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Categoria: Anno 2011

INFLUSSO DEL COMUNISMO SUL MODERNISMO

«Solo un ateo può essere un buon cristiano […], solo un cristiano può essere un buon ateo»(Ernst Bloch, Ateismo e cristianesimo).

Introduzione

San Pio X ha definito il modernismo “cloaca che raccoglie tutte le eresie” (Pascendi, 1907) e “setta segreta” (Sacrorum Antistitum, 1910). Abbiamo già visto l’influsso che hanno avuto sul modernismo sociale il liberalismo, lo gnosticismo e l’ esoterismo cabalistico, l’influsso della filosofia moderna sul modernismo classico condannato da papa Sarto e della filosofia nichilistica sul neo-modernismo o nouvelle théologie condannata da Pio XII (Humani generis, 1950). Vediamo ora quale influsso ha avuto il comunismo sul modernismo sociale (“Democrazia cristiana”) e il post-comunismo sul neo-modernismo (“teologia della liberazione”).

La filosofia moderna è completamente antropocentrica perché al suo centro sta l’uomo e tendenzialmente antropolatrica perché identifica l’uomo con Dio. La tendenza prevalente dell’antropologia moderna e contemporanea è “massimalista”, poiché esagera la potenza umana, attribuendole la capacità positiva di auto-trascendersi e giungere da sé al soprannaturale, elimina la contraddittorietà tra Fede e ragione, ma dà alla ragione una capacità implicitamente e intrinsecamente soprannaturale, che invece non ha, e quindi nega la gratuità della grazia tendendo verso il panteismo. Questa tendenza prevale tuttora in ambiente cattolico postconciliare nonostante la condanna di San Pio X del Modernismo classico: Tyrrel, Loisy, Buonaiuti (Pascendi, 1907) e la condanna di Pio XII del Neo-modernismo: Teilhard, de Lubac, Rahner, Daniélou, von Balthasar ecc. (Humani generis, 1950).

Nel presente articolo vedremo quali filosofi abbiano influito sull’antropologia massimalista e panteista, letta alla luce del Marxismo.

“ L’Unico” di Max Stirner

Mentre Hegel ha risolto e dissolto il Cristianesimo nello Spirito o Idea assoluta, la sinistra hegeliana ha cercato di sposare il Cristianesimo alla materia. Uno dei maggiori autori che ha capovolto l’idealismo o “spiritualismo” hegeliano in materialismo è Max Stirner, pseudonimo di Johan Caspar Schmidt, nato in Germania a Bayreuth il 23 ottobre 1806. Egli ha studiato filosofia con Schleiermacher ed Hegel, successivamente si è avvicinato a Feuerbach e al materialismo o hegelismo di sinistra. È morto a Berlino il 25 giugno 1856.

La sua opera più nota è L’Unico e le sue proprietà (1845), in cui studia l’uomo, che secondo lui è “L’Unico” da un punto di vista “massimalista”, e divide la storia della filosofia in tre epoche: l’antichità classica, la cristianità e la modernità. Egli critica l’antichità in quanto studiava soprattutto la Polis mettendo in rilievo il carattere socievole dell’uomo. Il Cristianesimo, poi, è da lui avversato radicalmente in quanto teo-centrico, mentre “Dio è nulla e pura menzogna”[1]. La modernità, infine, è l’era della libertà e della secolarizzazione, che detronizza Dio e pone l’uomo al Suo posto.

Stirner, da puro anarchico, rifiuta non solo lo Stato etico di Hegel, ma anche la Società comunista e collettivistica di Marx sogna l’ apogeo del singolo, senza alcuna società (familiare e civile). Perciò la sua antropologia è stata definita “ego-centrica”, in quanto studia il singolo “Io” nella sua unicità, che non ammette nessun confronto con gli altri, in quanto il singolo “Io” è l’Unico, non è un “io” accanto ad altri[2]. L’Io di Stirner è paragonabile a Dio: egli è ineffabile, indescrivibile e si può dire di lui solo ciò che “non è” (nichilismo filosofico e teologico).

 

Anche se in contrasto con la tendenza comunitaria del nuovo-cristianesimo, Stirner lo precorre quanto al concetto di “valore assoluto e inamissibile della persona umana” (DH), che è “fine a se stessa” (GS, 24). Ma Stirner stesso aveva scritto: «Ho fondato il mio desiderio del Singolo assoluto su nulla»[3]. Quindi il neomodernismo come lo stirnerismo o nichilismo egocentrico si fonda sul nulla (l’io umano senza Dio) e conduce al nulla ovvero al disastro ecclesiale postconciliare[4].

