AGONIA DEL MONDO MODERNO & RIMEDI TEOLOGICI (4)

Il coma del materialismo liberista e bolscevico

Il democraticismo, di cui abbiamo parlato nel numero precedente, è una tappa della Sovversione, il cui moto non si ferma a mezza strada, ma tende all’estremo, che è rappresentato dal comunismo sovietico.

Tra plutocrazia liberistica, democraticismo e bolscevismo, perciò, vi è una differenza accidentale quantitativa e non sostanziale.

Sono tre tappe del medesimo cammino sovversivo: il materialismo industrialistico, il materialismo della quantità numerica delle masse e il materialismo del proletariato ovvero il potere della quantità materiale prodotta dalla tecnologia, dal suffragio universale e dalla lotta di classe. Come si vede la sostanza è  la medesima: il materialismo; differisce l’ accidentale: industria, suffragio, proletariato. Tutti e tre vogliono il paradiso su questa terra, ma per la plutocrazia liberale deve provenire dall’ industrializzazione della borghesia, per il democraticismo dalla volontà delle masse espressa dal suffragio universale e per il bolscevismo dalla guerra civile e cruenta.

Sembrerà una contraddizione, ma il social-comunismo è figlio “naturale” (anche se non desiderato, ma neppure abortito) del liberismo. Infatti “furono alcuni liberali che, [...] verso il 1820, per reagire contro le palesi ingiustizie del liberismo nei confronti degli operai, iniziarono il movimento socialistico nell’intento di porre un rimedio a tali ingiustizie. Loro punto di partenza fu la costatazione del fatto che la libertà, quale l’aveva concepita il liberalismo, impediva l’uguaglianza tra gli uomini, asservendo il proletario al proprietario. Per questo concentrarono l’attenzione più sull’ uguaglianza (equa ripartizione dei beni) che sulla libertà”[1]. Tuttavia il vero fondatore del socialcomunismo scientifico fu Carlo Marx. Vediamo ora qual è il fondamento filosofico dell’economia marxista.

 

La filosofia del marxismo

Secondo la filosofia della storia di Hegel il pensiero (‘Idea’) è in continuo movimento, creando oggetti attraverso un’evoluzione e un’attività senza posa. Ogni Idea (tesi) contiene il suo contrario (antitesi) e dal loro equilibrio instabile (tesi-antitesi) nasce una nuova idea (sintesi), che a sua volta sarà travolta da un nuovo vortice “creativo” verso una nuova sintesi e così all’infinito.

Mentre Hegel applicò questa evoluzione al campo dello spirito (Idee; è il cosiddetto evoluzionismo dialettico), Marx lo applicò alla Materia (materialismo dialettico), e alla storia (materialismo storico).

Secondo Marx  non l’Idea, ma la Materia è la prima e fondamentale realtà, tutto ciò che esiste è Materia, la quale è in continuo processo evolutivo. Marx passò poi ad applicare la sua teoria materialistica  anche alla storia e ne è venuto fuori il materialismo storico, ossia una lettura materialistica della storia, per cui l’economia (mangiare, bere, aver di che vestire e un tetto sotto il quale ripararsi)  è l’elemento più importante e reale e determina la Religione, l’Arte e la Politica di ogni epoca storica.

Il fine dell’uomo è soltanto di produrre nel mondo economico e la forza che lo stimola a far ciò è la lotta di classe, la quale è finalizzata a liberare la classe operaia dal suo oppressore, che è il capitale, onde si deve combattere tutto ciò che ostacola la lotta di classe, cioè la Patria, la Famiglia e la Religione. Infatti la Patria divide i proletari che invece debbono unirsi nell’Internazionale, la Religione si fonda sullo spirito, su Dio, mentre esiste solo la materia, e la Morale insegna a rispettare l’altrui proprietà, mentre il marxismo la vuol fagocitare.

 

Comunismo e Socialismo

Secondo il marxismo bisogna togliere tutti i mezzi di produzione ai capitalisti e darli allo Stato. Per Marx il destino ultimo del capitalismo è il suo collasso per cause interne ad esso, cioè per le contraddizioni che lo caratterizzano. Tuttavia dopo Marx si formarono due fazioni: a) il Socialismo riformista o evoluzionista (il Socialismo), che ripudia la rivoluzione cruenta e propugna la trasformazione della Società mediante riforme e leggi e la statalizzazione della proprietà; b) il Socialismo rivoluzionario o Comunismo (che nel 1917 sfociò nel  bolscevismo sovietico) il quale vuol cambiare la Società mediante la rivoluzione cruenta.

