VITA CRISTIANA E VERITA'

Nel lontano 1949 Jacques Maritain (1882-1973) – che stimiamo in quanto filosofo tomista sino all’ «Umanesimo integrale», ma verso il quale abbiamo tutte le riserve che già il Card. Siri (1906-1989) esprimeva nel suo libro Getsemani (Fraternità della SS.ma Vergine Maria, Roma, 1980) – si poneva la domanda: “Può la nostra fede essere solo un fare prima che un conoscere?”.

Oggi, molti vivono o, meglio, pensano di vivere la fede facendo certe cose buone, spesso a servizio degli altri, e anche senza dimenticare qualche preghiera al buon Dio, ma senza preoccuparsi se professano la Verità e la traducono nella vita, la Verità tutta intera, così come Dio, in Gesù Cristo, il Figlio suo fatto uomo per la nostra salvezza, ce l’ha rivelata.

Questo atteggiamento è assai diffuso oggi, così da essere ormai una mentalità, un modo di comportarsi di molti, forse dei più. Al limite – pensa J. Maritain – una fede così sarebbe soltanto un’accoglienza di alcuni valori, come proponeva B. Spinoza. Dov’è allora la fede teologale? Ci è necessario oggi, in mezzo a tanta confusione alla devastazione causata dall’«aggiornamento» e dall’ ecumenismo irenico, un forte e chiaro esame di coscienza sui seguenti punti.

-Da buon cattolico, accetto Gesù Cristo come l’Uomo-Dio, l’unico Signore e l’unico Salvatore, e, accetto tutte le Verità di fede da Lui rivelate e proposte a credere dalla Chiesa Cattolica? e queste Verità sono l’anima della mia vita?

-La mia vita di preghiera e il mio rapporto con Dio sono illuminati dalle definizione dogmatiche dei Papi e dei Concili, da Nicea a Trento, sui Misteri della Santissima Trinità e di Nostro Signore Gesù Cristo?

-Il mio sguardo alle religioni non-cristiane è penetrato dalle parole perentorie di Cristo sulla necessità della Fede in Lui, in Lui solo, per conseguire la salvezza eterna e sull’ obbligo di essere missionari, promuovendo con la preghiera e con l’azione la conversione a Lui degli infedeli?

-Sono sicuro e ho il coraggio di professare apertamente, come Gesù ha insegnato, che “chi crede e sarà battezzato sarà salvo, e chi non crede sarà condannato (Mc. 16, 16)?

-Il mio stile di accostarmi all’ Eucaristia, Presenza reale e Sacrificio di Gesù, è immerso nel clima del discorso di Gesù a Cafarnao (Gv. 6,1-70) e durante l’ultima Cena (Mt. 26,26-29); Mc. 14,22-26; Lc. 22,19-20; Gv. 14-17), sull’offerta della vita per Lui e sull’unità con Lui, e si nutre del dogma eucaristico così come la Chiesa l’ha definito e proclamato al Concilio di Trento, nella Mediator Dei del ven. Pio XII, e anche nella Mysterium fidei di papa Paolo VI?

-Il mio rapporto con i fratelli – in particolare con i poveri – trova la sua sorgente nella presenza di Gesù in loro, come Lui ha spiegato nel discorso sul giudizio finale (Mt. 25, 31-46)?

-La mia relazione con la Verità e con la menzogna è quella di un figlio della luce che si ispira al “sì sì no no” del Vangelo?

Oppure

-La mia fede è soltanto un sentimento di confidenza in Dio, senza un preciso contenuto di Verità? Un cristianesimo romantico, sentimentale, senza dottrina, un cristianesimo che certamente non viene da Gesù Cristo?

-Ho un’attitudine fideista, che trascura l’armonia di fede e ragione?

-Ho una concezione “estetica” della fede, che lascia ad altri la cura di impegnarsi nella società per trasformarla a immagine del Vangelo di Gesù, per affermare il Suo primato su ogni realtà, la Sua mirabile regalità spirituale, eucaristica e sociale sul mondo?

-Sotto l’influsso dell’utilitarismo dominante, ho una morale per cui un fine buono e anche pio giustifica dei mezzi dubbi o cattivi? (nel quale caso sarei machiavellico e non cristiano-cattolico).

-Una pretesa diplomazia – diplomazia errata – prende il posto della vera testimonianza cattolica, quando ciò mi conviene?

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Queste domande sono rivolte innanzi tutto a me stesso – per questo le ho scritte in prima persona e, dicendole, mi prendo a schiaffi da solo, ma ogni cattolico di oggi, a cominciare dalle teste mitrate e dalle spalle porporate, deve sentirle rivolte a se stesso in questo momento singolare della nostra storia, in questo momento di devastazione, di “auto-demolizione” della Chiesa (come diceva Paolo VI) da noi mai visto finora.

Il volontarismo – dicevamo all’ inizio – considera la fede come “pura obbedienza” alle cose da fare prima che alla Verità immutabile da credere, difendere, custodire e testimoniare.

D’altra parte, si accettano delle novità abusivamente introdotte e presentate come posizioni della Chiesa. Lo stesso Paolo VI disse a Jean Guitton che “si sarebbe potuto arrivare a un pensiero anche in maggioranza nella Chiesa, ma che non sarebbe mai stato il pensiero della Chiesa” (J. Guitton Paolo VI segreto, S. Paolo, Alba, 1976).

