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Categoria: Anno 2015

Ragione e Fede secondo i modernisti

Il rachitismo  intellettuale del kantismo adottato dai modernisti

Il modernismo è quella corrente di pensiero, interna alla Chiesa cattolica, che disprezza la cristallina intelligenza del sacro deposito per lasciarsi infiltrare da tutte le novità del pensiero moderno nell’illusione che esso abbia ancora dei valori.

Eccettuata la Tradizione, il modernismo, infatti, non rifiuta nessun contributo da nessuno. Questi traffici, colpevoli e illeciti per un credente, in corso da oltre un secolo, hanno trasformato la fede cattolica, non superficialmente, ma in profondità, manomettendo alla radice il suo rapporto con la ragione.

Il pensiero modernista non è particolarmente difficile da comprendere. È soltanto volgare kantismo.

Il kantismo si presenta al mondo come una brillante demolizione della “ragion pura” cioè della ragione indipendente dall’esperienza. È detto anche criticismo in quanto pretende di esaminare in modo critico, cioè senza preconcetti, la validità del processo conoscitivo e, per mostrare di non avere tali preconcetti, richiede ancor oggi ai suoi adepti di dichiararsi scettici verso tutte le costruzioni della ragione che non facciano riferimento al mondo fisico, prima fra tutte, guarda caso, la metafisica, perché la metafisica ha al suo centro la prova razionale dell’ esistenza di Dio.

A detta del criticismo, la ragione non può far metafisica né dar prova dell’esistenza di Dio per un motivo puramente estrinseco, ossia perché la ragione dell’uomo non può andare oltre il finito, anche se, di fatto, ci va. Inutile consigliare prudenza a tali filosofi. Benché la ragione pura dimostri che Dio esiste, questa prova non è accolta, non interessa perché Dio non interessa, e soprattutto non interessa un Dio Redentore.

Affermando che la ragione ha la possibilità di conoscere solo l’ apparenza delle cose (i fenomeni) e mai le cose in se stesse (i noumeni), Kant nega valore assoluto al sapere. Si badi: a tutto il sapere, quindi, anche al proprio. Così, se si ragionasse in modo logico, si dovrebbe dire: Kant si è negato da solo, tanti saluti! Invece, come al solito, si guarda la pagliuzza nell’occhio altrui e non si vede la trave nel proprio; e di conseguenza ci si dedica con zelo umanitario a curare la pazzia degli altri in luogo della propria.

La ragione “critica” del kantismo adottata dai modernisti non può confermare la fede, ma casomai smentirla; per cui cercare un fondamento razionale alla fede è inutile e pericoloso. Ne segue che la religione non può essere intesa come un sistema coerente di verità rivelate all’uomo da Dio, a cui prestare, prima di tutto, l’assenso dell’ intelletto.

Ora, è evidente che si crede sempre sulla base di ragioni, giacché se non vi fossero ragioni per credere in qualcosa, neppure vi si crederebbe. Perciò, se la ragione non è in grado di offrire ragioni per credere, è impossibile credere. Vale a dire è impossibile tenere per vero ciò che si crede.

E questo è il dramma del modernismo: se si pensa che la ragione non ha la capacità di offrire motivi di credibilità alla fede, allora si pensa anche, lo si voglia o no, lo si dica o no, che la fede non ha tutti i titoli per essere vera. Ed è vano cercare sostegno nella sola volontà di credere. I Santi e i Martiri dei primi secoli (a cui oggi ci si vorrebbe ispirare) avevano certamente una fortissima volontà, ma fondata sulla certezza razionale della verità cattolica: sapevano, cioè, che è tutto vero. Lo dimostra ciò che accade oggi: perduta la coscienza della verità della nostra fede, ecco scomparire la volontà di santificarsi; e ciò perché la volontà esige sempre delle ragioni, e ragioni che la muovano.

