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Categoria: Anno 2012

La nuova forma di Consacrazione rende invalida la nuova Messa?

“Per molti” o “per tutti”?

Il problema si pone soprattutto, ma non soltanto,  quanto alla traduzione delle parole latine “pro multis” (per molti), appartenenti alla consacrazione del calice, con "per tutti”. Alcuni vi vedono, oltre che una mutazione sostanziale della forma del sacramento eucaristico, anche una tendenza a favorire l'eresia, risalente ad ORIGENE (+254), della “apocatastasi”, secondo cui alla fine tutti gli uomini ed anche i diavoli si salveranno. I critici più radicali, perciò, giungono a sostenere che la mutazione dell’essenza del Sacramento dell’Eucarestia, cui soggiace l'eresia dell’apocatastasi, renderebbe impossibile la consacrazione e pertanto la nuova Messa sarebbe invalida.

 

Per giustificare la traduzione "per tutti" si dice che in Mt. XXVI, 28 vi sarebbe un modo di dire semitico in base al quale "i molti" potrebbe significare anche “tutti”. Ma nel nostro caso l'articolo determinativo “i” davanti a "molti" manca e, anche se ci fosse, il greco “oi polloi significa "i più", ma non "tutti". Infine bisogna sottolineare come il “per tutti” non si trova nelle due fonti della Rivelazione: la  S. Scrittura e la Tradizione liturgica di origine apostolica, ossia in nessuna antica versione né in nessuna delle diverse liturgie latine ed orientali.

Per quanto riguarda la validità della consacrazione nella nuova Messa, il “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae” presentato dai cardinali ALFREDO OTTAVIANI e ANTONIO BACCI a PAOLO VI nel 1969 osserva nella nota n° 15: «Le parole della Consacrazione, quali sono inserite nel contesto del Novus Ordo, possono essere valide in virtù  dell’intenzione del ministro. Possono non esserlo perché non lo sono più ex vi verborum o più precisamente in virtù del modus significandi che avevano finora nella Messa [i due punti narrativi hanno rimpiazzato il punto a capo della forma esplicitamente consacratoria, ndr]. I sacerdoti, che, in un prossimo avvenire, non avranno ricevuto la formazione tradizionale e che si affideranno al Novus Ordo al fine di “fare ciò che fa la Chiesa” consacreranno validamente? È lecito dubitarne».  Vale a dire, data la forma grafica della Consacrazione nel nuovo Messale, la formula del Novus Ordo non è più in sé “strettamente parlando” o “propriamente” una forma esplicita (ex vi verborum) di Sacramento, ma solo impropriamente o implicitamente e in virtù dell’intenzione del sacerdote lo può diventare. Si pone, perciò, un problema per i sacerdoti de-formati con la “nuova teologia”, i quali potrebbero non rendere per assenza di intenzione ‘forma del Sacramento dell’Eucarestia’ in senso stretto quella che è solo una ‘forma sacramentale’ in senso lato, implicito o improprio.

La traduzione in lingua volgare del “pro multis” in “per tutti” ha subìto una correzione e riconversione ufficiale (da parte della ‘Congregazione del Culto divino’, 17 ottobre 2006) dal “per tutti” al “per molti”, conformemente al testo latino pro multis, correzione, però, che per ora è rimasta solo teorica.

 

La formula della consacrazione secondo la Tradizione

Occorre sapere che papa INNOCENZO III nell’Epistola Cum Martha circa (29 novembre 1202) al vescovo di Lione, il quale gli chiedeva chi avesse aggiunto alla ‘forma’ che Cristo pronunciò, quando transustanziò il pane e il vino nel suo Corpo e Sangue, le parole “mistero della Fede” che nessuno degli evangelisti ha impiegato (DB, 414), rispondeva: “In realtà, ci sono molte cose, sia quanto ai fatti che ai detti di N. Signore, le quali sono omesse dagli evangelisti, che gli Apostoli completarono o oralmente o con l’azione. […]. Perciò Noi crediamo che le parole della forma consacratoria, quale si trova nel Canone della Messa, sono state consegnate da Gesù Cristo agli Apostoli e da questi ai loro successori” (DB, 415). Inoltre il Concilio di Firenze del 1442 precisa: «Poiché nel Decreto per gli Armeni, riportato sopra, non si parla della formula  che la Santa Chiesa romana, confermata dalla dottrina e dall’autorità degli Apostoli Pietro e Paolo, ha sempre usato nella consacrazione del Corpo e del Sangue del Signore, abbiamo deciso di inserirla qui. Ecco la formula usata nella consacrazione del Corpo del Signore: “Questo è il mio Corpo”. In quella del  Sangue, invece: “Questo è il calice del mio Sangue, per la nuova ed eterna Alleanza, mistero della Fede, versato per voi e ‘per molti’ in remissione dei peccati”» (DB, 715). Infine il Catechismo tridentino, n° 216, spiega che «si deve ritenere per Fede che essa (la forma della consacrazione del vino) è costituita dalle parole: Questo è il calice del Sangue mio, della nuova ed eterna Alleanza (mistero della Fede!), che sarà sparso per voi e ‘per molti’ in remissione dei peccati. Molte di queste parole sono prese dalla S. Scrittura; le altre la Chiesa le ha ricevute dalla Tradizione apostolica. [….]. Ma occorre esaminare con più diligenza le parole della consacrazione del vino […]. Le parole per voi e ‘per molti’ prese separatamente da Matteo (XXVI, 28) e da Luca (XXII, 20) sono riunite dalla santa Chiesa, ispirata da Dio, per esprimere il frutto e l’utilità della passione. Infatti se consideriamo l’efficace virtù della Passione, dobbiamo ammettere che il Sangue del Signore è stato sparso per la salute di tutti; ma se esaminiamo il frutto che gli uomini ne hanno ritratto, ammetteremo facilmente che ai vantaggi della Passione vi partecipano non tutti, ma soltanto molti […]. Con ragione dunque non è stato detto ‘per tutti’, trattandosi qui solo dei frutti della Passione, la quale apporta salvezza soltanto agli eletti (=a coloro che l’accettano e vi cooperano)”.

In linea di principio, infatti, bisogna tenere distinte due cose: 1°) da un lato la volontà antecedente di Dio di salvare tutti gli uomini, attestata espressamente da S. PAOLO, che scrive in 2 Cor V,15: "Cristo è morto per tutti"; 2°) dall'altro il problema della differenza tra la redenzione offerta da Dio e la cooperazione dell’uomo alla grazia di Cristo. In proposito scrive S. GIOVANNI CRISOSTOMO nel suo Commento alla Lettera di S. Paolo agli Ebrei (XVII, 2): "(Cristo) è morto per tutti, per salvare tutti per quanto sta in Lui, poiché la sua morte compensa la corruzione di tutti gli uomini. Ma non ha portato via i peccati di tutti perché non tutti gli uomini vollero essere salvati".

 

Illecita, non invalida

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