ORDINAZIONI ANGLICANE ORDINAZIONI MONTINIANE

I vari articoli, che stanno uscendo su “sì sì no no” riguardo ai “nuovi Sacramenti” promulgati da Paolo VI, non sono ancora terminati. Ricordiamo che “sì sì no no” è un quindicinale, che dispone di sole 8 pagine e non può contenere un’ ampia trattazione consultabile in una sola giornata e in un unico numero.

Occorre quindi aver pazienza ed attendere la fine della questione trattata.

 

Inoltre non abbiamo presentato la questione della validità di “nuovi Sacramenti” come da tenersi per certa ed obbligatoriamente. Non ne abbiamo l’autorità. Abbiamo solo constatato dei fatti (riguardo alla teologia sacramentaria), li abbiamo enumerati e li abbiamo resi noti ai nostri lettori. La nostra, infatti, non è una “tesi”, ma la constatazione di alcuni fatti storico/dogmatici (per esempio, qual è la sostanza della forma della consacrazione eucaristica? qual è stata la sostanza della Cresima, dell’Estrema Unzione e dell’Ordine sacro nel corso dei secoli, nella Chiesa latina e in quella greca?).

A partire dai fatti (“contro il fatto non vale l’argomento”, S. Tommaso) constatati, enumerati e riportati da autori seri, che abbiamo citato, siamo giunti ad una conclusione universale, che abbiamo esposto semplicemente senza pretesa di obbligare con certezza infallibile. Ora è un fatto che nei primi secoli i Sacramenti non contenevano alcuni elementi accidentali, che sono stati poi aggiunti ed è impossibile che la Chiesa nei primi secoli abbia conferito invalidamente i Sacramenti. La nostra è una induzione e una constatazione. Dunque ci siamo permessi di escludere alcuni dubbi positivi, che avevano fatto presa anche su di noi, e più volte abbiamo distinto dubbio positivo o fondato da quello negativo o senza fondamento sulla validità dei “nuovi Sacramenti”.

Quanto al Rito che circonda i Sacramenti si può distinguere tra liceità e opportunità. Infatti un Rito liturgico può essere lecito senza essere per questo il migliore o il più opportuno possibile. Su questa questione debbono uscire ancora altri articoli, compatibilmente al tempo (15 giorni) e allo spazio (8 pagine) di cui disponiamo per ogni numero. Non siamo “l’arca di Noè”, che è solo la Chiesa romana, e ringraziando Dio ne siamo ben consci e non scambiamo la parte (ossia noi stessi) per il tutto (la Chiesa).

Inoltre, spesso, il modo in cui i celebranti conferiscono i “nuovi Sacramenti” è disdicevole, ma questo è un abuso del celebrante. Occorre studiare il nuovo Rito dei Sacramenti in sé per vedere se contiene elementi illeciti e quindi peccaminosi, gravemente o lievemente, ed è quello che tra non molto faremo. Prima di affermare la grave illiceità di un Rito sacramentale la si deve provare a partire dal suo testo e non dal modo in cui alcuni celebranti li amministrano. Fa eccezione il Rito della “nuova Messa”, che è in rottura con la Tradizione apostolica (cfr. A. Ottaviani – A. Bacci), così come alcuni Documenti del Concilio Vaticano II (cfr. B. Gherardini). Tuttavia la validità della consacrazione eucaristica, essendo rimasta nel nuovo rito la sostanza della forma e della materia, permane, come insegnano S. Tommaso d’ Aquino e i suoi Commentatori. Anche mons. Marcel Lefebvre seguiva la dottrina tomista ed esigeva la firma del riconoscimento della validità, non della bontà ed ortodossia, del NOM dai candidati al sacerdozio. Chi non voleva firmare non veniva ordinato. Stupisce che i censori dei nostri modesti articoli abbraccino la “tesi” esposta dal p. Guérard des Lauriers nella nota n. 15 del Breve Esame Critico del NOM e si discostino da quella di S. Tommaso e di mons. Lefebvre, senza avere però il coraggio di raggiungere i vari Istituti sedevacantisti, che seguono la “Tesi” di p. Guérard anche sulla invalidità del NOM.

