Categoria principale: Anteprime Notizie
Categoria: Anno 2010

STORICISMO NEOMODERNISTICO=ATEISMO PLURIAGGRAVATO

Premessa

Si può dire che i neomodernisti sono i demagoghi dello storicismo esegetico, teologico, filosofico e morale più ancora e peggio degli storicisti laicisti. Infatti i neomodernisti aggravano quest’aberrazione nichilistico-atea in un modo impossibile a denunciarsi e a smascherarsi nei termini adeguati.

Qual è il vero volto dello storicismo? Eccolo.

Storicismo = nichilismo anti-Dio, anti-Cristo, anti-Chiesa, anti-etica, anti-umanità

L’umanità è qui intesa nel senso metafisicamente creaturale contro l’equivoco dell’ “umanesimo” e, a fortiori, dell’ “antropocentrismo cristiano” che è più assurdo e contraddittorio del proverbiale cerchio quadrato. Storicismo è e significa, in altri termini, negazione radicale dell’assoluta trascendenza della Verità metafisico-teologico-etica su tutto ciò che è finito e caduco[1]. Dunque lo storicismo, a partire da quello neomodernistico in tutti i rami suddetti, pecca del “rifiuto” dell’autentico “essere”, il quale è esclusivamente l’ “essere” (esse) biblico-tomistico[2]. Si deve, pertanto, esecrare lo storicismo, a partire da quello neomodernistico, come la più naturalistica “adorazione del niente”[3].

 

Già Aristotele, sia pure coi limiti del pagano, insegna che se, per disgraziata ipotesi, assolutamente tutto fosse soggetto al divenire storico, non potrebbe esserci nessuna verità e, quindi, nessun bene[4]. Ed è illuminante il fatto che un grande teologo e filosofo tomista si giovò anche di questa fondamentale tesi aristotelica per confutare le opinioni storicistiche del neomodernismo[5]. Qualunque storicismo, anima dell’ umanesimo immanentistico, merita, pertanto, la seguente contestazione di fondo: «Se la certezza attestata dal “dubbio” è la presenza dell’atto del dubitare che è il “cogito” [da Cartesio fino Sartre e ai neomodernisti], l’affermazione del “cogito” non può trascendere l’atto stesso; e la certezza stessa del “cogito” è in proporzione del dubitare, ossia dell’escludere e del negare […] tutto ciò che “trascende” l’atto del momento, ossia […] l’atto stesso nella sua momentanea [cioè storico-storicistica] presenzialità»[6]. Ecco perché uno dei più fedeli e qualificati teologi-esegeti combatte da pari suo gli «apriorismi di chi pretende rinchiudere uomini ed eventi nel cosiddetto corso fatale della storia, poggiante sugli schemi preconcetti dei suoi filosofemi (evoluzionismo, monismo, immanentismo, relativismo, naturalismo, e umanesimo integrale), miranti alla distruzione [persino] della storia e della scienza, oltre che di ogni fede e vita spirituale»[7].

 

Già vari anni prima il nostro teologo-esegeta aveva denunciato che gli «ebrei [anticristiani] “moderni” affermano, come tutti i razionalisti, la suprema legge dell’evoluzione; […] infatti l’unica cosa permanente nella vita è il cambiamento, dichiara il rabbino Brickner. […] E non mancano, oggi,  cattolici che si mettono al passo»[8]. Era l’anno stesso in cui il venerato Pio XII promulgò la fondamentale Enciclica Humani generis (12 agosto 1950), che mette in guardia i fedeli contro lo storicismo, contro l’esistenzialismo, ateo-storicistico in quanto immanentistico e contro le altre forme di umanesimo, relativistico, o di antropocentrismo: tutte posizioni in cui del Cristianesimo non può rimanere assolutamente nulla. Eppure i neomodernisti accettano e propagandano nel modo più esaltato siffatto aids dello spirito. Come, allora, meravigliarsi se innumerevoli cristiani odierni, vittime dello storicismo neomodernistico, suscitano un insieme di ribrezzo e di commiserazione? La “cronolatria”, lamentata finanche dal penultimo Maritain, di quegli agit-prop dello storicismo ci sospinge a supporre che, al confronto con essi, Giuda fosse un po’ “meno canaglia”. Ma «l’ Incarnazione del Verbo di Vita è infinitamente al di sopra della nostra miserabile storia umana intrisa di peccato e di morte; è la “pienezza dei tempi” o “del tempo” […], come l’ha definita l’eccelso genio ispirato di Paolo, Apostolo di Gesù Cristo. La “pienezza dei tempi” non è un “momento della storia” né ha nulla in comune col messianismo mondano degli oggi strombazzati “tempi nuovi”. Si realizzò diciannove secoli fa, mistero di Assolutezza e di Eternità inseritosi nel precario tempo di noi uomini, indegni oggi non meno di allora»[9]. Tanto è vero che «la Chiesa non si è mai accordata a […] “la storia”. Essa ha capovolto la “storia”, salvando in tal caso le anime»[10].

