Categoria principale: Anteprime Notizie
Categoria: Anno 2014

AGONIA DEL MONDO MODERNO & RIMEDI TEOLOGICI (3)

IL FALLIMENTO DEL DEMOCRATISMO

Bisogna anzitutto distinguere la democrazia classica secondo la dottrina politica di Aristotele e San Tommaso dal democratismo moderno nato con Rousseau.

La democrazia classica  - Democrazia classica è il governo della sanior pars di tutta la cittadinanza nei piccoli Paesi con il riconoscimento che l’autorità viene dall’alto e non dal popolo, il quale è solo un canale che trasmette l’autorità a chi è scelto e poi la detiene abitualmente.

 

San Tommaso[1] insegna che le possibili forme di governo sono tre: monarchia, aristocrazia, politeìa (oggi ‘democrazia’ classica, essenzialmente diversa dal ‘democratismo’ moderno di Rousseau). Egli considera la monarchia (governo di uno solo)come la prima forma di governo che, però, può degenerare in tirannia. La seconda forma di governo considerata dall’Aquinate è l’ aristocrazia (governo dei migliori) che può degenerare in oligarchia, ossia tirannia di pochi. La terza forma è la politeìa (governo dei magistrati o dei cittadini/militari) o timocrazia (governo in cui le cariche sono assegnate in base all’onore e alla forza della sanior pars populi), la quale può degenerare in democratismo o democrazia moderna (tirannia del popolo). Oggi, in luogo di poleitìatimocrazia, è prevalso l’uso della parola democrazia – che per i classici e gli scolastici aveva già di per sé una valenza negativa – la quale può degenerare in demagogia, come si dice comunemente oggi.

 

Il democratismo moderno

Il democratismo moderno ritiene che l’autorità venga dal popolo e sia data a chi governa come delegato e rappresentante del popolo, il quale la può togliere come e quando vuole. Nel democratismo moderno il popolo prende il posto di Dio: esso è una forma di panteismo politico.

I tre dogmi su cui si fonda il democratismo di Rousseau sono: 1°) la bontà dell’uomo (con la negazione del peccato originale); 2°) l’ eguaglianza assoluta (con la negazione della gerarchia degli enti); 3°) il naturalismo razionalista (con la negazione dell’ordine soprannaturale e dell’aldilà). A partire da questi tre princìpi egli tira le conclusioni sociali e fonda una filosofia politica democraticistica, naturalistica, egualitarista.

L’uomo è infallibile e autonomo,  è legge a se stesso. È la religione o il culto dell’uomo messo al posto di Dio, che si fa adorare come se fosse Dio; in breve è la via aperta  alla  grande apostasia e al regno dell’ anticristo finale. È la volontà del numero e il primato della quantità che rende legale ciò che vuole, anche l’atto più odioso e ripugnante (per esempio, l’aborto). La verità non è più  oggettiva, ma relativa al numero e alla maggioranza. L’inferiore giudica il superiore e lo comanda, l’ignoranza insegna alla sapienza, l’umano usurpa la divinità, la terra prende il posto del cielo: in breve è la contraddizione stessa sussistente.

Tutto ciò è, però, una grande illusione o menzogna. Il popolo o meglio la massa crede di governare, ma i veri padroni del mondo moderno sono nascosti dietro le quinte dei parlamenti, nella stampa, nella banca, nella setta segreta. È l’ infernale “trinità” del mondo moderno: stampa, banca, massoneria; i suoi sacerdoti sono i parlamentari e la massa fa da chierichetto.

 

La confutazione di Pio XII

Il 6 aprile del 1951 Pio XII tenne un Discorso ai dirigenti del Movimento Universale per una Confederazione Mondiale, in cui espone e confuta i “tre dogmi” della “politica” antropocentrica modernistica.