 

Comunismo e collettivismo in Feuerbach

Ludwig Feuerbach nacque il 28 luglio del 1804 in Baviera. Studiò teologia a Heidelberg e filosofia a Berlino con Hegel. Le sue opere più interessanti ai fini di questo nostro articolo sono L’essenza del cristianesimo (1847), Lezioni sull’essenza della religione (1851) e Teogonia ossia l’origine di Dio (1857). Morì il 13 novembre del 1872[5].

La filosofia moderna (Cartesio-Hegel) è essenzialmente antropocentrica perché «il suo centro di riflessione non è il mondo né Dio, ma l’uomo. Però sino a Feuerbach nessuno aveva spinto l’ antropocentrismo sino alla negazione di Dio. […]. La tesi fondamentale di Feuerbach è l’identificazione dell’uomo con Dio. […]. Egli fa dell’uomo l’essere supremo, identificandolo con Dio»[6].

Stirner filosoficamente identifica l’oggetto col soggetto e teologicamente riduce la teologia (studio di Dio come oggetto di conoscenza) ad antropologia (studio del soggetto umano conoscente). Infatti scrive: «L’ uomo [soggetto] esiste per conoscere, amare e volere. Ma qual è il fine [oggetto] della ragione? è la ragione stessa [soggetto e oggetto coincidono]; dell’amore? l’amore; del volere? il volere. […]. Questa è la divina trinità nell’uomo: unità di ragione, amore e volontà nell’uomo. […]. Il “dio” dell’uomo è l’essere stesso dell’uomo […], noi non possiamo affermare qualcosa d’altro, senza affermare noi stessi»[7]. Ma Feuerbach va anche oltre perché identifica l’individuo, che è mortale, con la specie umana, ossia con il genere umano, che è Dio e quindi immortale. Per Feuerbach il vero Uomo non è il singolo individuo, ma la specie umana. Perciò quando parla di “uomo” come Essere supremo, egli intende l’Umanità e non la singola persona umana. La dimensione collettiva dell’uomo di Feuerbach porta al collettivismo e al comunismo. Il modernismo, che accentua il senso di appartenenza alla “comunità” e lo mette innanzi e al di sopra della questione della salvezza dell’anima e della gloria di Dio, risente di questo indirizzo comunista e collettivista proprio di Feuerbach.

Inoltre Feuerbach dopo aver capovolto la teologia in antropologia, ed aver dato una visione collettivistica dell’essere umano, cosa che fa anche il modernismo e il neo-modernismo di stampo marxista (vedi cristiani per il socialismo e teologia della liberazione)[8], affronta il tema della sensibilità e del cuore in Princìpi di una filosofia dell’ avvenire (1843), che – osserva padre Battista Mondin – sensibilità e cuore “sono la preoccupazione maggiore di Feuerbach”[9], per il quale solo ciò che è sentito e amato esiste. Anche il modernismo si fonda specialmente sul sentimento o esperienza religiosa che scaturiscono dal subconscio dell’uomo[10].

Feuerbach aveva progettato di dissolvere la religione mediante la sua filosofia immanentistica, collettivistica e sentimentalistica. Il suo progetto fu ripreso nei primi anni del Novecento dai modernisti (Loisy, Tyrrel, Buonaiuti), che furono condannati e bloccati da S. Pio X (1907-1910) per circa mezzo secolo, e nella seconda metà del Novecento è stato ripreso dai neo-modernisti, condannati nel 1950 da Pio XII (Humani generis). Alla sua morte (1958), però, grazie all’appoggio di Giovanni XXIII i neomodernisti sono riusciti ad occupare i posti chiave della Chiesa e ad iniziare la dissoluzione della dottrina tradizionale mediante la filosofia moderna e la teologia soggettivistica, sentimentalistica e persino comunistica (v. “teologia della liberazione”). Quindi, nello studio del modernismo, non si deve trascurare l’influsso dell’ hegelismo di sinistra, il quale, se non è stato l’anima dell’eresia modernistica, (anima ne è soprattutto il soggettivismo relativista e l’ immanentismo panteista), ne è pur tuttavia uno degli elementi integranti.

Feuerbach è il padre dell’ateismo moderno perché «da lui discendono più o meno direttamente l’ateismo vitalistico di Nietzsche, l’ateismo utopistico di Bloch, l’ateismo teologico di Altizer e Hamilton, indirettamente l’ateismo socio-politico di Marx-Engels, e l’ateismo scientifico di Comte, nonché l’ateismo psicoanalitico di Freud»[11].

 

Il “non ancora” di Ernst Bloch

Ernst Bloch nacque in Renania nel 1885. Sin da giovane si appassionò allo studio del materialismo. Poi – di fronte allo scacco dello stalinismo – strinse amicizia con Teodoro Adorno, Lukacs e Walter Benjamin e propose un marxismo rivisitato o revisionismo marxista, che è stato chiamato “comunismo dal volto umano”. Nel 1933 dovette emigrare in Usa assieme agli amici della Scuola di Francoforte e nel 1949 rientrò in Germania. È morto a Stoccarda il 4 agosto del 1977. Le sue opere più importanti quanto al soggetto da noi trattato nel presente articolo sono: Il principio speranza (1959), Ateismo e cristianesimo (1968).