Giacché lo storicismo neomodernistico è la rivoluzione più orribile e ripugnante sino a far sospettare fondatamente che l’ultimo e massimo Anticristo sia proprio esso[11], si deve precisare ancora che la rivoluzione è «l’odio di qualsiasi ordine non stabilito dall’uomo, nel quale egli non è né re né Dio insieme […]. Qui sta la chiave [di volta] della volontà di “cambiamento” in seno alla Chiesa: si tratta di sostituire un’ istituzione divina con un’istituzione fatta dall’uomo. E l’uomo prende il sopravvento su Dio. Invade tutto…»[12]. È questo il vero volto dell’ “antropocentrismo cristiano”, quanto mai favorito dagli «abilissimi capi, apparentemente piissimi», o «termiti», come li svergognò mons. Antonino Romeo[13]; capi secondo il cui storicistico parere «tutto il Cristianesimo  è da rifare»[14].

È fuori dubbio che lo storicismo neomodernistico è un’estrema deviazione di carattere teoretico, esiziale per l’intera teologia[15]. Ma si deve ribadire che è altrettanto certo che si tratta, in modo prioritario, di un’innominabile perversione sul piano morale[16], come dimostrano le non poche deviazioni e degenerazioni clericali, ormai note al mondo. Abbiamo imparato tutto ciò dall’ insegnamento di Gesù stesso: «Gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce perché le loro opere erano malvagie»[17]. Un esempio: sul giornale “Avvenire” (27 giugno 2010) – quotidiano della Cei – in fondo alla prima pagina viene “reclamizzato” un libro dal titolo: “Come lui ha amato. L’eros di Gesù”. È addirittura un eufemismo il chiamare “fangosa” questa bestemmia[18] intrisa di cabala ebraico-massonica.

Noi antimodernisti, perciò, siamo tenuti ad apprezzare la capitale tesi tomistica conforme a cui il riconoscimento della realtà metafisica dell’ente (ens = ogni creatura) e dell’Essere (Esse = Dio), ovvero dei fondamenti della verità e del bene, impegna la nostra volontà libera ancora più profondamente della nostra intelligenza, della nostra ragione e del nostro sapere[19]. Il rifiuto immanentistico, storicistico e neomodernistico dell’autentico essere (esse biblico-tomistico quale atto fondante di ogni perfezione) è un apice di violenza e di turpitudine[20]. Al perfetto contrario, la verità teologico-metafisico-etica è per di per sé immutabile non solo perché ogni ente creato, sia spirituale sia materiale, partecipa, più o meno intensamente, al supremo atto metafisico di essere, ma, in primo luogo e soprattutto, perché Dio è il perfettissimo, purissimo e infinito Atto di Essere, assolutamente libero dalla limitatezza ontologica delle varie essenze (peraltro ontologicamente positive) dalla quale proviene la possibilità del divenire; possibilità propria soltanto delle creature[21]. Dunque, «per poter reggere la storia, piccola o grande, dei singoli come dell’ intero genere umano, per essere cioè il principio di ciò che diviene ovunque e comunque, l’Essere [Dio] non può divenire mai e in nessun modo a causa dell’infinita differenza ontologica tra l’Essere [Dio] e l’ente [ogni creatura]. Ciò che propriamente diviene e passa nella storia […] non è l’Essere ma l’ente; perciò, se è vero che l’ente abbisogna dell’essere per essere [e quindi esistere], l’Essere sta per se stesso secondo la forma originaria dell’appartenenza essenziale»[22]. In termini equivalenti: «Il Concilio di Trento non è il passato. La Tradizione è rivestita di un carattere a-temporale»[23].