 

Il potere viene da Dio

Secondo la tesi erronea del democratismo moderno il potere viene dal popolo, cioè dal basso e non da Dio o dall’Alto. Invece il potere viene da Dio, Causa prima e fonte di ogni cosa, ed è trasferito dagli elettori all’eletto come l’acqua che attraverso un canale viene dalla fonte (Dio), e non dal canale (popolo), e giunge al Governante che lo possiede e non ne ha solo l’uso. Solo se colui che governa diventa tiranno o governa non per il bene comune, allora la sanior pars populi può ritirargli de facto il potere che de jure già Dio non gli accorda più, poiché è esercitato contro Dio e la sua Legge.

Gli uomini e le famiglie per vivere assieme e virtuosamente devono necessariamente avere un Governante, un’Autorità. Perciò la Società civile è divisa in Governanti che devono comandare (far leggi, farle rispettare e castigare chi le vìola) e sudditi che devono obbedire. Il vero Sovrano, però, è Dio e non la volontà popolare, che al massimo può scegliere un Governante al quale il potere deriva remotamente da Dio attraverso il popolo, che funge da canale in maniera prossima.

Dopo il peccato originale l’uomo è soggetto all’ignoranza e all’errore. Solo Dio e il Magistero della Chiesa, quando quest’ultimo vuol definire e obbligare a credere una verità di Fede o di Morale, sono infallibili. Il popolo elettore non partecipa dell’ infallibilità divina, come invece ne partecipa il Magistero pontificio o universale in determinate condizioni. Nessuno ha mai promesso l’ infallibilità al popolo, tranne i demagoghi e i modernisti, i quali si sono serviti per i loro interessi delle decisioni che hanno fatto prendere alla massa manovrata da loro, rifugiandosi dietro il paravento dell’ infallibilità dell’ elettorato popolare.

 

• Popolo e massa

Pio XII insiste molto sulla distinzione tra “popolo” e “massa”. Il “popolo vive e si muove di vita propria” (Pio XII, Radiomessaggio al mondo intero, 24 dicembre 1944), ha una forma, un atto, un essere, una vita sua; invece “la massa è moltitudine amorfa” o senza forma o principio di vita, materia passiva, indeterminata, senza atto o perfezione. Il Papa continua: “la massa è di per sé inerte, e non può essere mossa che dal di fuori. Il popolo vive della pienezza di vita degli uomini che lo compongono”. Perciò il popolo è costituito da uomini intelligenti e liberi, che hanno princìpi e convinzioni, sono padroni di se stessi e conoscono i loro obblighi e diritti; mentre la massa è pura potenzialità che viene mossa e diretta da qualcuno al di fuori di essa come un carro trascinato dai buoi. Essa è composta da entità “sub-umane” prive di convinzioni proprie, di princìpi, di una sana morale, senza iniziativa propria; perciò vive di istinti, passioni e sentimenti sregolati senza alcuna subordinazione alla ragione e alla libera volontà. L’uomo facente parte della massa non è “l’animale razionale” aristotelico, ma “l’animale sensitivo” della post-modernità nichilistica, la quale con lo scoppio del Sessantotto ha reso l’uomo una “pecora matta”, che – come diceva nel 1944 Pio XII – “è un facile trastullo nelle mani di chiunque ne sfrutti gli istinti o le impressioni sensibili” (Radiomessaggio al mondo intero, 24 dicembre 1944). In conclusione il popolo non è la maggioranza quantitativa, ma è la parte qualitativamente migliore della Società (sanior pars populi). Il democratismo moderno non ha nulla a che vedere con l’idea aristotelica e tomistica di sana democrazia classica, che è la popolazione di un Paese dotata di forte personalità individuale e sociale.

