La dottrina della Chiesa sul suo Magistero

Qual è l’autorità dottrinale dei documenti pontifici e conciliari?

«Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa»[1]; «Ed ecco che io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli»[2]»; «Io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, una volta convertito, confermi i tuoi fratelli»[3]».

Sono numerosi i passi scritturali in cui il Verbo Incarnato insegna la indefettibilità della Cattedra di Verità, personificata dal Principe degli Apostoli e dai suoi successori. Per questo i Santi, con un attaccamento pieno di trasporto e di ardore per la Cattedra di Pietro, affermano che il Papa è il «dolce Cristo in terra» (Santa Caterina da Siena), «colui che dà la verità a quelli che la chiedono» (San Pier Crisologo), colui che, parlando, mette fine alle questioni relative alla fede (sant'Agostino).

L'infallibilità dei Sommi Pontefici e della Chiesa è garanzia della Tradizione e di tutto quanto è contenuto nella Rivelazione. Se non vi fosse questa garanzia, la malizia e la debolezza degli uomini avrebbero subito deturpato e corrotto il deposito rivelato con lo stesso odio e con lo stesso impeto satanico con cui hanno ucciso il Figlio stesso di Dio.

 

Nell’epoca di sovvertimento di tutti i valori nella quale viviamo, quando, al dire di Giovanni XXIII, la norma è l'antidecalogo, è fondamentale conoscere l'ampiezza della infallibilità del Papa e della Chiesa.

 

Due concezioni erronee dell’ infallibilità pontificia

Nello spirito di molti cattolici di istruzione religiosa media è radicata 1'idea [erronea] che il Sommo Pontefice è infallibile in tutto quanto insegna. In altri troviamo la nozione ugualmente errata secondo cui Vi è infallibilità soltanto nelle definizioni solenni, come quella dell'Assunzione di Maria Santissima. Altri ancora si chiedono se un concilio ecumenico sia sempre infallibile, se il Papa possa errare, se è obbligatorio credere a tutto quello che hanno insegnato i Papi nel corso dei secoli, a tutti i documenti dottrinali delle Congregazioni romane, a tutto quello che insegnano i vescovi, o almeno il proprio vescovo, e che differenza esista tra l’infallibilità del Papa e quella della Chiesa.

Nei ristretti limiti di questo articolo, analizzeremo i punti fondamentali di questi problemi, senza affrontare i loro aspetti collaterali, spesso estremamente sottili e complessi.

 

Un’obiezione preliminare: -È lecito trattare questo argomento?

Un cattolico devoto al papato, e quindi particolarmente zelante per il carattere monarchico della Chiesa, potrebbe chiederci preliminarmente se sia lecito trattare simili argomenti e se non sarebbe, invece, indice di maggiore pietà accettare come infallibile tutto quanto insegnano sia i Papi che i Vescovi.

Gli risponderemmo che i fedeli non devono prendere in considerazione una Chiesa diversa da come l'ha istituita Nostro Signore e che, se su un punto tanto fondamentale della dottrina cattolica aleggiano dubbi tra i fedeli, è compito anche di pubblicazioni cattoliche contribuire a chiarirli, perché la dottrina della Chiesa non è esoterica. Inoltre che siamo spinti ad affrontare questo argomento dal fatto che oggi i progressisti cercano in mille modi di sminuire le prerogative del pontificato romano e predicano la ribellione contro il secolare insegnamento del Magistero.

Perciò risponderemmo al nostro ipotetico contraddittore: -L’ atteggiamento di maggiore pietà è conoscere la Chiesa così come l'ha istituita Gesù Cristo. Cercare di “perfezionare” la sua struttura significa, invece, volerla svisare, volerla modellare a immagine e somiglianza del nostro orgoglio. Dobbiamo, quindi, conoscerla, amarla, ammirarla e venerarla così com’è nella sua perfezione essenziale di Sposa di Cristo, mentre dobbiamo mettere tutto il nostro impegno nell'arricchirla con la perfezione accidentale che le conferisce la santificazione dei suoi figli.

 

Magistero pontificio e universale, ordinario e straordinario

Prima di affrontare il problema della infallibilità, bisogna fissare alcune distinzioni fondamentali.

Il Magistero ecclesiastico deve essere preventivamente diviso in pontificio e universale. Magistero pontificio è quello del Papa, capo supremo della Chiesa. Magistero universale è quello dell’insieme dei Vescovi in comunione con il Sommo Pontefice.

Nel Magistero pontificio il successore di San Pietro parla individualmente e per autorità propria. Per esempio, attraverso encicliche, costituzioni apostoliche, allocuzioni dirette a pellegrini ecc..

Nel Magistero universale parla l'insieme dei Vescovi in unione con il Papa, siano essi riuniti in concilio che dispersi nelle loro Diocesi.

