficiale nel 1863, sotto Pio IX, col Congresso Internazionale di Malines. […] Attraverso sviluppi e crisi l’organizzazione arriva al pontificato di Pio XI e sotto di lui l’Azione Cattolica raggiunge una compatta struttura organizzativa in Italia e fuori»[14].

Dunque sarebbe liberale anche Pio IX e (absit!) Gesù Cristo, il quale ha raccomandato ai fedeli di seguire ed essere sottomessi agli Apostoli con Pietro a capo e ai loro successori (Vescovi e Papa)[15].

 

Conclusione

Non si riesce dunque a capire quale siano le differenze di dottrina tra i quattro Pontefici – Pio IX, Leone XIII, Pio X, Pio XI – e quali gli errori teoretici di Leone XIII e Pio XI. Mi sembra che chi avversa “da destra” la dottrina di Leone XIII e di Pio XI lo faccia per motivi accidentalmente diversi, ma sostanzialmente eguali a coloro che  “da sinistra” rifiutano la dottrina politica di Pio IX e Pio X[16]. La dottrina cattolica insegna 1°) che la Chiesa deve avere un certo potere temporale come l’anima deve sussistere nel corpo e l’uomo deve avere una casa; 2°) che forme legittime di governo sono sia la monarchia che la democrazia classica; 3°) che la politica, in quanto “virtù di prudenza applicata alla società civile” (Aristotele[17] e San Tommaso d’Aquino[18]), coincide con la morale sociale e quindi è oggetto di insegnamento da parte della Chiesa, che può e deve intervenire quando i princìpi dottrinali su cui si fonda un sistema politico sono erronei. La Chiesa ha un potere almeno indiretto, in ragione dell’ errore e del vizio, sulle cose temporali, insegna anche Pio XI nell’Enciclica sulla regalità sociale di Cristo (Enciclica Quas primas, 1925).

Inoltre – aveva ammonito San Pio X nel condannare il Sillon – quando si afferma legittima una sola forma di governo, “si infeuda la Chiesa ad un partito politico” (Notre charge apostolique). Ora l’’Action Française avrebbe voluto infeudare la Chiesa alla sola monarchia, così come il Sillon avrebbe voluto infeudare la Chiesa alla sola democrazia moderna. Appare chiaro che tra Sillon, Maurrassismo e anti-Ralliément ci sono solo delle differenze accidentali (pro monarchia et pro democratia), ma una dottrina sostanzialmente convergente: la Chiesa non ha potere in campo sociale e politico. Ma la politica deriva dalla morale e quindi “la Chiesa non può non far politica” (Pio X).

La medesima dottrina aveva insegnato Leone XIII e insegnerà Pio XI nella Quas primas dedicata appunto alla regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. Quindi delle due l’una: o hanno ragione Pio IX, Leone XIII, Pio X e Pio XI o hanno torto tutti e quattro, poiché hanno proposto la stessa dottrina, pur applicandola a circostanze storiche diverse[19].

Infine, per riassumere, è da notare che il Sillabo promulgato da Pio IX nel 1864 fu un’idea (sin dal 1849) dell’allora card. Gioacchino Pecci, poi Leone XIII; che l’Azione Cattolica tanto  criticata dai maurrassiani in Pio XI fu un’idea specifica di Pio IX; che l’insegnamento politico sulle tre forme legittime di governo è identico in tutti i Papi e specialmente in Pio IX, Leone XIII, Pio X e Pio XI; che la dottrina sulla possibilità di votare in un Parlamento repubblicano fu approvata in Italia da Pio X;  che la condanna dell’Action Française era già stata siglata, anche se posticipata quanto alla pubblicazione, da Pio X. Dunque non si vede come si possa contrapporre l’insegnamento e la sostanziale azione pastorale dei quattro Pontefici in questione.  

Leo

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[1] Cfr. A. Piolanti, voce “Sillabo”, in Dizionario di teologia dommatica, Roma,

Studium, 5a ed., 1957, pp. 386-387; cfr. Id., voce “Sillabo”, in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, 1953, vol. XI, coll. 578-580. 

