ASSURDITÀ  DEL PANTEISMO

ESITO FATALE DEL MODERNISMO

Ogni specie di panteismo porta in seno una contraddizione insanabile, che dà nell’assurdo: l’identificazione dell’Infinito col finito. […]. Identificare questi due esseri è assurdo” (P. Parente, Dizionario di Teologia dommatica, Roma, Studium, 4a ed., 1957, p. 299).

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Definizione

Il panteismo è la dottrina secondo cui tutto ciò che esiste è Dio (dal greco “pàn”= tutto e “Teòs”=Dio). Il primo filosofo che utilizzò tale nome fu un deista inglese, ma la idea o dottrina panteistica è antichissima.

Panteismo orientale

Le religioni o, meglio, filosofie orientali (soprattutto indiane con i testi Veda) non hanno il concetto di un Dio personale, trascendente e distinto dal mondo. Esse intendono Dio o meglio la “Divinità” come l’unica realtà o sostanza, di cui il mondo e l’uomo sarebbero un’ apparenza o un accidente che viene riassorbito dal Divino come le onde, le increspature e gli spruzzi sono accidenti del mare e vengono riassorbiti in esso.

Panteismo greco e greco-romano

Parmenide ed Eraclito, pur avendo due filosofie opposte (il solo “essere”o monismo statico il primo e il solo “divenire”o monismo dinamico il secondo), hanno entrambi una tendenza panteistica (fissista il primo ed evoluzionista il secondo). Essi distinguono l’Essere e gli enti particolari, però il primo non è mai concepito come una sostanza realmente esistente e distinta da essi, ma come la loro stessa sostanza.

Platone, col concetto di partecipazione e di trascendenza del mondo dell’iperuranio, apre la strada alla reale entità degli enti particolari e sensibili rispetto alla Divinità o “Mondo delle Idee”. Aristotele aggiunge al concetto di partecipazione quello di analogia dell’ente e quindi distingue realmente tra il mondo dell’Essere divino o Atto puro e quello degli enti individuali: questi sono atti misti a potenza e quindi realmente distinti dall’Atto puro, che è pienezza di essere e perciò esclude da sé ogni deficienza o potenza. Tuttavia anche lo Stagirita non sfugge al dualismo, poiché accanto a Dio ammette l’eternità del mondo, che non è creato, e Dio è solo “Pensiero di pensiero” e non agisce ad extra sul mondo: Egli, infatti, non conosce le cose fuori di Sé, perché essendo inferiori a Lui sono indegne del Suo Pensiero che pensa solo Se stesso. Certamente il Deismo moderno, che rinnega la Provvidenza, è più grave della posizione dualistica aristotelica, che non poteva avvalersi della Rivelazione.

Il Neoplatonismo ha una tinta di panteismo emanazionista di origine orientaleggiante, in cui vi è una gerarchia o gradualità di enti o “eoni” che emanano per necessità dall’Uno, il quale è della loro stessa natura. Il neoplatonismo non ha gli strumenti concettuali per concepire la realtà del mondo e degli enti individuali come distinta realmente dalla Divinità; al massimo può parlare di diversità di gradi o di essenze (tra i vari “eoni” che emanano dall’ Indefinito), ma non di esseri sostanzialmente distinti (creato e Creatore).

Il Neoplatonismo ha una forma di panteismo acosmistico, che risolve il mondo in Dio, del quale il mondo sarebbe lo sviluppo emanativo; mentre lo Stoicismo è un panteismo pancosmistico o ateistico che riduce la Divinità al mondo e quindi nega implicitamente l’ esistenza di Dio; esso è materialistico, immanentistico e naturalistico: “Dio è immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro”. Lo storicismo, però, pur tendendo all’ateismo, è o leggermente diverso da esso, oppure è un ateismo mascherato da una bugia panteistico-immanentistica: “Il panteismo pancosmista è una negazione non di Dio sic et simpliciter, ma della vera nozione di Dio. Onde è un’affermazione surrettizia e nascosta di ateismo”1.

La Rivelazione biblica, grazie alla creazione ex nihilo da parte di un Dio personale e trascendente (“Ego sum qui sum”), offre alla filosofia patristica (agostinismo) e scolastica (tomismo) la base su cui fondarsi per confutare, con la ragione aiutata dalla fede, ogni tipo di panteismo. La filosofia patristico-scolastica, tramite l’analogia, la causalità e la partecipazione, può elaborare una teologia e una filosofia della distinzione reale e sostanziale tra Dio (Causa infinita e incausata) e il mondo (effetto finito e causato) sfuggendo totalmente al pericolo panteistico. Ciò non toglie che motivi panteistici affiorino anche in alcuni pensatori cristiani.