Il comunismo, perciò, si distingue dal socialismo solo quanto ai mezzi da adoperare per cogliere lo stesso fine e non quanto alla sostanza. Ecco perché Pio XII ha scomunicato sia il comunismo che il socialismo.

Certo, nella storia – bisogna riconoscerlo – l’economia è uno degli elementi principali: occorre un certo benessere materiale per occuparsi di scienza, arte, virtù: Primum vivere, deinde philosophari. Ma, ammesso ciò, è del tutto esagerato asserire, con Marx, che il fattore economico domina completamente la vita sociale dell’uomo, che esso è il fine di ogni azione umana e che pertanto basta da solo a spiegare tutta la storia: “L’uomo non è solo [...] un tubo digerente, un sacco da riempire, ma è anche, e soprattutto, spirito. E la questione sociale non è soltanto una questione materiale [...] ma soprattutto è una questione spirituale, morale. Credere che, accomodato il corpo, riempito lo stomaco, tutto sia messo a posto, significa non conoscere l’uomo, significa [...] professare il più ributtante materialismo, condannato non solo dalla Fede ma anche dalla ragione” [2].

Tale materialismo non è l’essenza solo  del socialismo, ma anche del liberismo, secondo il quale il fine dell’ uomo è capitalizzare, produrre, arricchirsi. Come il liberalismo scambia il mezzo (libertà) per il fine (il Sommo Bene), così il liberismo scambia la ricchezza per il Bene infinito, mette Mammona al posto di Dio, il dio ‘Quat-Trino’ al posto del Dio Trino e Uno. Ora, mettere il mezzo al posto del fine (o scegliere la creatura al posto del Creatore) è la definizione stessa del peccato: “aversio a Deo et conversio ad creaturas”. Dunque il liberalismo filosofico e il liberismo ‘economico’ sono un peccato grave, anzi una sorta di idolatria, che adora la libertà assoluta e la ricchezza materiale al posto di Dio. Questo è il grave e tragico errore del liberal-liberismo.

 

Ingiustizia della teoria marxista

La teoria marxiana del plus-valore è ingiusta ed insostenibile. Essa, essendo materialista, vede solo la quantità del lavoro non la qualità, vede solo il lavoro manuale e materiale, non quello intellettuale e direttivo e perciò nega ogni valore al capitale, che è equiparato al furto, e al lavoro del datore di lavoro. Invece il capitale (= guadagno “sudato col lavoro della propria fronte” e risparmiato perché produca altra ricchezza), data la sua produttività, merita di essere remunerato. Inammissibile è anche la teoria socialista secondo cui il valore delle cose deriva soltanto dal lavoro. Infatti dipende anche da altre condizioni; per esempio il vino migliore viene pagato giustamente più del vino scadente, anche se il produttore ha impiegato lo stesso lavoro per produrli entrambi, così come l’ affresco della cappella Sistina è stato giustamente remunerato di più di una mano di vernice bianca passata da un solerte imbianchino su un’identica superficie.

È altresì ingiusto sostenere, come sostengono i socialisti, che il proprietario non deve ritenere per sé una parte del bene prodotto dagli operai col lavoro manuale. Infatti, nel produrre una cosa, il proprietario coopera mettendo a servizio e a rischio il suo capitale, offrendo all’operaio le materie prime e gli strumenti di lavoro. Compiuto poi il lavoro, l’unica preoccupazione dell’ operaio è di riscuoter la giusta paga, mentre il proprietario deve pensare a vendere il bene prodotto e tutto ciò a suo rischio e pericolo, nel caso che esso rimanga invenduto o sia venduto ad un prezzo inferiore al salario complessivo che deve erogare ai suoi dipendenti. Quindi è falso asserire, come fa Marx, che tutta la produzione appartiene al lavoro o all’operaio e per nulla al capitale o al datore di lavoro.

 

Sotto apparenze diverse identica sostanza

Léon de Poncins nota come all’origine del liberismo vi sia stato David Ricardo, “un banchiere ebreo inglese, figlio di un banchiere ebreo olandese emigrato a Londra alla fine del XVII secolo”[3] e all’origine del comunismo scientifico vi sia stato “Karl Marx, un ebreo tedesco, che si poneva sullo stesso terreno di Ricardo: il concetto puramente economicistico del mondo, il mercantilismo e l’affaristica”[4]. Ciò conferma che liberismo e comunismo, pur giungendo a conclusioni diverse, hanno come principio e fondamento la stessa filosofia del mondo: il primato dell’affaristica e il materialismo[5].