 

Vari storicisti confermano la nostra tesi

Dovendoci limitare all’essenziale, osserviamo che già Kant, il quale sviluppa il nichilismo-storicistico del cogito secondo la propria ideologia dello Io penso in generale, prodromo all’idolatria dell’Idea ad opera, per l’appunto, degli idealisti; già Kant – ripetiamo – non esita ad affermare che tutto sprofonda sotto di noi e che alla ragione teoretica non costa nulla far scomparire tanto la massima perfezione quanto la minima[24]. Di qui allo storicismo idealistico il passo è davvero breve. Con indubbia coerenza, quindi, Hegel si permette di asserire: «Se l’essenza divina non fosse l’essenza dell’uomo e della natura, sarebbe essa stessa un’essenza che non sarebbe nulla»[25]. Si tratta dello stesso pensatore che non si vergogna di spacciarsi come superiore a Dio e di bestemmiare che Dio, per essere tale, non può fare a meno del mondo[26]. Ora, chi non sa che il mondo è in continuo divenire? Sicché Hegel è uno storicista integrale e un antenato – varie differenze a parte – di uno dei principali storicisti: Benedetto Croce, il quale sostiene ed elogia così l’ aberrazione in causa: «“Storicismo”, nell’uso scientifico della parola, è l’ affermazione che la vita e la realtà è storia e nient’altro che storia. Correlativa a quest’affermazione è la negazione della teoria che considera la realtà divisa in soprastoria e storia»[27]. Ciò è più che sufficiente a dimostrare che nello storicismo non c’è posto non diciamo per il Cristianesimo, ma nemmeno per l’ “Atto puro” quale lo riconosce Aristotele.

Nella lucida consapevolezza dell’ ateismo, dall’anticristianesimo all’ antietica dello storicismo, Croce scrive che, per “merito” specialmente di Lutero, Cartesio, Spinoza, Kant, Fichte e Hegel, «Dio era sceso definitivamente dal cielo sulla terra, e non era più da cercare fuori del mondo, dove non si sarebbe trovato di esso altro che una povera astrazione, foggiata dallo stesso spirito dell’uomo in certi momenti e per certi suoi intenti. Con Hegel si era acquistata la coscienza che l’uomo è la sua storia, la storia è l’unica realtà»[28]. Notiamo che Croce, anche nel suo articolo “Perché non possiamo non dirci cristiani (“La Critica”, Napoli, 1942, vol. 60, pp. 289-297), nega la divina trascendenza come nelle altre sue opere. Eppure un vescovo neomodernista non si fece scrupolo di parafrasare il titolo di questo articolo crociano nel modo seguente: perché non possiamo non dirci laici[29]. Si tratta – ritornando al tema – dello stesso Croce che nega e schernisce l’immortalità della nostra anima spirituale[30] e che nega, nel modo più radicale, la nostra libertà autentica e la nostra conseguente responsabilità etica[31]. Si tratta dello stesso Croce che arriva al punto d’identificare satana con Dio sino a dire: «Se Dio non avesse satana in sé, sarebbe un cibo senza sale, un ideale astratto, un semplice dover essere che non è, e perciò impotente e inutile»[32]. Beninteso: se, per un’infernale ipotesi, Dio fosse quello “escogitato” dallo storicismo, Croce e i suoi pari avrebbero pienamente ragione[33].

Dello storicismo proprio dell’ esistenzialismo ateo abbiamo parlato in diversi articoli precedenti (“Alternativa dottrinale: o l’ ‘esse’ tomistico o l’ idea’ rosminiana”, sì sì no no, 15 ottobre 2009, pp. 1 ss.; “O antropocentrismo o teocentrismo”, sì sì no no, 15 febbraio 2010, pp. 1 ss. ) . Ci basta ricordare solo che la posizione, in fondo kantiano-hegeliana, di Heidegger era ammirata dai gesuiti Rahner e Lotz ed è tuttora esaltata dalla maggior parte dei neomodernisti, cui non dispiace neppure il disperato Sartre. Qui preferiamo aggiungere qualcosa sul marxismo.