Preghiamo i nostri lettori di pazientare sino al termine degli articoli sui “nuovi Sacramenti” e di porre allora tutte le loro domande ed obiezioni, ma senza farci dire ciò che non abbiamo mai scritto, senza doppiezze e lettere anonime piene di acrimonia. Alle obiezioni cercheremo di rispondere e anche di correggere le nostre opinioni qualora siano dimostrate infondate. Grazie della comprensione.

sì sì no no

 

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Alcuni lettori ci hanno posto il quesito se le Ordinazioni conferite secondo il Pontificale Romano promulgato da papa Montini nel 1968 possano essere equiparate alle Ordinazioni anglicane dichiarate infallibilmente invalide da Leone XIII nel 1866 e, quindi, se non siano da considerarsi invalide anch’esse.

Le “Ordinazioni anglicane”, promulgate nella chiesa scismatica inglese sotto l’influenza di Cramner da re Edoardo VI nel 1550, sono state inizialmente dichiarate invalide con magistero non infallibile da papa Paolo IV (Bolla Praeclara carissimi, 1555 e Breve Regimini universalis, 1555). Infine sono state infallibilmente e solennemente definite invalide da papa Leone XIII (Bolla Apostolicae curae, 1896, DB 1866) poiché la forma dell’Ordine sacro, nell’Ordinale edoardiano / cranmeriano, è priva di qualsiasi parola che indichi la facoltà di offrire il Sacrificio, il quale è il fine del Sacerdozio. Papa Pecci ha insegnato che da tale mutazione non accidentale, ma sostanziale e quindi invalidante (poiché elimina la causa finale dell’ Ordine sacro) della forma del sacramento dell’Ordine, consegue il cambiamento sostanziale (e quindi invalidante) anche dell’intenzione da parte di chi ha promulgato il rito anglicano (Edoardo VI), il quale ha mostrato oggettivamente di non voler fare ciò che fa la Chiesa di Cristo: ordinare Sacerdoti per offrire il Sacrificio. Mons. Antonio Piolanti scrive: “È storicamente accertato che gli autori del Rito edoardiano volevano escludere assolutamente tutto ciò che si riferiva al Sacrificio della Messa; pertanto avevano un’ intenzione diametralmente opposta a quella di Cristo, che istituì l’Ordine sacro allo scopo principale di rinnovare il Sacrificio eucaristico” (Dizionario di Teologia dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 293, voce “Ordinazioni anglicane”)[1].

 

Forma e intenzione dell’Ordine prima e dopo il 1968

La forma dell’Ordine sacro per i Sacerdoti riportata dalla Traditio apostolica di S. Ippolito, che è il più antico compendio di liturgia romana (inizio III secolo), è la seguente: «O Dio, rivolgi lo sguardo sopra questo giusto e donagli lo Spirito di grazia e di consiglio del Sacerdozio».

Paolo VI il 18 giugno del 1968 ha promulgato una nuova versione del Pontificale Romano, la cui forma per la consacrazione del Sacerdote recita: «Dona, Padre onnipotente, a questi tuoi figli la dignità del Presbiterato. Rinnova in loro la effusione del tuo Spirito di santità». Quanto, poi, all’intenzione Paolo VI ha specificato: “I Presbiteri sono ordinati a […] celebrare il culto divino, quali veri Sacerdoti del Nuovo Testamento»[2].

Quindi, mentre la forma dell’ Ordine sacro, nel Pontificale di Paolo VI del 1968, contiene implicitamente la facoltà di offrire il Sacrificio, l’ intenzione di papa Montini l’ afferma esplicitamente: “I Presbiteri sono ordinati a […] celebrare il culto divino, quali veri Sacerdoti del Nuovo Testamento[3]. Infatti, “Cristo istituì l’Ordine sacro allo scopo principale di rinnovare il Sacrificio eucaristico” (A. Piolanti, cit.).

Ne consegue il mantenimento sostanziale dell’intenzione e della forma da parte di chi ha promulgato il nuovo Pontificale Romano (Paolo VI), il quale ha mostrato oggettivamente di voler fare ciò che fa la Chiesa di Cristo (ordinare Sacerdoti per offrire il Sacrificio).