L’idolatria della macchina produttrice come mezzo per ottenere il paradiso in terra, anche se essa in realtà schiaccia l’uomo sotto l’ inferno dell’industrializzazione e dell’ affaristica, accomuna ulteriormente bolscevismo sovietico[6] e plutocrazia americanista.

 

Il coma della modernità

Secondo queste ideologie la macchina è riuscita dove Dio avrebbe fallito: dare il benessere e la felicità già su questa terra. L’uomo faber è il padrone o il “dio” del mondo nuovo. Oggi, però, questo mondo è entrato in una paurosa crisi dei suoi valori fondamentali: le ricchezze materiali. L’uomo contemporaneo si trova, così, senza Dio e senza benessere temporale; il suo stato è simile alla pena del danno nell’inferno. È il coma della modernità. Solo Dio può farci uscire da questo letargo con la sua giustizia e la sua misericordia.

 

La civiltà cristiana non è da inventare

Al punto in cui ci troviamo dobbiamo cooperare con l’onnipotenza divina 1°) lottando contro le forze visibili della Sovversione: materialismo, antropolatria, mercantilismo crematistico, democraticismo, plutocrazia, progressismo, comunismo, anarchismo, e le sue forze nascoste: massoneria, esoterismo, giudaismo talmudico, modernismo[7], occultismo, satanismo; 2°) proponendo un ideale positivo di restaurazione dell’ ordine tradizionale rivoluzionato dalla modernità: la civiltà greco/romana informata dalla spiritualità cattolica: “La civiltà cristiana non è da inventare, ma da restaurare incessantemente contro gli assalti dell’ empietà moderna e contemporanea” (San Pio X).

Il cattolicesimo non conduce solo in cielo, ma ha suscitato la cultura, la civiltà, le opere caritative, la bellezza artistica, la poesia, la filosofia e la teologia già su questa terra.

La crisi attuale, che ci porta al modernismo, al nichilismo, al caos e all’ anarchia, viene da una sorta di dualismo manicheo e gnostico. “L’ ossessione separatista e dualista è propria del laicismo”, scrivevano i vescovi italiani cinquantaquattro anni fa (Episcopato italiano, Il Laicismo, 1960). Secondo il dualismo manicheo esistono due princìpi: uno  buono, creatore dello spirito; l’altro malvagio, creatore della materia che sarebbe intrinsecamente cattiva. Ebbene il laicismo o liberalismo, figlio del dualismo gnostico manicheo, ha peggiorato l’errore e lo ha applicato nel dominio socio-politico. Infatti per il liberalismo lo spirito o la Chiesa è il male, mentre la materia o lo Stato è il bene; quindi occorre tenerli assolutamente separati secondo il manicheismo gnostico: “il singolo – scriveva Erik Peterson – deve creare in se stesso il dualismo [ o la separazione di Stato e Chiesa, di materia e spirito] per mezzo della gnosi” [8].

Qualcuno per evitare l’anarchia rivoluzionaria sarebbe tentato di far ricorso al totalitarismo, ma il totalitarismo non è la soluzione del problema politico, anzi ne è una distorsione. Ogni eccesso è un difetto e si può errare sia per difetto sia per eccesso; il totalitarismo rappresenta l’eccesso, mentre la virtù politica consiste nel giusto mezzo della prudenza sociale, che si colloca tra temerarietà e pavidità.

Il vero e unico antidoto al veleno della modernità è il cattolicesimo, il quale, nonostante tutti i limiti degli uomini che ne fanno parte (in membris) e lo rappresentano (in capite), è la sola religione che riesce ad equilibrare azione e contemplazione in subordinazione gerarchizzata.

La modernità, inoltre, ha concepito lo sviluppo dell’umanità in una sorta di progresso costante all’ infinito, diviso in tre epoche (una sorta di “trinità” laica che avrebbe dovuto rimpiazzare la SS. Trinità), delle quali la terza è la più perfetta e definitiva, che tocca l’infinito e l’auto-divinizzazione dell’umanità.