Focalizziamo, anzitutto, che il marxismo non è morto affatto. Anzi, la mentalità marxistica, con il suo materialismo idoleggiante l’ economia, le ricchezze e le pluralistiche immoralità, è penetrata anche in tanti non marxisti; la cui maggioranza, più o meno liberal-borghese, non accetta il comunismo solo per il timore di venirne rapinata. E, in questo, ha ragione. Questo, però, è l’ultimo dei motivi del dovere di aborrire il comunismo. Ma che dire del filo-marxismo degli ecclesiastici? Specie per colpa loro è tuttora diffuso il pregiudizio secondo cui un tale sistema conterrebbe princìpi cristiani deformati, come farneticava il Maritain dell’Umanesimo integrale. A ciò si deve rispondere, nel modo più categorico, che l’esigenza della giustizia sociale è di per sé ottima; essa, però, ha un carattere soltanto etico, difeso già dai migliori pagani antichi. Non c’è quindi nessun “confronto” con la carità ovvero con la massima virtù soprannaturale e teologale, che è il fondamento, la radice, la madre, la forma di ogni altra virtù[34]. È inoltre sintomatico il fatto che un compianto teologo denunciò che il «fondatore e direttore di “Archeosofica” – scuola esoterica di alta iniziazione [massonica e filo-marxista] – scrive [nel 1970]: “L’ Archeosofo e l’Archeosofa sono autentici apostoli del terzo millennio, l’èra del Cristianesimo esoterico [coinvolto il marxismo stesso]»[35].

Intorno al marxismo circola, poi, un altro pregiudizio sostenuto anche da cattolici colti: vale a dire che il marxismo, attraverso il suo materialismo estremo, finirebbe con l’ attribuire alla materia i caratteri della divinità. Ma si deve controbattere che ciascun esponente del sistema in accusa nega nel modo più brutale l’esistenza stessa di Dio, la spiritualità, l’immortalità e la vera libertà della nostra anima. Infatti quell’ ideologia, di origine ebraico-massonico-hegeliana, impone di non riconoscere assolutamente nulla di diverso e superiore alla materia. Proprio come denuncia il Concilio Vaticano I[36]. Si può pertanto sottolineare che i social-comunisti consapevoli della diabolicità di quella ideologia furono scomunicati da Pio IX prima ancora che da Pio XII nel 1949 (DS, 3865). In realtà, la Chiesa ha preso atto, e ha ammonito i fedeli, che quei ribelli si sono separati da essa di loro piena volontà e con piena coscienza della loro apostasia.

Ben lungi dal rimandare a Dio, il principio social-comunista dell’ “auto-movimento” o “auto-cinesi” della materia è finalizzato al rifiuto preciho e di ogni altra realtà spirituale. È vero, al perfetto opposto, che in ogni ordine di realtà ciò che si muove è sempre mosso da qualcos’altro; in primo luogo perché in ogni ente finito l’atto e la potenza sono due princìpi veramente, concretamente diversi e distinti[37]. Immaginiamo, per un istante, che si realizzi l’ “auto-cinesi” in discorso: non ci sarebbe, ipso facto, nessun colpevole di nessuna violenza perché le armi… si fabbricherebbero da sole e funzionerebbero da sole; chiunque sarebbe necessitato a fare ciò che fa proprio dall’ “auto-cinesi” o “auto-movimento”; e Gesù, considerato una “particella” (cfr. Spinoza e allievi) dell’universo materiale, sarebbe… finito suicida; parimenti i suoi Martiri. Eppure, secondo non pochi ecclesiastici e “politicastri” loro inservienti[38], il marxismo va considerato un’ “eresia cristiana”. Peggio che sognare… un inchiostro bianco!

Passiamo, dunque, alla sorgente di questa catastrofe assolutamente senza pari[39].

Il Concilio Vaticano II, ecco il nemico!

A conferma del presente rilievo, angosciato sino allo strazio, basterebbe il discorso montiniano in occasione della “Nona Sessione” del Vaticano II, il 7 dicembre del 1965.

