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Categoria: Anno 2015

Il rimedio per far fronte all’autodemolizione  Aggiornamento e tradizione

Presentiamo ai nostri lettori la “Carta pastorale” di mons. Antonio De Castro Mayer, Vescovo di Campos in Brasile (1991) su “Aggiornamento e Tradizione” (11 aprile 1971) per illuminarli su quel che è successo in ambiente ecclesiale a partire dal pontificato di Giovanni XXIII, che ha introdotto “l’ aggiornamento” nella Chiesa

allontanandosi sempre più dalla Tradizione apostolica. Con il pontificato di Francesco I siamo giunti al termine della folle corsa verso l’abbraccio tra cattolicesimo e modernità (voluta da papa Roncalli, attuata da Paolo VI e da Giovanni Paolo II), che sta toccando il suo acme con la sovversione della morale, dopo che il dogma e la liturgia erano stati abbondantemente saccheggiati (1959-2013) negli anni del concilio Vaticano II e del post-concilio.

La lucidità, la chiarezza e la precisione con cui mons. De Castro Mayer espone la natura della Tradizione apostolica e quella di un sano “rinnovamento” accidentale degli elementi umani e contingenti della storia e della vita ecclesiale ci fanno capire come a partire dalla morte di Pio XII si sia toccata l’essenza  della Tradizione apostolica nel dogma (ecumenismo, libertà delle false religioni, collegialità episcopale) e nella Liturgia (Novus Ordo, 1969) e come con il Sinodo della famiglia (ottobre 2014-2015) si cerchi di scardinare la morale oggettiva naturale e rivelata.

Ipsa conteret, il motto di mons. De Castro Mayer, è l’unico rimedio ad un male tanto profondo e universale che solo la Madonna, “debellatrice di tutte le eresie”, può mettere pienamente in atto schiacciando il capo del serpente infernale con la cooperazione dei cristiani perché “Colui che ti ha creato senza di te, non ti salverà senza di te” (S. Agostino). 

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Mons. Antonio De Castro Mayer per grazia di Dio e della Santa Sede Apostolica Vescovo di Campos

Al reverendissimo clero secolare e regolare, alle religiose, al venerabile Terz’Ordine carmelitano, alle associazioni religiose e di apostolato e a tutti i fedeli della diocesi di Campos, salute, pace e benedizione in Nostro Signore Gesù Cristo.

Zelanti collaboratori e amati figli, il 21 novembre dell'anno scorso, in una circolare diretta ai nostri carissimi sacerdoti, abbiamo cercato, una volta di più, di ravvivare in loro e nei fedeli la vigilanza contro i pericoli a cui un falso «aggiornamento» espone l'integrità della fede e la purezza dei costumi cristiani[1]. Già in documenti precedenti ci siamo occupati delle tentazioni a cui è esposta la vostra fede, amati figli, e vi abbiamo esortato alla vigilanza e alla preghiera. Nella circolare del 21 novembre ci riferivamo, in modo speciale, al rispetto dovuto ai santi sacramenti, con cui diamo pubblica testimonianza della nostra fede nei misteri che adoriamo. Sottolineavamo, in tale occasione, l'importanza della vigilanza, dal momento che la fede è indispensabile per la salvezza: infatti, senza di essa è impossibile piacere a Dio, «sine fide impossibile est placere Deo»[2].

L'8 dicembre dello stesso anno testé trascorso, in occasione del quinto anniversario della chiusura del Concilio Vaticano II, il Santo Padre, Paolo VI, in una memorabile esortazione, raccomandava ai vescovi cattolici del mondo intero l'obbligo di avere cura della ortodossia nell’insegnamento della dottrina cattolica. Vedete dunque, amati figli, che non erano vani i nostri timori. I mali che temiamo per la nostra diocesi, infatti, minacciano i fedeli del mondo intero. Altrimenti non avrebbe senso l'esortazione pontificia, che è stata diretta a tutti i vescovi cattolici della terra.

