È LECITO RESISTERE ALLA TIRANNIA SPIRITUALE?

Un’analogia lecita, anzi logica

Secondo i teologi è lecito resistere al tiranno temporale non solo passivamente ed attivamente in maniera legale, ma anche in maniera militare (tirannicidio), però soltanto come extrema ratio[1].

Ora ci si domanda se si possa fare un’analogia (=“dissomiglianza /somigliante”, in cui la dissomiglianza supera la somiglianza) tra il tiranno temporale ed il tiranno spirituale e se quindi sia lecito resistere anche a quest’ultimo[2].

 

Tra Dio e le creature (dall’angelo sino al minerale) vi è un’analogia, ossia essi sono essenzialmente dissomiglianti, ma si somigliano relativamente al fatto di essere[3]. Quindi se vi è analogia tra Dio e il sasso, a maggior ragione vi è tra il tiranno o Principe temporale e il tiranno o Prelato spirituale. Soltanto spiriti fanatici, sofisti o pieni di pregiudizi possono negare che tra il Prelato o anche il Papa e il Principe vi è un’analogia.

 

Il “dovere” di resistere al potere ingiusto

La Chiesa insegna che di fronte ad una decisione errata dell’autorità ecclesiastica al cattolico avveduto è lecito non solo negare il suo assenso (resistenza passiva), ma anche, in casi estremi, opporvisi pubblicamente, senza tuttavia giungere mai alla violenza, che invece è ammessa contro il tiranno temporale (v. nota n. 1). Tale opposizione attiva e legale all’autorità ecclesiastica può costituire persino un autentico dovere. Si veda il caso del Novus Ordo Missae di Paolo VI del quale i cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci chiesero pubblicamente al medesimo Papa l’abrogazione poiché “legge nociva al bene comune delle anime”[4].

“Quando manchi il diritto di comandare [tirannia d’usurpazione] o quando il comando si opponga alla ragione, alla legge eterna e al comando divino [tirannia di governo], allora il disobbedire agli uomini, per obbedire a Dio, diviene un dovere (Atti degli Apostoli, V, 29; Leone XIII, Enciclica Libertas, 20 giugno 1888)” (F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di teologia Morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, II vol., p. 1417)[5].

Infatti la legge è un “ordine ragionevole, promulgato dall’autorità, per il  bene dei sudditi” (S. Th., I-II, q. 90, aa. 1-2). Quindi la natura della legge  e la sua forza  obbligante consistono: 1°) nella legittimità (quando la legge procede dall’ autorità legittima); 2°) nella ragionevolezza, che è richiesta dalla stessa natura dell’uomo ‘animale razionale’[6]; perciò una legge sarebbe irragionevole se fosse immorale e sarebbe contraria al bene comune, perché l’uomo per natura è anche ‘animale socievole’ e perciò la legge “deve servire al bene o fine ultimo [temporale naturale/spirituale soprannaturale] di tutti i membri della società” (F. Roberti – P. Palazzini, cit., I vol., p. 884)[7].

Quindi “nessuna legge obbliga 1°) se è ingiusta, ed è ingiusta se è contraria ad una legge superiore (specialmente naturale o divino-positiva); 2°) se non procede dall’ autorità competente; 3°) se non è diretta al bene comune [temporale o spirituale]; 4°) se distribuisce vantaggi e oneri in maniera sproporzionata alle capacità e ai meriti dei sudditi” (F. Roberti – P. Palazzini, cit., I vol., p. 885)[8].

Quando il pastore si cambia in lupo

Scrivendo di San Cirillo di Alessandria, insigne avversario del nestorianesimo, dom Prospero Guéranger insegna: «Quando il pastore si cambia in lupo, tocca anzitutto al gregge difendersi. Di regola, senza dubbio, la dottrina discende dai vescovi ai fedeli; e i sudditi non devono giudicare nel campo della fede i loro capi. Ma nel tesoro della Rivelazione vi sono dei punti essenziali[9] dei quali ogni cristiano, per il fatto stesso di essere cristiano, ha la necessaria conoscenza e la custodia obbligatoria»[10]. Si vedano, ad esempio, i Documenti del Vaticano II su: 1°) la Collegialità episcopale (Lumen gentium); 2°) la Libertà delle religioni (Dignitatis humanae); 3°) i rapporti tra Cristianesimo e giudaismo (Nostra aetate); 4°) il pan-ecumenismo (Unitatis redintegratio). Chiunque abbia studiato il ‘Catechismo di San Pio X’ è in grado di riscontrare una discrepanza tra questi insegnamenti e  la dottrina tradizionale insegnata dal Catechismo: 1°) sulla Chiesa fondata su Pietro, che è il Principe degli Apostoli e dei Vescovi; 2°) sulla natura della vera libertà, che non ammette la libertà per l’errore ed il male, ma solo la loro tolleranza per evitare un male maggiore; 3°) sui rapporti tra cristianesimo e giudaismo post-biblico (che ha rifiutato e rifiuta la divinità di Gesù e la SS. Trinità) e 4°) sui rapporti con tutte le altre religioni, le quali non possono essere tutte vie di salvezza.