Bloch ha cercato di rivisitare il marxismo e di sganciarsi dal materialismo storico (primato dell’ economia, lotta di classe, dittatura del proletariato) per privilegiare il materialismo dialettico, che tuttavia ha ritoccato sostituendo al principio della dialettica quello del “non-ancora”, della possibilità, e l’ assunzione del principio-speranza.

La filosofia di Bloch è «attraversata da una forza messianica e da una volontà di cambiamento. In questa volontà di rovesciamento confluiscono i diversi elementi culturali in cui si è sviluppato il suo pensiero: il messianismo ebraico, il vitalismo di Simmel e l’incontro col marxismo»[12]. Il marxismo fornisce a Bloch la categoria dello ‘stato di alienazione’ in cui vive l’uomo. Tale alienazione, però, non è causata per Bloch dall’economia capitalistica – come pensava Marx – ma dalla constatazione che l’universo è incompiuto, imperfetto (“non-ancora”) e tende al suo compimento (“possibilità-speranza”). Si vede qui come lo gnosticismo, il manicheismo, il millenarismo gioachimita, che considerano il mondo, la materia, il creato deficienti e persino malvagi, abbiano influito su Bloch, per il quale la radice suprema di tutte le cose è la possibilità o la speranza di completare il non-ancora o l’imperfetto[13].

L’attualità di Bloch consiste nel fatto di concedere una notevole importanza pratica o di convenienza alla religione. Tuttavia, non bisogna lasciarsi ingannare. Infatti secondo Bloch, quando l’uomo spiega la sua esistenza con categorie religiose (Dio, anima, immortalità, eternità), allora  è veramente alienato da se stesso e schiavo di un “Altro” (Dio). Ma la sola negazione di tali concetti, non lo libera dall’ alienazione, come riteneva Marx, poiché l’uomo resta pur sempre nell’ imperfezione, nella possibilità e nel non-ancora. In realtà la religione è una “spia”, un segnale d’insoddisfazione dell’uomo per il suo essere limitato, che proietta nella Trascendenza la sua speranza. Egli deve perciò vivere la religione nell’immanenza dell’homo absconditus o Uomo dell’ Avvenire, “non-ancora” trovato, ma “possibile”, da ottenersi come immanente all’uomo stesso e non a lui trascendente (“speranza”): “Homo absconditus est homini actuali Deus; l’Uomo dell’Avvenire è il Dio dell’uomo attuale. Questo “dio” va cercato nella zona profonda, oscura, subconscia dell’umanità, che Bloch chiama “spazio utopico”. E qui si scorge un altro elemento gnosticheggiante, l’utopismo, che ha influito enormemente sul suo pensiero, assieme alla psicoanalisi freudiana, che affonda le sue radici nella cabala ebraica[14]. “Dio” è il tentativo fatto finora dall’umanità per dare un nome ed un volto a questo “spazio utopico”.

La religione è quindi vista da Bloch come la proiezione dell’uomo verso il futuro, verso il “sol dell’ Avvenire”. Perciò non è corretto dire che Bloch rivaluti la religione in seno al marxismo e così renda conciliabile l’appartenenza dei cristiani al comunismo rivisitato o “dal volto umano”. Infatti Bloch ha immanentizzato, secolarizzato, umanizzato il cristianesimo, il quale ha perso in lui la sua vera natura di religione soprannaturale, che adora un Dio personale e trascendente l’uomo, per essere sostituita con la “religione” o il culto dell’uomo futuro e perfetto, Dio di se stesso. Del cristianesimo Bloch ha lasciato solo il nome.

La stessa cosa ha fatto il modernismo, il quale tramite il kantismo ha operato nel Cristianesimo la stessa metamorfosi che Bloch ha operato mediante il neo-marxismo. Egli nella sua opera Ateismo e cristianesimo ha proposto una “de-teo/cratizzazione” ovvero una purificazione del Dio-Signore biblico, il quale va interpretato senza gli elementi teo-cratici, che vedono in Dio il Signore e Creatore del Cielo e della terra, per leggere la Bibbia solo come libro che narra l’aspirazione dell’uomo alla liberazione da ogni oppressione di questo mondo e tensione verso il futuro, l’Avvenire, il “non-ancora”[15]. Lo stesso compito si è assunta la nuova esegesi modernistica.