 

Un falso luogo comune su Assisi e similia

Un luogo molto comune sostiene che il modernismo ragiona in un certo modo per piacere al mondo. In realtà, il modernismo non adotta l’idea kantiana di ragione per questo motivo. Lo fa perché condivide quel tipo di ragione scettica o agnostica; altrimenti non dichiarerebbe apertamente che nessuno ha la verità e che tutti ne siamo in ricerca. Il modernismo convoca i capi religiosi ad Assisi non per aprire la strada all’anticristo. Per farlo bisogna credere alle Sacre Scritture che l’annunciano: mentre il modernismo mostra di non sapere neppure se Dio esiste davvero e, nel caso in cui esista, chi Egli sia:  se il Dio cattolico o un altro qualsiasi. Ciò che, infatti, accomuna la fede modernista alla fede di coloro che parteciparono a quel raduno e agli altri consimili non fu la verità di cui tutti si dichiaravano in ricerca, ma la sua mancanza. Quindi il modernismo ammette di non sapere che la religione cattolica è la verità. Se conoscesse la verità, non avrebbe accolto ad Assisi e poi altrove tutte le umane superstizioni del pianeta. Ma proprio il fatto che si mischia a loro senza alcuna volontà di distinguersene mostra platealmente la sua mancanza di fede in ciò in cui pur dice di credere.

 

Le conseguenze del rachitismo kantiano per la Fede cattolica

Il modernismo, si è detto, condivide il criticismo kantiano. Si tratta ora di vedere quali conseguenze abbia detto criticismo se applicato alla fede cattolica. Li conoscerete dai loro frutti, dice il Vangelo.

La filosofia kantiana, come l’ attuale scienza e l’esistenzialismo filosofico, nega (contraddittoriamente) alla ragione qualsiasi sbocco trascendente, e cioè al di sopra del mondo sensibile e ne conclude che la nozione di Dio non può essere razionalmente concepita. Tuttavia, Kant non intende fare a meno di Dio. Cosicché, una volta espulso il concetto di Dio dalla ragione pura, lo recupera, poi, nella ragion pratica, con conseguenze che forse quel filosofo non ha saputo calcolare, ma che oggi sono sotto gli occhi di tutti. Se di Dio non c’è discorso razionale, Dio, allora, scompare dalla sfera pubblica per ritirarsi in quella intima, privata e soggettiva, giacché può essere conosciuto soltanto nella fede. La fede allora è costretta ad illudersi di essere priva di ragioni, mentre la ragione può illudersi spavaldamente di poter fare a meno della fede.

Naturalmente, il modernismo si guarda bene dall’ascoltare il magistero chiarissimo della Tradizione cattolica, il quale, con il concilio Vaticano I, afferma, sotto pena di scomunica, la conoscibilità dell’ esistenza di Dio al solo lume della ragione naturale. Ed è molto strano che oggi anche cattolici di alto livello intellettuale trascurino questo insegnamento perché dovrebbe essere chiaro, almeno a costoro che venendo da Dio, il quale ha creato l’uomo “animale ragionevole”, la Divina Rivelazione non può non essere fondata su motivi razionali. A differenza delle “teologie” improvvisate degli ultimi anni, la Tradizione cattolica afferma, non a caso, che tra ragione e fede non vi può essere contraddizione, come di fatto non vi è, anche là dove la Divina Rivelazione sorpassa la ragione umana e ciò per un motivo che più evidente non potrebbe essere, perché, se la Divina Rivelazione contraddicesse la ragione, la nostra fede sarebbe irrazionale e se la nostra fede fosse irrazionale sarebbe semplicemente ridicola. Tanto varrebbe credere nei maghi, o andare ad Assisi ed abbracciare stregoni.

C’è poi un secondo motivo. Fatta eccezione della fede nel nulla, tipica del secolo e che è contraddittoria, nella fede non vi è mai contraddizione, semplicemente perché l’ intero, la totalità dell’essere, non si mostra all’uomo e in quel che non si mostra, per esempio il domani, le intenzioni del prossimo, la Santissima Trinità non si può che credere, cioè aver fede. Finché l’intero non si mostra, una opposizione tra ragione e fede, è impossibile. Se l’ opposizione c’è, non è tra fede e ragione, ma tra verità di fede ed evidenza di ragione. E, tuttavia per avere questa opposizione è necessario che l’ evidenza di ragione smentisca la verità di fede. Bisogna, dunque, chiedersi se esistano proposizioni di per sé evidenti in grado di negare la verità della fede cattolica, mostrando che essa è in contraddizione con la ragione umana. Che non vi siano di tali proposizioni lo dobbiamo affermare per fede, perché della ragione umana è creatore Iddio Stesso, autore anche della fede, ma lo possiamo anche dimostrare indagando brevemente il cosiddetto pensiero scientifico agitato a mo’ di vero spauracchio dal modernismo.

