La nuova messa è in rottura con la tradizione liturgica apostolica? 1a parte

● «Le preghiere del nostro Canone si trovano nel trattato De Sacramentis (fine del IV-V secolo) [...]. La nostra Messa risale, senza mutamento essenziale, all'epoca in cui si sviluppava per la prima volta dalla più antica liturgia comune [circa trecento anni dopo Cristo]. Essa serba ancora il profumo di quella liturgia primitiva, nei giorni in cui Cesare governava il mondo e sperava di poter  spegnere la Fede cristiana; i giorni in cui i nostri padri si riunivano avanti l'aurora per cantare un inno a Cristo come a  loro Dio [cfr. Plinio junior, Ep. 96]. Non vi è, in tutta la cristianità, rito altrettanto venerabile quanto la Messa romana» (A. Fortescue, La Messe, Parigi, Lethielleux, 1921).

 

● «Il Canone romano risale, tale e quale è oggi, a San Gregorio Magno. Non vi è, in Oriente come in Occidente, nessuna  preghiera eucaristica che, rimasta in uso fino ai nostri giorni, possa vantare una tale antichità! Agli occhi non solo degli  “ortodossi”, ma degli anglicani e persino dei protestanti che hanno ancora in qualche misura il senso della Tradizione, gettarlo a mare equivarrebbe, da parte della Chiesa Romana, a rinnegare ogni pretesa di rappresentare mai più la vera  Chiesa Cattolica» (P. Louis Bouyer, Mensch und Ritus, 1964).

● «La Liturgia Romana è rimasta pressoché immutata attraverso i secoli nella sua sobria e piuttosto austera forma risalente ai primi cristiani. Essa s’identifica con il Rito più antico. Nel corso dei secoli, molti Papi hanno contribuito alla sua configurazione: San Damaso papa (+384), per esempio, e successivamente soprattutto San Gregorio Magno (+604) […]. La Liturgia damasiano-gregoriana  è quella che è stata celebrata nella Chiesa latina sino alla riforma liturgica dei nostri giorni. Non è quindi esatto parlare di abolizione del Messale di “San Pio V”. A differenza di quanto è avvenuto oggi in maniera spaventosa, i cambiamenti apportati al Missale Romanum nel corso di quasi 1400 anni non hanno toccato il Rito della Messa: si è bensì trattato solo di arricchimenti, per l’aggiunta di feste, di Propri di Messe e di singole preghiere […]. Non esiste in senso stretto una “Messa Tridentina” o “di San Pio V”, per il fatto che non è mai stato promulgato un nuovo Ordo Missae, in seguito al Concilio di Trento, da San Pio V. Il Messale che San Pio V fece approntare fu il Messale della Curia Romana, in uso a Roma da molti secoli e che i Francescani avevano già introdotto in gran parte dell’ Occidente; un Messale, tuttavia, che non era mai stato imposto universalmente, in modo unilaterale dal Papa. […]. Sino a Paolo VI, i Papi non hanno mai apportato alcun cambiamento all’Ordo Missae, ma solo ai Propri delle Messe per le singole festività. […]. Noi parliamo piuttosto di Ritus Romanus e lo contrapponiamo al Ritus Modernus. […]. L’unico punto su cui tutti i Papi, dal secolo V in poi, hanno insistito è stata l’ estensione di questo Canone Romano alla Chiesa universale, sempre ribadendo che esso risale all’Apostolo Pietro. […]. Il rito Romano si può definire come l’insieme delle forme obbligatorie del Culto che, risalenti in ultima analisi a N. S. Gesù Cristo, si sono sviluppate nei dettagli a partire da una Tradizione apostolica comune, e sono state più tardi sancite dall’Autorità ecclesiastica. […]. Un Rito che nasce da una Tradizione apostolica comune […] non può essere rifatto ‘ex novo’ nella sua globalità. […]. Ha il Papa il diritto di mutare un Rito che risale alla Tradizione apostolica e che si è formato nel corso dei secoli? […]. Con l’Ordo Missae del 1969 è stato creato un nuovo Rito. L’Ordo tradizionale è stato totalmente trasformato e addirittura, alcuni anni dopo, proscritto. Ci si domanda: un così radicale rifacimento è ancora nel quadro della Tradizione della Chiesa? No. […]. Nessun documento della Chiesa, neppure il Codice di Diritto Canonico, dice espressamente che il Papa, in quanto Supremo Pastore della Chiesa, ha il  diritto di abolire il Rito tradizionale. Alla ‘plena et suprema potestas’ del Papa sono chiaramente posti dei limiti […]. Più di un autore (Gaetano, Suarez) esprime l’ opinione che non rientra nei poteri del Papa l’abolizione del Rito tradizionale. […]. Di certo non è compito della Sede Apostolica distruggere un Rito di Tradizione apostolica, ma suo dovere è quello di mantenerlo e tramandarlo. […]. Nella Chiesa orientale e occidentale non si è mai celebrato versus populum, ma ci si è volti ad Orientem […]. Che il celebrante debba rivolgere il viso al popolo fu sostenuto per la prima volta da Martin Lutero. […]» (Klaus Gamber, La riforma della Liturgia Romana. Cenni Storici – Problematica, 1979, tr. it., Roma, Una Voce, giugno/ dicembre 1980).