Come è risaputo, Montini giunse a proclamare che la religione del Dio che si fa uomo si è incontrata e addirittura accordata con la “religione” dell’uomo che si fa Dio. Qui si trova la più naturalistica e antropocentrica “promozione umana” di tutto l’umanesimo, nichilistico-ateo-panteistico-storicistico, con tutti i suoi delitti. Qui si trova, perciò, anche la radice delle deviazioni immorali del clero odierno. Qui si trova, perciò, la radice della spaventosa decadenza spirituale e morale che da gran tempo putrefà la maggior parte dei cristiani, gente colpevole, sì, ma insieme altresì turlupinata, beffata e corrotta da quella parte di clero circa cui “il tacere è santo”, per dirla con S. Paolo e Dante[40].

La morta fede e la tradita speme”: tale è, in sostanza, il Vaticano II intorno a cui ecco una messa a punto d’importanza definitiva: «Ci troviamo […] per la prima volta nella storia, dinanzi a proposizioni […] promulgate dal più alto magistero della Chiesa, il quale dichiara apertamente di ritenersi magistero […] non infallibile. Questo ha potuto ingannare o meravigliare chi abbina questo Concilio in un modo univoco con i precedenti. Si commetterebbe così un grave errore di criteriologia teologica»[41]. Se ne evince che il Vaticano II è l’unico “Concilio pastorale”, di cui la Chiesa di sempre può fare completamente a meno, proprio in quanto pastorale o magistero non infallibile. Infatti esso vale soltanto quando ripete ciò in cui si credeva già e ciò che si sapeva già. Quindi il suo valore è soltanto secondario, marginale e accidentale. Sui gravissimi limiti dottrinali di questo “Concilio pastorale”, la cui base storicistica è manifestata soprattutto dalla rivista ultramodernista “Concilium” fondata nel 1964 da Küng, Rahner, Schillebeeckx, basta ricordare “Communio”: sostanzialmente modernista, ma più moderata quanto ai toni, fondata nel 1972 da von Balthasar, de Lubac e Ratzinger[42].

Poiché la sopraddetta catastrofe, esplosa alla fine del ’65, non è stata ancora riparata, ne consegue il dovere del sostanziale rifiuto dell’ «infausto conciliabolo “pastorale”, da cestinare e dimenticare al più presto»[43]. La ripresa della spiritualità cattolica di sempre, da noi attesa col più lancinante dolore, dovrà essere attuata anche a questo prezzo.

Thomistarum acies

 


[1] Cfr. N. Petruzzellis, L’idealismo e la storia, Brescia, 1957, 3a ed., pp. 268-336; Id., Il valore della storia, Napoli, 1959, 3a ed.; Id., Problemi e aporie del pensiero contemporaneo, Napoli, 1970, 2a ed., pp. 9-123, 189-316; C. Ottaviano, Critica dell’idealismo, Padova, 1967, 5a ed.

[2] Cfr. Es., III, 14; Sal., LXXXIX, 2; Sap., XIII, 5; Gv., VIII, 58; At., XVII, 28; Rom., I, 20 s.; Apoc., I, 8; tutta l’opera di S. Tommaso d’Aquino; DB, 1801-1806.

[3] Is., LIX, 4; Ger., II, 14-37.

[4] Aristotele, La Metafisica, l. IV, 8, 1012 b, 24-30, tr. it., Torino, 1974, p. 296.

[5] G. Perini, La nuova teologia di B. Lonergan, in “Chiesa Viva”, Brescia, n° 24, 1973, pp. 4-7; ivi, n° 25, 1973, pp. 5-7.

[6] C. Fabro, Introduzione all’ateismo moderno, Roma, 1969, 2a ed., vol. II, p. 1007 s.; corsivo nostro, come anche degli altri testi che citeremo direttamente. Cfr. ivi, pp. 1004-1100; Id., La svolta antropologica di Karl Rahner, Milano, 1974; Id., L’avventura della teologia progressista, Milano, 1974; Id., Problematica della teologia contemporanea, in “Renovatio”, n° 1, 1982, pp. 53-67.

[7] A. Romeo, L’ispirazione biblica, in F. Spadafora – A. Romeo – D. Frangipane, Il Libro sacro, vol. I, Introduzione generale, Padova, 1958, p. 174. Cfr. G. Siri, Getsemani. Riflessioni sul movimento teologico contemporaneo, Roma, 1980.

[8] A. Romeo, Dio nella Bibbia (Vecchio Testamento), in Aa. Vv., Dio nella ricerca umana, a cura di G. Ricciotti, Roma, 1950, p. 280, nota 76.