Queste tre epoche sono religione, metafisica e positivismo per Comte; antichità, medioevo ed età moderna per Hegel; nobiltà, borghesia e proletariato per Marx. Tale tripartizione la ritroviamo già in Gioacchino da Fiore: età del Padre (Antico Testamento), età del Figlio (Nuovo Testamento) ed età dello Spirito Santo (Nuovissimo Vangelo), ma fu condannata dalla Chiesa. Infatti, se la terza età fosse quella definitiva, la seconda, ossia il cattolicismo, sarebbe tramontata, finita, passata e per lei non vi sarebbe più speranza (cfr. New Age). Invece “Dopo l’ Incarnazione, secondo la teologia della storia, la storia stessa ruota attorno a questo dilemma: o con Cristo o contro Cristo [...] tertium non datur. Le epoche della storia sono solo due: quella anteriore a Cristo e quella da Cristo in poi. [...] Il Verbo Incarnato non può essere sconfitto dai suoi nemici e il regno di Dio giungerà al suo compimento ultraterreno nonostante i tradimenti e le sconfitte. In una prospettiva del genere, l’epoca moderna e contemporanea può essere compresa solo come un periodo nel quale il principio ostile a Cristo ha pro tempore prevalso (Dio lo ha permesso) ma non ha affatto riportato una vittoria decisiva, nonostante le apparenze, ed anzi, un giorno, quando Dio vorrà, scomparirà [...]. Dal punto di vista della teologia della storia, il tramonto dell’epoca presente è quindi un fatto certo quanto la legge di gravità, se così possiamo esprimerci. [...]. La costellazione che sempre si ripete è la seguente: ribellione, castigo, purificazione, pentimento, vita nuova. Il castigo di Dio è categoria essenziale nella teologia della storia. Egli punisce e salva, nella misura in cui induce gli individui e i popoli al pentimento. Sempre che Dio conceda loro il tempo. [...]. È sicuro, quindi, che su questo mondo così corrotto, si abbatterà un giorno il castigo di Dio. [...]. La decadenza di tutto un mondo comporta un castigo che può essere stornato solo col pentimento e la conversione” [9].

Ma ci si domanda: è ancora possibile ritornare alla vera Civiltà, ad una sana Società, ad una Politica morale, ad un’Autorità giusta? Se umanamente la cosa sembra molto difficile, soprannaturalmente Gesù ha detto: “Non temete, piccolo gregge, Io ho vinto il mondo! ” ed ancora: “Le porte dell’Inferno non prevarranno”, e San Giovanni: “Questa è la nostra vittoria che vince il mondo:  la nostra Fede! ” (1a Gv., V, 4). Allora, con la ferma fiducia che il braccio di Dio non si è accorciato, studiamo il problema e viviamo coerentemente con i nostri princìpi, perché l’Ordine e la distinzione nella collaborazione e subordinazione tra Stato e Chiesa, ritornino a vivere non solo nelle nostre intelligenze, ma nella Società.

Infatti l’unica alternativa è la cooperazione dei due poteri ossia la Regalità sociale di Cristo. In essa soltanto vi è l’Ordine e la sana Restaurazione. Come il corpo è sottomesso all’anima e l’uomo (anima e corpo) è sottomesso a Dio, così – socialmente – lo Stato deve essere sottomesso al Potere spirituale, ed entrambi, sottomessi a Dio,  indirizzano l’uomo al suo fine ultimo. Dalla loro cooperazione, deriva la maggior facilità di poterlo conseguire, mentre dalla loro separazione deriva la lotta, il caos, il disordine, la Sovversione, che rendono difficile, anzi eroico, vivere secondo la fede, la speranza e la carità, come sperimentiamo oggi.

La Regalità sociale di Cristo rappresenta, perciò, la Resurrezione del mondo moderno, che ha apostatato ed è ricaduto nel pandemonio del paganesimo e può essere salvato solo da Chi per primo ci sollevò dalla rovina del peccato originale, e desidera ancora attrarci a sé dopo la rovina dell’apostasia laicista della modernità.

 

Le condizioni per la ripresa

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[1] G. M. Roschini, La questione sociale e le sue soluzioni. Alla luce delle encicliche papali, Rovigo, Istituto Padano di Arti Grafiche, 1953, pag. 38.

 

[2] G. Roschini, op.cit., pagg. 54-55.

[3] Tempete sur le monde moderne, cit., p. 167.

[4] Ivi.

[5] Ibidem, p. 168; cfr. G. Batault, Le problème juif, Parigi, Plon, 1921, p. 41.

[6] Cfr. il ‘piano quinquennale’ di sviluppo industriale dell’Urss di Stalin ottenuto grazie alla collaborazione del capitale americano e della mano d’opera russa.

[7] Il modernismo è stato definito da San Pio X “una setta segreta/ foedus clandestinum” (Sacrorum antistitum, 1° sett. 1910).

[8] Enciclopedia Cattolica, vol. VII, coll. 1959-1963, Città del Vaticano, 1951.

[9] P. Pasqualucci, Politica e Religione. Saggio di teologia della storia, Pellicani, Roma, 2001, pagg. 79-83.