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La nuova Messa

Il 3 aprile 1969, Paolo VI pubblicò la Costituzione apostolica Missale Romanum, che promulgava due documenti relativi alla riforma del rito della Messa: l’Institutio generalis Missalis Romani ed il nuovo Ordo Missæ, cioè il nuovo testo della Messa e le rubriche che lo concernono.

Questo articolo ricalca  e riassume il “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae” presentato nella festa del Corpus Domini del 1969 dai cardinali Ottaviani e Bacci a Paolo VI (il cui testo integrale si può leggere sul sito www.unavox.it) e lo studio di Arnaldo Vidigal Xavier Da Silveira redatto in portoghese tra il 1970-1971 (La nouvelle Messe de Paul VI. Q’en penser?, tr. fr., Chiré, 1975, il cui testo italiano integrale si può consultare sul sito www.unavox.it) e presentato da monsignor Antonio De Castro Mayer vescovo di Campos (che aveva partecipato alla sua stesura) a Paolo VI. Vi esamineremo (analogamente a ciò che ha fatto recentemente monsignor Brunero Gherardini sulla continuità o rottura tra Concilio Vaticano II e Tradizione apostolica dogmatico/morale) se la nuova Messa, che è la “Fede pregata” (“lex orandi, lex credendi”), sia in rottura o in continuità oggettiva con la Messa di Tradizione apostolica o Tradizione apostolica liturgica, senza voler giudicare né le intenzioni di chi l’ha concepita né l’atteggiamento di chi l’ha subìta avendola dovuta celebrare o avendovi assistito, convinto di obbedire all’Autorità.

 

La prima denuncia di discontinuità: il “Breve Esame Critico” e il suo valore

Innanzi tutto riportiamo il ‘cuore’ della «Lettera di presentazione del “Breve Esame Critico del Novus Ordo Missae”» inviata dai cardinali Alfredo Ottaviani e Antonio Bacci  a  Paolo VI:

«Esaminato e fatto esaminare il Novus Ordo […] sentiamo il dovere, dinanzi a Dio ed alla Santità Vostra, di esprimere le considerazioni seguenti:

1) Come dimostra sufficientemente il pur ‘Breve Esame Critico’ allegato […] il Novus Ordo Missæ, considerati gli elementi nuovi, […] rappresenta, sia nel suo insieme come nei particolari, un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino, il quale, fissando definitivamente i “canoni” del rito, eresse una barriera invalicabile contro qualunque eresia che intaccasse l’integrità del Magistero. […].

2) […] Quanto di nuovo appare nel Novus Ordo Missae […] potrebbe dare forza di certezza al dubbio – già serpeggiante […] – che verità sempre credute dal popolo possano mutarsi o tacersi senza infedeltà al sacro deposito dottrinale cui la Fede cattolica è vincolata in eterno.

3) Sempre i sudditi, al cui bene è intesa una legge, laddove questa si dimostri viceversa nociva, hanno avuto, più che il diritto, il dovere di chiedere con filiale fiducia al legislatore l’abrogazione della legge stessa».

Il card. Ottaviani era allora Prefetto del ‘S. Uffizio’, cioè della ‘Suprema Congregazione’, che vigilava sulla ortodossia delle dottrine insegnate nel mondo, grazie ad un mandato ricevuto dalla Chiesa. Il cardinal Bacci era esperto in teologia e in latino presso la Segreteria di Stato sin dal 1921. Quindi questa “Lettera” ha tutt’oggi – nonostante i suoi 43 anni – un valore intrinseco, data l’alta conoscenza della teologia, del diritto, della liturgia e della storia da parte dei suoi due Autori, ed un valore estrinseco, poiché deriva dall’Autorità Suprema allora deputata dal Papa stesso a decidere su ciò che è o no conforme alla dottrina e morale cattolica.

Il Breve Esame Critico è stato esaminato direttamente dai due cardinali e fatto esaminare dagli esperti del S. Uffizio e i due cardinali si dicono “obbligati ad esprimersi” sul Novus Ordo perché esso ‘si allontana in modo impressionante dalla teologia cattolica sul Sacrificio della S. Messa definita infallibilmente ed irrevocabilmente dal Concilio di Trento. È la constatazione della rottura o discontinuità tra la Messa di Tradizione apostolica e la nuova Messa di Paolo VI, della quale i due cardinali chiedono la “abrogazione”, poiché una legge deve essere promulgata ad bonum commune obtinendum, per il bene comune, mentre la nuova riforma liturgica è “nociva” per le anime (e vedremo il perché).

 

Il contenuto del “Breve Esame critico”

Riportiamo ora l’essenza del “Breve Esame Critico”:

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