[9] A. Romeo, L’Enciclica “Divino afflante Spiritu” e le “opiniones novae”, in “Divinitas” n° 3, 1960, p. 456.

[10] Id., ivi, nota 152. Cfr. ivi, pp. 389-439, 443-455. In quest’ultima pagina, nota 151, questo teologo-esegeta svela il compromesso storicistico tra neomodernismo e gnosticismo massonico. Sui frutti “ecumenici” di siffatte “trame” v. A. Mancinella, 1962. Rivoluzione nella Chiesa. Cronaca dell’occupazione neomodernistica della Chiesa Cattolica, Brescia, 2010. Circa la personalità apostolica di mons. Antonino Romeo v. mons. F. Spadafora, Mons. Antonino Romeo, in “Palestra del Clero”, n° 21, 1979, pp. 1321-1327. Dello Spadafora v., per conseguenza, Araldo della Fede Cattolica, Sacerdote Don Francesco Putti fondatore di “sì sì no no” (1909-1984), Roma, 1993. Si legga anche A. Dalledonne, Mons. Antonino Romeo, teologo-biblista profeta del satanico cataclisma neomodernistico, in “Chiesa Viva”, Brescia, n° 344, 2002, pp. 7-8; Id., ivi, n° 345, pp. 12-14.

[11] Cfr. A. Romeo, Anticristo, in “Enciclopedia Cattolica”, vol. I, coll. 1438 s.; B. Mariani, L’anticristo, in Aa. Vv., Cento problemi biblici, a cura di G. Rossi, Assisi, 1962, 2a ed., p. 595; e questo secondo teologo-esegeta era al livello del primo.

[12] M. Lefebvre, Lettera aperta ai cattolici perplessi, tr. it., Rimini, 1987, p. 98. Cfr. ivi, pp. 99-104.

[13] A. Romeo, L’Enciclica…, cit., p. 454.

[14] Ivi, p. 455, nota 150.

[15] Cfr. F. Spadafora, La “nuova esegesi”. Il trionfo del neomodernismo sull’ Esegesi Cattolica, Sion (Svizzera) 1996.

[16] Cfr. Gen., XIX, 15-37; Is., I, 2-31; Gal., IV, 23 ss.

[17] Gv., III, 19.

[18] Cfr. Inf., XVIII, 116.

[19] Cfr. sì sì no no, n° 17, 2009, pp. 2 ss. Cogliamo, quindi, l’occasione per ripetere che Rosmini, idealista agli antipodi di S. Tommaso e ammirato dai neomodernisti, è eterodosso molto più che geniale.

[20] S. Th., II-II, q. 154, a. 12.

[21] Cfr. S. Th., I, q. 9, aa. 1-2; ivi, I, q. 10, aa. 1-6; ivi, I, q. 16, a. 8.

[22] C. Fabro, Essere e storicità. Estratto dall’ “Annuario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore”, Milano, 1958, p. 315. Cfr. Id., Partecipazione e causalità secondo S. Tommaso d’Aquino, Torino, 1960.

[23] M. Lefebvre, op. cit., tr. cit., p. 131. Cf. ivi, p. 10 ; cfr. B. Gherardini, Tradidi quod et accepi. La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa, Frigento (AV), 2010.

[24] Cfr. E. Kant, Critica della ragion pura, P. II, l. II, c. 3, sez. 5, tr. it., Torino, 1957, p. 623.

[25] G. G. F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, tr. it., Firenze, 1963, vol. I, p. 45.

[26] Cfr. Id., Lezioni sulla filosofia della religione, tr. it., Bologna, 1973, vol. I, p. 194.

[27] B. Croce, La storia come pensiero e come azione, Roma-Bari, 1978, 4a ed., p. 53.

[28] Id., Il carattere della filosofia moderna, Bari, 1963, 3a ed., p. 43. Cfr. ivi, pp. 9, 23, 215 s., 276.

[29] Tale asserto è stato ripresentato nel post-concilio, sotto forme apparentemente diverse ma sostanzialmente eguali, da Karl Rahner (i “cristiani anonimi”), da Edward Schillebeeckx (i “cristiani impliciti”) ed ultimamente da Marcello Pera nel suo libro “Perché dobbiamo dirci cristiani” (Milano, Mondadori, 2009), con prefazione elogiativa di Joseph Ratzinger; cfr. sì sì no no, 15 marzo 2009, pp. 1-7.