Quindi l’analogia tra le Ordinazioni Anglicane e quelle di Paolo VI non regge, anzi la comparazione tra i due riti fa capire ancor meglio che, nella forma e nell’intenzione, l’ Ordine sacro promulgato nel 1968 da papa Montini (“Dona, Padre onnipotente, a questi tuoi figli la dignità del Presbiterato. […]. I Presbiteri sono ordinati a […] celebrare il culto divino, quali veri Sacerdoti del Nuovo Testamento”) è certamente valido, essendo restata medesima anche la materia: l’imposizione delle mani.

 

Invalidità, opportunità e illiceità

Occorre sempre ben distinguere ciò che è illecito da ciò che è invalido, la “validità” (che è la pura esistenza, sussistenza, o non-nullità) dalla “liceità” (che è la correttezza, convenienza, decorosità) di un rito liturgico o di un sacramento. La confezione di un sacramento, infatti, può essere illecita, ma non invalida. Ad esempio, una consacrazione episcopale senza il consenso del Papa è illecita, ma valida, se rispetta  l’essenza del sacramento (materia/forma/intenzione).

Per la validità del sacramento sono necessarie la materia, la forma e l’intenzione di fare ciò che fa la Chiesa e i nuovi sacramenti promulgati da Paolo VI a partire dal 1968 sino al 1972 sono provvisti di tutti e tre questi elementi e quindi sono oggettivamente validi.

Diverso è il discorso sui riti cerimoniali che circondano l’essenza dei nuovi sacramenti e che possono essere riconosciuti più  o meno opportuni, o lievemente o gravemente illeciti (questione che sarà affrontata prossimamente).  

La S. Messa celebrata con il rito del Novus Ordo Missae non è invalida e valida la riconobbe anche mons. Lefebvre, ma essa “si allontana impressionantemente dalla teologia cattolica sul Sacrificio della Messa” per quei motivi esposti a Paolo VI dai cardinali Ottaviani e Bacci nella Lettera di presentazione e nel Breve esame critico ed illustrati da numerosi autori cattolici, tra cui Arnaldo X. Da Silveira (L’Ordo Missae de Paul VI: qu’en penser?).

Riconoscere la validità dei sacramenti promulgati da Paolo VI non è un invito a passare tranquillamente alla “chiesa conciliare” né ad accettare il Novus Ordo Missae. È un invito – questo sì – ad avere le idee chiare facendo le dovute distinzioni per non correre il rischio – come si usa dire – di “gettare con l’acqua sporca anche il bambino” ovvero con l’accidentale anche l’essenziale sostenendo che non abbiamo più né Papa né  sacerdoti né sacramenti.

Le obiezioni che ci sono state mosse per sostenere l’invalidità (o nullità) dei nuovi sacramenti portano di fatto ad una forma di millenarismo gioachimita, già condannato dalla Chiesa, il quale prevede la fine della Chiesa gerarchica visibile e petrina e la nascita di una “Chiesa” pneumatica, giovannea, dei “profeti”.  

È pacifico che vi sono molte cose gravemente illecite nell’ambiente ecclesiale conciliare e post-conciliare, ma l’inesistenza della Gerarchia (Papato/Episcopato) e dei Sacramenti, che sono entrambi di Istituzione divina e debbono permanere sino alla fine del mondo, annullerebbe la Chiesa quale Cristo l’ha fondata: su Pietro, gli Apostoli e fornita di sette Sacramenti. Ora ciò è impossibile perché Gesù ha promesso di essere “tutti giorni sino alla fine del mondo” (Mt., XXVIII, 20) con la sua Chiesa e che “le porte dell’inferno non prevarranno contro di Essa” (Mt., XVI, 18).

Augustinus

 

[1] Cfr. P. Gasparri, De la valeur des Ordinations Anglicanes, Parigi, 1895; S. Brandi, Le ordinazioni anglicane, Roma, 1908 ; C. Crivelli, Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1948, vol. I, coll. 1271-1273, voce “Anglicane ordinazioni”.

[2] Paolo VI, Pontificale Romanum,  18 giugno del 1968, in “I praenotanda dei nuovi Libri Liturgici” Milano, Ancora, III ed., 1985, cit., p. 440.

[3] Paolo VI, Pontificale Romanum,  18 giugno del 1968, in “I praenotanda dei nuovi Libri Liturgici” Milano, Ancora, III ed., 1985, cit., p. 440.

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