Un certo discorso di oggi, assai diffuso e forse numericamente in maggioranza, esalta i valori della modernità e assolutizza la creatività individualistica: si va così verso una mentalità soggettivista che si fabbrica un “credo” alla moda, anzi nessun credo. Non Dio, tanto meno Gesù Cristo, ma soltanto l’uomo, misura di tutte le cose. Così, oggi, è diffusa, nelle parrocchie, nei seminari, nelle facoltà teologiche, in mezzo alle teste mitrate, una “teologia senza Dio”. Incredibile, ma vero! E se ne accorgono anche i bambini, anche la mia mamma, che conosceva soltanto il Catechismo di San Pio X. Se ne accorgono in molti, eccetto coloro cui fa comodo non accorgersene.

Che esistesse ed esista tuttora “un uomo senza Cristo”, degli “uomini senza Cristo”, lo sapevamo da decenni, da secoli, almeno dal tempo della rivoluzione francese. Lo scrisse perfino Salvatore Quasimodo (1901-1968), che proprio cattolico non era, nella famosa poesia “Uomo del mio tempo”: “Sei ancora quello della pietra e della fionda… senza amore, senza Cristo”. Oggi, però, si è diffusa, quasi fosse normale, una “teologia senza Cristo”. Lo diceva il card. Giuseppe Siri: “Il più pericoloso è Karl Rahner, il quale scrive benissimo e ha l’aria di essere retto (diffonde persino la devozione al Sacro Cuore di Gesù!) ma ha sempre sostenuto che occorre una nuova teologia. Una teologia che metta da parte Gesù Cristo e vada bene per il nostro secolo” (da B. Lai, A. M. Scavo, Giuseppe Siri. Le sue immagini, le sue parole, De Ferrari, Genova, 2008, p. 144). Perciò Rahner oggi ha una miriade di seguaci in mezzo ai Vescovi, teologi, parroci e dottorucoli vari. Rahner è il principe degli eretici. E coloro che lo seguono che cosa sono? Guide che portano le anime alla perdizione. Certamente il pensiero di Rahner non è il pensiero della Chiesa, “Madre e Maestra di Verità”, ma la Chiesa, nella sua Autorità più alta, ha il dovere di smascherare Rahner, come lupo che fa strage di pastori e di agnelli. (Quando Karl e Hugo Rahner erano giovani allievi dei Gesuiti, a casa loro passava, in viaggi verso la Germania, dove il suo papà era ambasciatore d’Italia, un giovane Christifidelis laicus di Torino, Pier Giorgio Frassati… La mamma di Karl e Hugo, vedendo la fede e l’intimità con Gesù vissuta da Pier Giorgio, diceva ai suoi figli: “Vedete, Pier Giorgio è un laico, ma è molto più bravo di voi, che siete seminaristi!”. Mamma Rahner vedeva lontano!).

Oggi, il clima della secolarizzazione rende naturale e spontanea quella attitudine dello spirito che gli antichi giustamente chiamavano “eresia”. Ma dire eresia è troppo poco, perché l’eresia può conservare ancora un fondo comune di verità. Si tratta di apostasia – apostasia di uomini di Chiesa – la più terribile apostasia e il castigo più grande che possa colpire il popolo cristiano.

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Per un’autentica evangelizzazione, il ritorno alle certezze fondamentali del Credo Cattolico di sempre, secondo la più pura e vera Tradizione Cattolica, alla “carità della Verità”, che è la più grande carità, è di fortissima necessità oggi. È indispensabile, è urgente. Occorre subito e non domani. La Verità subito, tutta la Verità: “ciò che sempre, dovunque e da tutti è stato creduto – questa è la Fede cattolica” – scrive S. Vincenzo da Lerino. Su questa solidissima base, occorre lavorare a tutti i livelli – formazione del Clero, catechesi, educazione nelle scuole davvero cattoliche, difesa della vita, predicazione, richiamo alla vita di preghiera – in vista di un ritorno improcrastinabile degli spiriti al giusto ruolo della Verità di fede nella vita cristiana. Un ritorno a Gesù Cristo, Gesù Cristo tutto intero, a Lui e a tutto ciò che viene da Lui: il Credo, la Legge morale, la Dottrina, i Sacramenti, la Chiesa, la vita della Grazia santificante nelle anime, la fuga dal peccato, la vita eterna, la salvezza delle anime.

Il popolo cristiano, il mondo di oggi, non ha bisogno dell’ «aggiornamento», del «dialogo», dell’ ecumenismo, di una menzognera pastoralità senza Verità. Il popolo cristiano, che crede ancora, il mondo di oggi, ha bisogno soltanto di Gesù Cristo. Ma oggi, spesso, c’è solo da piangere come il profeta Geremia nelle “Lamentazioni”: “I nostri bambini ci chiedevano pane e non c’era chi glielo spezzasse”.

Santo Padre, Signori Vescovi, dateci il Pane – che è soltanto Gesù Cristo – a costo di morire martiri per Lui come il piccolo Tarcisio (+250), che portava il pane di vita per fortificare i Cristiani in attesa del martirio!

Candidus