Il Dottore Angelico, in diverse sue opere, insegna che in casi estremi è lecito resistere pubblicamente ad una decisione papale, come San Paolo resistette in faccia a San Pietro: «essendovi un pericolo prossimo per la Fede, i Prelati devono essere ripresi, perfino pubblicamente, da parte dei loro soggetti. Così San Paolo, che era soggetto a San Pietro, lo riprese pubblicamente, a motivo di un pericolo imminente di scandalo in materia di Fede. E, come dice il commento di Sant’Agostino, “lo stesso San Pietro diede l’esempio a coloro che governano, affinché essi, se mai si allontanassero dalla retta strada, non rifiutino come indebita una correzione venuta anche dai loro soggetti” (ad Gal. 2, 14)»[11].

San Tommaso aggiunge anche che questo episodio della Scrittura contiene insegnamenti tanto per i Prelati quanto per i loro sudditi: «Ai Prelati [fu dato esempio] di umiltà,  perché non rifiutino i richiami dei loro inferiori e soggetti; e ai soggetti [fu dato] esempio di zelo e di libertà, perché non temano di correggere i loro Prelati, soprattutto quando la colpa è pubblica e costituisce un pericolo per molti»[12].

Condividono la dottrina dell’ Angelico tutti i grandi teologi e canonisti. Ci limitiamo a citarne tre.

Francisco De Vitoria scrive: «Secondo la legge naturale è lecito respingere la violenza con la violenza. Ora, con ordini e dispense abusive, il Papa esercita una violenza giuridica, perché agisce contro la legge e la vìola. Quindi è lecito resistergli. Come osserva il Gaetano, non facciamo questa affermazione perché qualcuno abbia diritto di giudicare canonicamente e deporre il Papa o abbia autorità su di lui – prima Sede a nemine judicaturma perché è lecito difendersi. Chiunque, infatti, ha il diritto di resistere ad un atto ingiusto, di cercare di impedirlo e di difendersi»[13].

Suarez: «Se [il Prelato] emana un ordine contrario ai buoni costumi, non gli si deve ubbidire: se tenta di fare qualcosa di manifestamente contrario alla giustizia e al bene comune, sarà lecito resistergli; se attaccherà con la forza [fisica /giuridica], potrà essere respinto con la forza [fisica/giuridica], con quella moderazione propria della legittima difesa»[14].

San Roberto Bellarmino: «Com’è lecito resistere al Pontefice che aggredisce il corpo, così pure è lecito resistere a quello che aggredisce le anime, con ordini illeciti, o perturba l’ordine civile, o, soprattutto, a quello che tenta di distruggere la Chiesa governandola malamente. Dico che è lecito resistergli non facendo quello che ordina ed impedendo la esecuzione della sua volontà; non è però lecito giudicarlo canonicamente, punirlo e deporlo, poiché questi atti sono propri di un superiore»[15].

Come si vede, la dottrina del Magistero e dei teologi probati dalla Chiesa è più che sufficiente a giustificare la resistenza dei cattolici avveduti al neomodernismo imposto nel Concilio e nel post-Concilio, senza far ricorso al “sedevacantismo” che non ha basi teologiche e finisce per sboccare in un vicolo chiuso.

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[1] S. Tommaso insegna che “se appartiene di diritto alla moltitudine di darsi un capo, essa può, senza ingiustizia, condannare il Principe a disparire, o può mettere freno al suo potere se ne usa tirannicamente” (De regimine principum, lib. 1, cap. 6). Tuttavia per l’Angelico «anche se alcuni insegnano essere lecita l’uccisione del tiranno per mano di un qualsiasi privato [...], è pericolosissimo permettere l’uccisione privata del tiranno, perché i malvagi si riterrebbero autorizzati a uccidere i re non tiranni, severi difensori della giustizia [...]: contro i tiranni eccessivi e insopportabili si può agire solo in virtù di una pubblica autorità» (ivi). La stessa dottrina è insegnata da Bañez (In IIam-IIae, q. 64, a. 3, concl. 1), Billuart (De jure et justitia, dissert. X, a. 2, ad 3), Bellarmino (De Conc. auct., lib. II, cap. 19), Suarez (Defensio fidei, lib. VI, cap. IV, § 15). La tradizione scolastica è quasi unanime nel riconoscere il diritto di resistenza, che - in casi estremi - può giungere anche alla rivolta armata. Juan de Mariana opina che il tirannicidio sia lecito anche privata auctoritate, perché non è da condannarsi colui che, eseguendo la comune volontà, procura di sopprimere il tiranno (De rege et de regis institutione, lib. I, cap. 6). Tuttavia, per il Mariana, ciò non significa che basti l’ iniziativa semplicemente privata, occorre prima una condanna pubblica del tiranno e solo poi, come extrema ratio, l’ esecuzione può essere privata, quando non si possa raggiungere l’autorità superiore, ma si esegue il tirannicidio fondandosi sulla condanna pubblica, senza un mandato esplicito del potere pubblico e solo con mandato interpretativo e presunto.