N. B. È assolutamente necessario guardarsi da una concezione errata del Magistero universale, secondo cui i Vescovi potrebbero insegnare indipendentemente dal Papa. Niente di più falso. Tenendo presente il carattere monarchico della Chiesa, l'insegnamento dei Vescovi, sia quando sono riuniti in Concilio sia quando sono dispersi nel mondo, non avrebbe nessuna autorità se non fosse approvato, almeno implicitamente, dal Papa. Il Magistero universale trae tutta la sua autorità dall'unione con il Sommo Pontefice.

Il carattere monarchico della Chiesa è di diritto divino, ed è stato oggetto di numerose definizioni del Magistero[4]. […].

Altra distinzione basilare, che è necessario richiamare, è quella tra Magistero ordinario e Magistero straordinario.

Nel Magistero straordinario ogni pronunciamento gode dell'infallibilità di per sé stesso. Di questo tipo sono le definizioni solenni come quelle della Immacolata Concezione, della Infallibilità pontificia, della Assunzione di Maria Santissima. Ma, come più avanti vedremo, non tutto quanto insegnano i Papi, i concili e i vescovi è di per sé infallibile. […].

Sia il Magistero pontificio sia il Magistero universale [dell’episcopato] può essere ordinario e straordinario [vedi Schema finale].

N. B. Cercando di farsi un'idea del Magistero universale straordinario, è necessario non confondere il senso che abbiamo appena attribuito al termine «straordinario» con l'altro senso, che la parola comporta, di cosa fuori dal comune, che si sottrae alla routine di tutti i giorni. Infatti, ogni Concilio è straordinario nel senso che non è permanentemente riunito; ma il suo insegnamento è straordinario soltanto se definisce un dogma di fede. In questo articolo useremo il termine «straordinario» unicamente in quest’ ultimo senso di definizione infallibile.

Tra i teologi, la parola “straordinario” si trova usata ora in un senso, ora in un altro, il che ci sembra fonte di non piccole confusioni[5]. Preferiamo adottare la terminologia indicata perché, oltre a sembrarci più didattica, è stata sanzionata da Paolo VI in due discorsi relativi al Concilio Vaticano II[6]. Ad analoga confusione si presta la parola «solenne», che talora indica il pronunciamento di per se stesso infallibile, talora quello che si circonda anche di formule particolarmente solenni[7].

 

I pronunciamenti pontifici «ex cathedra» ovvero il Magistero pontificio straordinario

Analizziamo inizialmente il Magistero pontificio straordinario.

Dalle lezioni di catechismo ogni cattolico ricorda che il Papa è infallibile quando parla ex cathedra e in materia di fede e di morale. Formula vera, ma che per il suo carattere estremamente laconico – per altro inevitabile – può indurre in inganno, e perciò richiede alcune spiegazioni.

Infatti, che cosa significa ex cathedra? Parlare dalla Cattedra di Pietro significa soltanto insegnare ufficialmente? Significa rivolgersi alla Chiesa universale? Le encicliche, per esempio, essendo documenti ufficiali, in generale diretti a tutta la Chiesa, sono ipso facto pronunciamenti ex cathedra?

Nella definizione della infallibilità pontificia data dal Concilio Vaticano I troviamo la soluzione chiave per questi dubbi. La costituzione Pastor Aeternus stabilisce le condizioni necessarie per la infallibilità delle definizioni pontificie. Insegna che il Papa è infallibile «quando parla ex cathedra, cioè quando, adempiendo l’ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, in virtù della sua  suprema autorità apostolica definisce che una dottrina, riguardante la fede ed i costumi, deve tenersi da tutta la Chiesa»[8].

I teologi sono unanimi nel vedere in questa definizione la soluzione del problema delle condizioni della infallibilità pontificia[9].

Pertanto le condizioni necessarie perché si abbia un pronunciamento del Magistero pontificio  straordinario sono quattro:

1) che il Papa parli come Dottore e Pastore universale;

2) che usi della pienezza della sua autorità apostolica;

3) che manifesti la volontà di definire;

4) che tratti di fede o di morale.

L’infallibilità è una facoltà che risiede nella persona del Pontefice come in un essere dotato di intelligenza e di volontà. Egli perciò può usarne o non usarne, a seconda che lo voglia o no. Nella sua vita privata, per esempio, in una conversazione con amici o in una lettera a un parente, è chiaro che il Papa non sta usando della sua infallibilità. Di qui la prima condizione, e cioè che il Papa parli come Maestro universale [“adempiendo l’ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani”].

In più di un documento Benedetto XIV afferma che non sta emettendo una opinione teologica come Sommo Pontefice, ma come semplice dottore privato. Lo stesso ha dichiarato san Pio X a proposito delle affermazioni che il Papa fa nelle udienze private[10].