[30] Cfr. B. Croce, Logica come scienza del concetto puro, Roma-Bari, 1981, 3a ed., p. 293.

[31] Cfr. Id., Etica e politica, Roma-Bari, 1981, 3a ed., p. 102; ivi, pp. 103-115; Id., Discorsi di varia filosofia, Bari, 1959, 2a ed., vol. I, pp. 183-197; Id., La storia…, cit., pp. 7-72, 122-291.

[32] Id., Logica…, cit., p. 59. Cfr. ivi, p. 60.

[33] Contro i mostruosi errori crociani, v. C. Fabro, Momenti dello spirito, Assisi, 1982, vol. I, pp. 140-160. Cfr. C. Ottaviano, Valutazione critica del pensiero di Benedetto Croce, Padova, 1953; A. Ferrabino, Benedetto Croce, in Scritti di filosofia della storia, Firenze, 1962, pp. 654-657; Id., La Filosofia della storia come la intendo, ivi, pp. 782 s.; inoltre, D. D’Orsi, L’uomo al bivio. Immanentismo o Cristianesimo?, Padova, 1973.

[34] Cfr. 1 Cor., XIII, 1-13; S. Th., II-II, qq. 23 s.; De Caritate.

[35] F. Giantulli, L’essenza della massoneria italiana: il naturalismo, Firenze, 1973, p. 17. Cfr. ivi, pp. 5, 21-59, 68-84; Aa. Vv., La massoneria, a cura di L. Villa, 3 voll., Brescia, 1994, 1995, 1998. Circa la grave illiceità dottrinale di qualunque forma, più o meno gnostico-storicistica, di millenarismo, v. DB, 2296. Cfr. A. Piolanti, La Comunione dei Santi e la vita eterna, Città del Vaticano, 1992, 3a ed., pp. 614-625.

[36] Cfr. DB, 1802.

[37] Cfr. M. Daffàra, Dio. Esposizione e valutazione delle prove, Torino, 1952, 2a ed., pp. 182 s.

[38] Inf. XXI, 55.

[39] Cfr. M. Lefebvre, Lo hanno detronizzato. Dal liberalismo all’apostasia. La tragedia conciliare, tr. it., Albano Laziale, 2010.

[40] Cfr. anche 2 Pt., II, 1-22; ivi, III, 3.

[41] F. Spadafora, La Tradizione contro il Concilio. L’apertura a sinistra del Vaticano II, Roma, 1989, p. 280. Cfr., ivi, pp. 30 s., 276-281.

[42] La rivista “Communio” è una scuola conciliare e post-conciliare storicistica, come ha dichiarato da cardinale Joseph Ratzinger, il quale si allontanò da “Concilium” per fondare “Communio” proprio poiché notò soprattutto in Rahner un’eccessiva formazione e tendenza dottrinale-speculativa, mentre la sua posizione era meno dommatica e più storicistica; cfr. sì sì no no, 15 marzo 2009, pp. 4-5 e G. Valente, Ratzinger professore, Cinisello Balsamo, 2008 . Sui gravi limiti dottrinali del Vaticano II v. B. Gherardini, Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento (AV), 2009; Id., Quod et tradidi vobis. La Tradizione vita e giovinezza della Chiesa, Frigento (AV), 2010. Cfr. Id., Contemplando la Chiesa. Considerazioni teologiche sul mistero della Chiesa, in “Divinitas”, n° 1, 2, 3, Città del Vaticano, 2007, pp. 9 s., 66 s. Circa l’ infallibilità papale, v. ivi, pp. 184-200. Cfr. anche U. E. Lattanzi, Il Primato Romano, Brescia, 1961, pp. 138-147, 198-202.

[43] F. Spadafora, La “nuova esegesi”…, cit., p 187. Cfr. ivi, pp. 279-290; Fraternità Sacerdotale San Pio X, Dall’ ecumenismo all’apostasia silenziosa. Venticinque anni di pontificato, tr. it., Rimini, 2004; A. Mancinella, op. cit., pp. 191-266, 269-311.