 

Il culto cieco del valore numerico

Pio XII ricorda che, se il popolo non è per se stesso infallibile, la massa quasi sicuramente erra, priva com’è di convincimenti, di vera libertà e schiava dell’opinione pubblica, che è manipolata dai burattinai, i quali tirano i fili che fanno muovere i burattini. Ora, ci si può chiedere: il suffragio universale del democratismo esprime la volontà della massa manovrabile e manovrata o quella del popolo o sanior pars Societatis? Il popolo è una Società civile, organica, viva e vivente, gerarchica come ogni corpo, ordinata, non appiattita e livellata, in cui le differenze formano l’armonia e la bellezza (immaginatevi una mano le cui cinque dita siano tutte eguali: sarebbe mostruosa!). Perciò, quando tutti possono pronunciarsi con lo stesso valore su ogni cosa e quando i pareri espressi valgono tutti allo stesso modo, de facto questo sistema esprime la volontà della massa e non della sanior pars populi. La votazione più celebre della storia umana è quella che condannò a morte Gesù e liberò Barabba. Durante il processo di Gesù alcuni degli Scribi e dei Sacerdoti erano contrari alla sua condanna, lo stesso Pilato lo era, ma la massa aizzata dal Sinedrio votò a maggioranza la morte di Gesù e la libertà di Barabba. Ciò basta  a dimostrare che il sistema del suffragio universale, il quale conferisce alla sola maggioranza numerica o quantitativa, a discapito di quella qualitativa, il diritto di stabilire una legge e di affermare una verità, non rappresenta la volontà dell’ autentico popolo organico e vivo, ma della massa amorfa o informe, pronta ad essere manipolata, come l’argilla da parte del vasaio.

Pio XII stigmatizza questa tendenza e la definisce il “culto cieco del valore numerico”. Il cittadino o civis non conta per quel che è o vale secondo il suo grado di civiltà, ma come quantità, numero o voto o apporto elettorale che rende possibile al “potere”, nel senso deteriore del termine, di continuare a mantenere il consenso ed il governo. Di fronte a questo pericolo verso cui si stava avviando anche l’ Europa, Pio XII cercò di porre riparo proponendo la riaffermazione dei princìpi della filosofia perenne teoretica e sociale e indicando un ordine sociale futuro in cui le istituzioni politiche potessero dipendere non dal “culto cieco del numero”, ma dall’ordine organico e naturale della sanior pars Societatis.

Lo scopo dello Stato è quello di aiutare le famiglie e gli individui che la compongono a conseguire la “vita virtuosa” nella linea tracciata dal Decalogo, il quale soltanto può far conseguire il bene individuale e sociale, privato e comune. La modernità, invece, ha una concezione meccanicistica dello Stato e della politica, ossia l’uomo, la famiglia e la Società civile non sono naturalmente ordinati ad un fine, che è il bene comune naturale, virtuoso e soprannaturale, ma sono come una macchina (v. Cartesio, homme animal machine) non organica o viva, ma studiata e progettata a tavolino (già a partire da Machiavelli, per giungere tramite gli ideologi del 1789 sino al marxismo revisionato e al teo-liberalismo) come un insieme di rotelle o meccanismi, che si muovono non per vita che possiedono dentro se stessi (“vivere est movere seipsum”, Aristotele), ma per un movimento che viene dall’esterno o “etero-diretto”. Nel campo culturale e morale non dominano più i valori oggettivi conformi alla legge naturale e divina, ma la libertà individuale intesa come valore assoluto o fine e non come mezzo per cogliere uno scopo, liberata perciò da ogni vincolo e legge oggettiva.

La quantità non è né può essere il criterio supremo. Ora nella democrazia moderna o democratismo rousseauiano, è il “culto del numero” ossia proprio la quantità dei voti che diventa criterio supremo di verità e di bontà;  così se la maggioranza decide che l’aborto è legale, l’infanticidio diventa legge di Stato. Non è la qualità o chi ragiona secondo verità e giustizia, ma il “numero amorfo” a stabilire ciò che è vero e buono!

(continua)

Augustinus

 

 


[1] S. Th., I-II, q. 95, a. 4; ivi, q. 105, a. 1, in corpore; Suppl., q. 37, a. 1, ad 3; I-II, q. 50, a. 1, ad 3.