[2] Come si vede la dottrina del complotto la si ritrova nella S. Scrittura (Gen., III, 15; Mt., VI, 24; II Cor., VI, 14), nella Tradizione (Didaché; Epistola di Barnaba; S. Agostino, Città di Dio, S. Tommaso d’Aquino; S. Th., III, q. 8, aa. 7-8) e nel Magistero (Leone XIII, Humanum genus, 1884; Id., Au milieu, 1892; Pio X, Sacrorum Antistitum, 1910; Id., Notre charge apostolique), nel CIC (can. 1235).

[3] Marc Sangnier (Parigi, 1873-1950) nel 1899 fondò il Sillon basandosi sulla dottrina sociale della Chiesa. Tuttavia pian piano iniziò ad avvicinarsi alle teorie modernistiche e nel 1905 il card. Merry del Val, per ordine di san Pio X, scrisse al card. Richard, arcivescovo di Parigi, affinché richiamasse all’ordine il Sangnier, il quale si sottomise, ma restò sempre influenzato dalle teorie del modernismo sociale pur non esponendole apertamente. Cfr. p. Enrico Rosa, Censura e riforma del Sillon, in La Civiltà Cattolica, 1910, III, pp. 708-714-736; E. Barbier, Les erreurs du Sillon, Parigi, 2 voll., 1906.

[4] Tutte le Encicliche e i principali Documenti pontifici emanati dal 1740, a cura di U. Bellocchi, vol. VII, Pio X (1903-1914), Città del Vaticano, LEV, 1999, Lettera Notre charge apostolique, 25 agosto 1910, p. 410.

[5] Ibidem, p. 419.

[6] Tutte le Encicliche e i principali Documenti pontifici, cit., p. 412.

[7] Ivi.

[8] Ibidem, p. 422.

[9] Ivi.

[10] Ivi.

[11] Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, vol. I, coll. 255-258, voce “Action Française”.

[12] Pio XI, Lettera al cardinal Andrieux, arcivescovo di Bordeaux, 5 settembre 1926.

[13] Ivi.

[14] Cfr. P. Parente, Dizionario di teologia dommatica, cit., voce “Azione Cattolica”, p. 43.

[15] Mt., XXVIII, 28; Lc., X, 16; Act., XX, 28.

[16] La teoria del “libero Stato in libera Chiesa”, ossia della separazione tra Stato e Chiesa, tra religione e politica è l’essenza e il cuore del liberalismo. Quindi è veramente paradossale che si accusi di liberalismo Leone XIII e Pio XI servendosi proprio della dottrina liberale per eccellenza.

[17] Etica Nicomachea, I, 1106b 36; ivi, I, 1099a 6; ivi, II, 1107a 22-23; ivi,  X, 1174a 2-8; Politica, I, 2, 14.

[18] S. Th., II-II, q. 47, a. 10; De regimine principum, lib. I, cap. 1; In Ethicorum, lib. I, lect. 1, n. 3; Commento alla Politica di Aristotele, Bologna, ESD, 1999, pp. 38-39.          

[19] Per esempio, per quanto riguarda la “questione romana”, Pio IX e Leone XIII furono assai severi ed intransigenti non solo in teoria ma anche in pratica, sia scrivendo e parlando contro l’ usurpazione del potere temporale della Chiesa da parte della monarchia sabauda, sia non permettendo ai cattolici di partecipare alle elezioni politiche. Invece san Pio X non ha mai, per questioni di prudenza pratica, parlato della “questione romana”, pur non accettando l’ usurpazione in teoria, come lui stesso ha scritto nella Lettera a mons. Geremia Bonomelli Rispondo punto per punto, del 1910. Inoltre san Pio X ha permesso ai cattolici di votare alle elezioni in Italia (come nel 1892 fece Leone XIII in Francia per il cosiddetto Ralliément) per mandare in parlamento deputati che si impegnassero a fare leggi non contrarie a quella naturale e divina e a non calpestare i diritti della Chiesa. Perciò, a rigor di logica si dovrebbe concludere, secondo i principi di coloro che rigettano l’Enciclica di Leone XIII Au milieu sul Ralliément, che la politica di san Pio X in Italia sarebbe egualmente da rigettarsi.