 

I

DOVERE CHE SPETTA AL VESCOVO: VEGLIARE SULLA ORTODOSSIA

Data l’importanza capitale della materia – la purezza della fede – e l’obbligo che ci tocca di pascere bene le pecore di Cristo che ci sono state affidate, giudichiamo nostra dovere tornare sull’argomento, comunicando al nostro gregge le apprensioni e gli ammonimenti del Papa. A questo ci invita lo stesso Pontefice, poiché ricorda che, a tutti quelli che hanno ricevuto «con l’imposizione delle mani, la responsabilità di conservare puro e integro il deposito della fede e la missione di annunciare incessantemente il Vangelo»[3], è fatto obbligo di testimoniare la loro fedeltà al Signore nella predicazione, nell’ insegnamento, nella condotta della vita.

D'altra parte, al diritto imprescrittibile del fedele a ricevere la parola di Dio, corrisponde nei vescovi il «grave e urgente dovere di annunciargliela instancabilmente, perché esso cresca nella fede e nella intelligenza del messaggio cristiano››[4].

 

PROFONDA CRISI DELLA FEDE NEL SENO DELLA CHIESA

Tale dovere della carica episcopale è oggi più imperioso, poiché lavora nel seno della Chiesa una crisi generalizzata e senza precedenti, come attesta la presente esortazione apostolica, crisi, come la denomina il Papa, di autodemolizione, perché, guidata da membri della Chiesa, scuote in profondità la coscienza dei fedeli, in quanto li confonde in ciò che hanno di più essenziale nella religione.

Afferma, infatti, Paolo VI, nel documento che stiamo presentando, che oggi «molti fedeli sono turbati nella loro fede da un cumulo di ambiguità, di incertezze e di dubbi che la toccano in quel che essa ha di essenziale. Tali sono i dogmi trinitario e cristologico, il mistero dell'Eucaristia e della presenza reale, la Chiesa come istituzione di salvezza, il ministero sacerdotale in mezzo al popolo di Dio, il valore della preghiera e dei sacramenti, le esigenze morali riguardanti, ad esempio, l’indissolubilità del matrimonio o il rispetto della vita umana. Anzi, si arriva a tal punto da mettere in discussione anche l'autorità divina della Scrittura, in nome di una radicale demitizzazione››[5].

Come vedete, amati figli, la crisi nella Chiesa non potrebbe essere più profonda. Leggendo le parole del Papa, ci chiediamo: che cosa è rimasto intatto nel cristianesimo? Infatti, se non vi è certezza sul dogma trinitario, mistero fondamentale della Rivelazione cristiana; se aleggiano ambiguità sulla Persona adorabile dell'Uomo-Dio, Gesù Cristo; se si è titubanti di fronte alla Santissima Eucaristia; se non si concepisce la Chiesa come istituzione di salvezza; se non si sa che posto occupa il sacerdote in mezzo ai fedeli e non vi è neppure sicurezza per ciò che concerne gli obblighi morali; se la preghiera non ha valore e neanche la Sacra Scrittura, che cosa resta del cristianesimo, della Rivelazione cristiana? Comprendiamo che il Papa si senta spinto a eccitare lo zelo dei vescovi, custodi della fede, consacrati per essere autentici Pastori che pascono con affetto, vigilanza e fermezza, le pecore del divino Pastore delle anime.

 

IMPEGNO NELLA COSTRUZIONE DI UNA NUOVA CHIESA PSICOLOGICA E SOCIOLOGICA

Tanto più, in quanto l'esortazione del Santo Padre lascia intravedere che è in atto una autentica cospirazione per demolire la Chiesa. E quanto si deduce dal passo seguente a quello sopraccitato, in cui il Pontefice osserva che i dubbi, le ambiguità e le incertezze nella esposizione positiva del dogma, si aggiungono al silenzio su «alcuni misteri fondamentali del cristianesimo» e alla «tendenza a ricostruire, partendo dai dati psicologici e sociologici, un cristianesimo›› su cui si fondi «una vita cristiana priva di elementi religiosi ››[6] .