Il problema del tirannicidio è stato trattato sino ai nostri giorni. Nel XIX sec. da Leone XIII, nel XX sec. da Pio XI e nel sec. XXI da vari teologi o storici qualificati. Leone XIII, nell’Enciclica Diuturnum illud del 1881, insegna che quando l’ordine del principe è contrario al diritto naturale e divino, “obbedire sarebbe criminale”. Pio XI, nell’ Enciclica Firmissimam constantiam del 1937, ricorda all’Episcopato messicano che, se i poteri costituiti ²attaccano apertamente la giustizia […], non si vede nessuna ragione di rimproverare i cittadini, che si uniscono per la loro difesa e a salvaguardia della nazione”, ossia è lecita una resistenza attiva che usi mezzi leciti, escluso il clero e le associazioni direttamente mandatarie del clero, quale l’Azione Cattolica. Il padre gesuita Andrea Oddone (²La resistenza alle leggi ingiuste secondo la dottrina cattolica” ne La Civiltà Cattolica, n. 95, 1944, pp. 329-336; Ibid., n. 96, 1945, pp. 81-89) ha scritto che la resistenza passiva è sempre lecita nei riguardi di una legge ingiusta. La resistenza attiva legale, in casi in cui la religione è messa in pericolo, è lecita, anzi, occorre ²deplorare - come insegna Leone XIII in Sapientiae christianae del 1890 - l’attitudine di coloro che rifiutano di resistere per non irritare gli avversari”. La resistenza attiva armata è legittima: 1°) se la tirannia è costante; 2°) se è manifesta o giudicata tale dalla ²sanior pars” della società; 3°) se le probabilità di successo sono numerose; 4°) se la situazione successiva non sarà peggiore dell’anteriore.

[2] Cfr. Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, Può esserci errore in documenti del Magistero?, in Catolicismo, n. 222, luglio n. 1969, tr. it., sì sì no no, 15 ottobre 2010; Id., Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari, in Catolicismo, n. 202, ottobre 1967, tr. it., sì sì no no 31 ottobre 2010.

[3] Cfr. San Tommaso d’Aquino, S. Th., I, q. 13.

[4] Lettera di presentazione del Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae, festa del Corpus Domini del 1969.

[5] P. Guidi, La legge ingiusta, Roma, 1948.

[6] San Tommaso d’Aquino, Summa c. Gent., lib. IV, cap. 35, n. 3725; S. Th., I, q. 28, a. 3; III, q. 2, a. 2, ad 2.

[7] Cfr. A. Van Hove, De legibus, Roma, 1930; A. Lanza – P. Palazzini, Principi di teologia morale, Roma, 2a ed., 1965; S. Th., I-II, qq. 90-108; L. Taparelli D’ Azeglio, Saggio teoretico di diritto naturale, Roma, IV ed., 1928; E.  Rommen, L’eterno ritorno del diritto naturale, Roma, 1965; O. Lottin, Le droit naturel che saint Thomas d’Aquin et ses prédécesseurs, Bruges, II ed., 1931.

[8] Cfr. P. Ciprotti, La canonizzazione delle leggi civili, Roma, 1941; Giuseppe Pace, Le leggi meramente penali, Torino, 1948.

[9] Cfr.  B. Gheradini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2009; Id., Tradidi quod et accepi. La Tradizione, vita e giovinezza della Chiesa, Frigento, Casa Mariana Editrice, 2010; Id.,Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011; Id., Quaecumque dixero vobis. Parola di Dio e Tradizione a confronto con la storia e la teologia, Torino, Lindau, 2011; Id., La Cattolica. Lineamenti d’ecclesiologia agostiniana, Torino, Lindau, 2011.

[10] Dom Prosper Guèranger, L’Année Liturgique, Mame, Tours, 1922, 15a ed., pp. 340-341.

[11] San Tommaso d’Aquino,  Summa Theologiae, II-II, q. 33, a. 4, ad 2.

[12] Ivi.

[13] Franciscus De Vitoria, Obras de Francisco de Vitoria, Madrid, BAC, 1960, pp. 486-487.

[14] Franciscus Suarez, De Fide, in Opera omnia, cit., Parigi 1858, tomo XII, disp. X, sect. VI, n. 16.

[15] San Roberto Bellarmino, De Romano Pontifice, in Opera omnia, Milano, Battezzati, 1857, vol. I, lib. II, c. 29.