Il pensiero di Bloch resta ateo, anzi maschera l’ateismo franco e chiaro di Marx con una bugia, che lo rende più insidioso perché più nascosto: il panteismo o la coincidenza di teo/centrismo con antropo/centrismo. Si scorge qui in Bloch un altro elemento manicheo: la rivalità tra due princìpi assoluti: Dio e l’Uomo nuovo, la cui assolutezza è incompatibile con l’ assolutezza del primo. Ora egli cerca di superare questa incompatibilità immanentizzando e relativizzando l’assolutezza di Dio, per conferire l’assolutezza solo all’Uomo che sarebbe il creatore o l’inventore di Dio. Egli scrive «solo un ateo può essere un buon cristiano […], solo un cristiano può essere un buon ateo»[16]. Questa frase che sembra paradossale è purtroppo vera se per cristiano si intende il cultore del neo-cristianesimo modernistico, che ha rimpiazzato il Dio oggettivo e trascendente con l’Idea di Dio prodotta dal pensiero dell’uomo. Perciò l’ateo ovvero il modernista è il vero “buon” cristiano e il cristiano modernista è il “buon” ateo in quanto svuota Dio di ogni trascendenza (v. J. B. Metz, “teologia della morte di Dio”).

L’incontro, quindi, tra marxismo e cristianesimo in Bloch si risolve a tutto vantaggio del primo, che svuota il secondo e lo assorbe in sé, rendendolo una sorta di filantropismo, il quale tende alla trasformazione e liberazione dell’uomo e della società secolarizzata. La Bibbia viene letta come un messaggio rivoluzionario e sovversivo, che sfida il Dio trascendente, inizialmente col Non serviam di Lucifero, poi coll’eritis sicut Dii del serpente del paradiso terrestre, quindi con la ‘lotta di Giacobbe con Dio’, infine con ‘Gesù primo socialista’, venuto per cambiare questo mondo imperfetto e limitato, quasi fosse un “Eone” dello gnosticismo e non il Verbo Incarnato, unico Redentore e Salvatore dell’uomo ferito dal peccato originale. È evidente che la teologia di Bloch ha precorso quella modernistica[17].

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[1] M. Stirner, L’Unico e le sue proprietà, in “La sinistra hegeliana”, Antologia (a cura di) K. Lowtz, Bari, Laterza, 1966, p. 53.

[2] Ibidem, p. 62.

[3] Ibid., p. 64.

[4] Cfr. H. Arvon, Max Stirner ou l’expérience du néant, Parigi, 1973; R. W. K. Paterson, The nihilistic egoist: Max Stirner, Londra-New York, 1971.

[5] Cfr. A. Alessi, L’ateismo di Feuerbach, Fondamenti metafisici, Roma, 1975; U. Perrone, Teologia ed esperienza religiosa in Feuerbach, Milano, 1972; G. Severino, Origine e figure del processo teologico di Feuerbach, Milano, 1972; A. Del Noce, Il problema dell’ateismo, Bologna, 1964; C. Fabro, Introduzione all’ateismo moderno, 2 voll., Roma, 1969.

[6] B. Mondin, Antropologia filosofica, Bologna, ESD, 2002, 2° vol., p. 134. Cfr. Antimo Negri, “La sinistra hegeliana”, in “Grande enciclopedia filosofica, Milano, Marzorati, vol. XVIII, p. 853.

[7] L. Feuerbach, L’essenza del cristianesimo, Milano, 1973, pp. 24-25 e 27.

[8] Cfr. C. Fabro, La svolta antropologica di Karl Rahner, Milano, Rusconi, 1974; Id., L’avventura della teologia progressista, Milano, Rusconi, 1974.

[9] B. Mondin, Antropologia filosofica, cit., p. 139.

[10] Cfr. C. Fabro, voce Esperienza religiosa, in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, 1948-1954, XII voll. Cfr anche P. Parente, voce Sentimento religioso, in “Dizionario di teologia dommatica”, Roma, Studium, IV ed., 1957.

[11] Cfr. B. Mondin, cit., p. 141.

[12] B. Mondin, cit., p. 424.

[13] Cfr. E. Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Berlino, 1954, vol. 1, p. 245.

[14] Cfr. David Bakan, Freud et la mystique juive, Parigi, 1964.

[15] Cfr. F. Spadafora, La “Nuova esegesi”, Sion (Svizzera), 1997.

[16] Ateismo e cristianesimo, Milano, 1972, p. 33.

[17] Cfr. R. Bodei, Multiversum. Tempo estoria in Ernst Bloch, II ed., Napoli, 1983; G. Cunico, Essere come utopia. I fondamenti della filosofia della speranza in Ernst Bloch, Firenze, 1976; L. Hurbon, Ernst Bloch, Assisi, 1975; J. Moltmann, In dialogo con Ernst Bloch, Brescia, 1979; G. Pirola, Religione e utopia concreta in Ernst Bloch, Bari, 1977.