Vi è perciò, in mezzo ai fedeli, un movimento, dall'azione duplice, ma convergente nella formazione di una nuova Chiesa, che può essere soltanto una nuova falsa religione: da un lato, si generano incertezze sui misteri rivelati; dall'altro, si struttura una vita cristiana secondo i gusti dello spirito del secolo.

 

II

OCCASIONE E CAUSE DELL’ ATTUALE CRISI RELIGIOSA

Come è stato possibile giungere a questo stato di cose? Paolo VI fa, a questo proposito, due considerazioni. La prima, sulla finalità speciale che papa Giovanni XXIII propose al Concilio Vaticano II, come appare chiaramente dall'allocuzione con cui aprì la prima sessione del grande Sinodo: «Occorre che, rispondendo al vivo desiderio di quanti sono sinceramente attaccati a tutto ciò che è cristiano, cattolico e apostolico, questa dottrina [cristiana] sia più largamente e  profondamente conosciuta, che le anime ne siano più intimamente penetrate e trasformate. Occorre che questa dottrina, sicura e immutabile, la quale deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze della nostra epoca››. E, meglio esplicitando il suo pensiero, papa Roncalli prosegue: «Altro, infatti, è il deposito della fede in sé stessa, cioè le verità contenute nella nostra veneranda dottrina, e altro è la forma con la quale queste verità sono enunziate, conservando loro, tuttavia, lo stesso significato e lo stesso valore»[7].

Il Concilio, e di conseguenza il Magistero ecclesiastico, avrebbe dovuto, con il concorso dei teologi, cercare di ottenere due risultati: trasmettere, senza equivoci o diminuzioni, la dottrina rivelata; e fare uno sforzo per presentarla in modo tale da poter essere accettata, integra e pura, dagli uomini del nostro tempo. Beninteso dagli uomini di spirito retto, cioè da «quanti sono sinceramente attaccati a tutto ciò che è cristiano, cattolico e apostolico», come dice Giovanni XXIII. Quindi, dagli uomini realmente desiderosi di giungere alla verità; infatti, a quelli che preferiscono le massime di questo mondo e che perciò rigettano la croce di Cristo, si applicano le parole di San Paolo: è impossibile una unione fra la luce e le tenebre, fra la giustizia e l'iniquità, tra Cristo e Belial[8].

Ecco in che cosa consisteva l' «aggiornamento›› di papa Roncalli, nella sua migliore interpretazione: in un adattamento nel modo di esporre la dottrina cattolica, che la renda attraente per l'uomo moderno di spirito retto.

Tale impegno, nota Paolo VI, ed è la sua seconda osservazione, non è facile. Egli dice: «In realtà, se l’ esercizio del magistero episcopale era relativamente facile quando la Chiesa viveva a stretto contatto con la società del suo tempo, ispirava la sua cultura e le partecipava le sue forme di espressione, a noi oggi è richiesto un serio sforzo perché la dottrina della fede conservi la pienezza del suo contenuto e del suo significato, esprimendosi in una forma che le permetta di raggiungere la mente e il cuore di tutti coloro ai quali essa è diretta».

 