Perché si abbia infallibilità tuttavia non è sufficiente che il Papa insegni come Maestro universale. È necessario che sia rispettata una seconda condizione, e cioè che il Papa parli usando della pienezza dei suoi poteri [in virtù della sua suprema autorità apostolica]. L'importanza e la gravità di un pronunciamento infallibile sono tali che dev’essere ben chiaro che, emettendolo, il Papa sta facendo uso della pienezza delle prerogative che gli competono come legittimo successore di san Pietro. Per questa ragione tanto Pio IX nella definizione della Immacolata Concezione quanto Pio XII in quella della Assunzione dichiarano di parlare «per l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e Nostra».

Tuttavia, anche questo non basta. Infatti, anche parlando come Maestro universale e nell'uso di tutta la sua autorità, il Papa può limitarsi a raccomandare una dottrina, o a ordinare che sia insegnata nei seminari, o a mettere in guardia i fedeli dal pericolo presente nella sua negazione. Per questa ragione vi è una terza condizione, e cioè la manifestazione della volontà di definire [ovvero di mettere fine ad una questione dottrinale].

Questa volontà di definire manca, per esempio, nei documenti, pur tuttavia tanto saggi, positivi ed energici, con i quali i Papi hanno raccomandato o anche imposto ai professori di filosofia e sacra teologia lo studio e l'insegnamento del tomismo. Tra gli altri, 1'enciclica Aeterni Patris di Leone XIII, il motu proprio Doctoris angelici di San Pio X, e l'enciclica Studiorum ducem di Pio XI.

L'ultima condizione dell’ infallibilità è che il Papa tratti di materia di fede e di morale. Non aggiungiamo altro perché esorbiterebbe dai limiti di questo articolo studiare gli oggetti primari e secondari della infallibilità[11].

Il punto cruciale: la manifestazione della volontà di definire

continua sull'edizione cartacea..

 


[1] Mt. 16, 18.

[2] Ibid. 28,20.

[3] Lc. 22, 32.

[4] DENZINGER, Ench. Symb., 44, 498, 633, 658 ss., 1325, 1500, 1503, 1698 ss., 1821, 2091, 2147-a.

[5] Cfr. Ioachim salaverri S. J., De Ecclesia Christi, in Sacrae Theologiae Summa, BAC, Madrid 1958, vol.I, pp. 68l-682; Dom Paul Nau O. S. B., El magisterio pontificio ordinario, lugar teologico, in Verbo, Madrid, n. 14, pp. 37-38; Sisto Cartechini S. J., Dall'Opinione al Domma, La Civiltà Cattolica, Roma 1953, p. 42; Henri De Lavalette, Réflexion sur la portée doctrinale et pastorale des documents du Vatican II, in Etudes, settembre 1966, p. 258.

[6] Cfr. Paolo VI, Discorso del 7-12-1965, in Insegnamenti di Paolo VI, vol. III, Tipografia Poliglotta Vaticana, Roma 1966, p. 822; Idem, Discorso del 12-1-1966, in Insegnamenti di Paolo VI, cit., vol. IV, Roma 1967, p. 700.

[7] Cfr. Card. Charles Journet, L’Eglise du Verbe Incarné, Desclée, Friburgo 1962, vol. I, p. 534, n. 2; Dom Paul Nau O. S. B., Une source doctrinale: les encycliques, Les Editions du Cèdre, Parigi 1952, p. 65.

[8] Denzinger, Ench. Symb., 1839.

[9] Cfr. Franciscijs Diekamp, Theologiae Dogmaticae Manuale, Desclée, Parigi-Tours~Roma 1933, vol. I, p. 71; Card. Ludovicus Billot S. J., Tractatus de Ecclesia Christi, Giachetti, Prato 1909, tomo I, pp. 639 ss.; Lucien Choupin S. J., Valeur des décisions doctrinales et dísciplinaires du Saint-Siège, Beauchesne, Parigi 1928, p. 6; J. M. Hervé, Manuale Theologiae Dogmaticae, Berche, Parigi 1952, vol. I, pp. 473 ss.; Card. Charles Journet, op. cit., vol. I, p. 569; Dom Paul Nau O. S. B., El magisterio pontificio ordinario, lugar teologico, cit., p. 43; Ioachim Salaverri S. J., op. cit., p. 697; Sisto Cartechini S. J., op. cit., p. 40.

[10] Cfr. Dom Paul Nau O. S. B., El magisterio pontificio ordinario, lugar teologico, cit., p, 48, n. 35.

[11] Cfr. Card. Ludovicus Billot S. J,, op. cit., pp. 392 ss.; Lucien Choupin S. J., op. cit., pp. 38 ss.; J. M. Hervé, op. cit., pp, 496 ss.; Ioachim Salaverri S. J., op. cit., pp. 729 ss.