Panteisti “cristiani”

a) medievali

La forma panteistica medievale è quella emanazionista o neoplatonica. La si trova soprattutto in Giovanni Scoto Eriugena, che ripropone una concezione panteistica nel suo libro De divisione naturae, (I, 3) chiamando Dio “omnium essentia” (essenza di tutte le cose) e “totum omnium” (il tutto di tutte le cose) (ivi, I, 74). Le stesse espressioni le ritroviamo nel falso misticismo renano di Meister Eckart.

b) rinascimentali

Il panteismo rinascimentale, invece, è piuttosto materialista, immanentista e tendenzialmente ateistico: Dio sarebbe un’emanazione della Natura (come per Teilhard de Chardin, v. sì sì no no, 30 novembre 2009, pp. 1 ss.). Il maggior rappresentante di questa corrente è Giordano Bruno, che qualifica Dio come “monas monadum”.

Panteismo moderno e contemporaneo

«A partire dal Cartesianesimo, una vena vagamente panteistica può trovarsi in quegli sviluppi occasionalistici [Malebranche, ndr], che negano ogni capacità di agire alle creature»2, ma la teoreticizzazione esplicita e completa del panteismo intellettualista la si ha con Spinoza3 nel quale «confluiscono tutti i motivi panteistici precedenti, e particolarmente neoplatonici, attraverso la Cabala; ma da tutti egli si distingue per il rigore razionale con cui vuol fondare la sua dottrina»4. Il cardinal Pietro Parente chiama il panteismo di Spinoza “Monismo spiritualistico” o “Sostanzialismo”, in cui «la realtà è una sola sostanza, che si manifesta in due modi: estensione e pensiero, e quindi come materia e come spirito, che è Dio e mondo insieme»5. Il panteismo poi si presenterà come Idea in perenne divenire in Hegel, come Io assoluto in Fichte e come Atto pensante in Giovanni Gentile.

Dopo aver posto un’unica Sostanza infinita ed aver assorbito il mondo in Essa, Spinoza nega l’analogia tra l’essere di Dio e l’essere del mondo per sposare l’univocità o identità dell’essere di stampo parmenideo, così che, conformemente al suo monismo, il termine “essere” ha lo stesso identico significato sia per Dio  sia per il mondo. In tal modo egli nega il concetto di Dio come Persona, il fatto che Egli agisca sul mondo come su un oggetto posto “di fronte” a Lui e pure la distinzione reale di sostanze finite e create accanto ad un’unica Sostanza infinita ed increata. La conclusione cui Spinoza giunge è che ogni ente finito è un semplice modo d’essere dell’unica Sostanza infinita onde panteismo e spinozismo son diventati sinonimi e per confutare scientificamente il panteismo bisogna fare i conti con lo spinozismo.

Hegel apporterà una variante dialettica di stampo eracliteo al panteismo di Spinoza. Il principio spinoziano secondo cui occorre vedere le cose dal punto di vista dell’ Infinito è il punto di partenza dell’hegelismo, che, però, lo sviluppa dialetticamente in quanto la Divinità è l’Idea che si attua logicamente (“pan-logismo”) attraverso un divenire dialettico (tesi, antitesi e sintesi).

Per Hegel la realtà è una costruzione logica dell’uomo: «Non più Dio, ma l’uomo è contemplato come creatore della realtà. Hegel è il punto culminante e insuperato della cultura moderna: epoca che si consuma nell’ateismo o nichilismo assoluto, come esito dell’ antropocentrismo o umanesimo assoluto; o Dio si identifica panteisticamente col mondo, oppure è negato [ateisticamente] o “ucciso” [nichilisticamente] come realtà oggettiva in sé e per sé esistente»6. La modernità, dunque, è morta uccisa dalla postmodernità, sua figlia più legittima e primogenita, tramite l’umanesimo antropocentrico, la secolarizzazione, il nichilismo e il sentimentalismo animalesco: «Il fallimento di Hegel è il fallimento di un’epoca, l’epoca moderna dell’immanentismo; è il fallimento dell’antropocentrismo prometeico, del tentativo di dare la scalata al Cielo»7.

Critica del panteismo

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