 

Lo spauracchio della pseudorazionalità scientifica

Il modernismo, una volta adottato il criticismo kantiano, non può che condividerne la mentalità scientistica, che insegna ad opporre la ragione alla fede, onde attribuire tutta la razionalità alla sola scienza onde ciò che non è scienza non è razionale. Ma questo solo perché il mondo intero vive in tale convinzione. Se viceversa si dimostrasse che la scienza non occupa lo spazio della ragion pura e che nemmeno la rappresenta, e che questo spazio semmai lo occupa la metafisica, la convinzione modernista della superiorità razionale della scienza risulterebbe infondata, come di fatto è, e quel che più importa si capirebbe infine che la negazione di Dio non è un’evidenza di ragione ma soltanto una fede, diametralmente opposta a quella cattolica.

Non ci si stupisca se si incomincia col dire che la scienza nega Dio arbitrariamente, cioè senza fondamento alcuno. Qualunque cosa dicano i singoli scienziati, qualunque affermazione facciano sulla loro fede, oggi la scienza è e rimane atea. Talvolta per calcolo essa si definisce agnostica, ma, intanto, il Dio creatore è espulso da tutti i suoi protocolli, tant’è vero che essa non accetta la creazione delle specie così come sono fin dall’inizio, ma dichiara senza prova alcuna che esse si evolvono. Non soltanto, ma gli epistemologi si danno un gran da fare onde raccomandare arbitrarie riduzioni ontologiche dai protocolli scientifici. Ed è chiaro perché: la scienza è empirica, e l’esperienza, come ognuno sa, è sempre parziale e soggettiva, sicché accade sovente che qualcuno veda verde laddove altri vedono blu e bisogna mettersi d’accordo. Ma l’accordo che si raggiunge, per esempio espungendo l’intervento divino o l’opera del demonio dai protocolli scientifici, è, per l’appunto, un accordo, ossia una convenzione. La scienza non sa se è il demonio a favorire certi fenomeni; semplicemente lo nega, e lo nega anche senza saperlo. Ma o che si neghi Dio con intenzione o solo per rispetto della metodologia scientifica, resta che Dio nella scienza non c’è. E se Dio, per la scienza, non c’è e non esiste, segue che la scienza è costretta necessariamente a rinviare all’indefinito il problema dell’origine della vita e a immaginare che, non essendovi risposta, la domanda sull’origine sia semplicemente assurda. In realtà di assurdo vi sono solo le sue ipotesi, spacciate sempre per verità indiscutibili. Il “big bang” è soltanto un artificio teorico, perché anche un bambino capisce che non dà nessuna spiegazione al quesito più importante: chi o cosa abbia dato origine alla materia esplosa. Similmente la teoria dell’evoluzione delle specie non sa né vuole rispondere alla domanda su come si siano originati l’acqua e i microrganismi necessari all’ evoluzione. A voler pietosamente tacere su uccelli che diventano pesci, pesci che diventano uccelli e altre simili amenità. Le teorie scientifiche sull’ origine sono soltanto ciò che nel teatro antico si chiamava “deus ex machina”: a un tratto, per risolvere la trama e portare lo spettatore dove si vuole ecco spuntare un artifizio meccanico a cui il pubblico si presta a credere per pura convenzione. Lo spettatore sa che tutto ciò è finzione ed è disposto ad accettarlo, ma solo finché siede a teatro. Fuori teatro, invece, quando la vita si fa reale e non è più immaginaria, il medesimo spettatore non si accontenta di simili soluzioni artificiali e cerca da sé risposte che vanno necessariamente oltre l’infantile artificio meccanico del “grande scoppio”. Non è la fede, ma è la ragione a chiedersi come e da dove sia piovuta la materia esplosa. E la scienza dichiara la domanda priva di significato semplicemente perché non vi sa rispondere. Sarebbe dunque codesta la razionalità della scienza. Ma per favore!