CARATTERISTICA DELLA NUOVA CHIESA: LA RELIGIONE DELL' UOMO

O per la difficoltà dell'impresa, oppure per una concessione allo spirito del tempo, il fatto è che, nell'esecuzione del piano tracciato dal Concilio, in molti ambienti ecclesiastici lo sforzo di adattamento è andato oltre la semplice espressione più adeguata alla mentalità contemporanea. Ha toccato la sostanza stessa della Rivelazione. Non si mira a una esposizione della verità rivelata in termini tali che gli uomini la comprendano facilmente; si tenta, più propriamente, per mezzo di un linguaggio ambiguo e ricercato, di presentare una nuova Chiesa, consona ai gusti dell'uomo formato secondo le massime del mondo di oggi. Così si diffonde, più o meno ovunque, l'idea che la Chiesa deve passare attraverso un mutamento radicale, nella sua morale, nella sua liturgia, e anche nella sua dottrina. Negli scritti, come nella prassi, comparsi in ambienti cattolici dopo il Concilio, si inculca la tesi che la Chiesa tradizionale, come esisteva fino al Vaticano II, non è più all'altezza dei tempi moderni. Di conseguenza, deve trasformarsi totalmente. E una osservazione rapida su quanto succede in ambienti cattolici porta alla convinzione che davvero, dopo il Concilio, esiste una nuova Chiesa, essenzialmente distinta da quella conosciuta, prima dell’ultimo Concilio, come l'unica Chiesa di Cristo. Infatti, si esalta, come principio assoluto e intangibile, la dignità umana, ai cui diritti si sottomettono la verità e il bene. Questa concezione inaugura la religione dell' uomo e fa dimenticare l’ austerità cristiana e la beatitudine celeste.

Nella morale il medesimo principio dimentica l'ascetica cristiana, ed è assolutamente indulgente anche con il piacere sensuale, dal momento che l'uomo deve cercare la sua pienezza sulla terra. Nella vita coniugale e familiare la religione dell' uomo esalta l'amore e antepone il piacere al dovere, giustificando, a questo titolo, i metodi anticoncezionali, diminuendo l’opposizione al divorzio, e rivelandosi favorevole alla omosessualità e alla coeducazione, senza temere la sequela di disordini morali a essa inerenti, come conseguenza del peccato originale. Nella vita pubblica la religione dell' uomo non comprende la gerarchia e propugna l’ugualitarismo proprio dell'ideologia marxista e contrario all'insegnamento naturale e rivelato, che attesta l'esistenza di un ordine sociale richiesto dalla natura stessa. Nella vita religiosa lo stesso principio preconizza un ecumenismo che, a beneficio dell'uomo, metta d'accordo tutte le religioni; preconizza una Chiesa trasformata in istituto di assistenza sociale e rende inintelligibile il sacro, comprensibile soltanto in una società gerarchica. Da ciò la preoccupazione eccessiva per la promozione sociale, come se la Chiesa fosse soltanto un più esteso organismo di assistenza sociale. Da ciò e allo stesso modo la secolarizzazione del clero, il cui celibato viene considerato qualcosa di assurdo, così come si considera strano il genere di vita del sacerdote, intimamente legato al suo carattere di persona consacrata in modo esclusivo al servizio dell'altare. Nella liturgia si riduce il sacerdote a semplice rappresentante del popolo, e i mutamenti sono tali e tanti che essa cessa di presentare adeguatamente, agli occhi del fedele, l'immagine della Sposa dell'Agnello, una, santa e immacolata. Evidentemente il rilassamento morale e la dissoluzione liturgica non potrebbero coesistere con l’ immutabilità del dogma. D'altronde già quelle trasformazioni indicavano mutamenti nel modo di concepire le verità rivelate. Una lettura dei nuovi teologi, considerati come portavoce del Concilio, evidenzia come, di fatto, in certi ambienti cattolici, le parole con cui si enunciano i misteri della fede comportano concetti totalmente diversi da quelli che risultano dalla teologia tradizionale.

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[1] Cfr. Mons. Antonio De Castro Mayer, Il rispetto ai santi sacramenti, circolare del 21-11-1970, in Cristianità, Piacenza settembre-ottobre 1974, anno II, n. 7

[2] Ebr. 11, 6.

[3] Paolo VI, Esortazione Apostolica all’episcopato cattolico, dell’8-12-1970, in AAS, vol. LXIII, p. 99

[4] Ibid., p. 100.

[5] Ibid., p. 99.

[6] Ibidem.

[7] Ibid., p. 101

[8] Cfr. 2 Cor. 6, 14 ss.