JEAN DANIÉLOU: UN PERITO INNOVATORE IN FAMA DI “CONSERVATORE”

Jean Daniélou nacque a Neuilly-sur-Seine nel 1905 da Charles Daniélou, uomo politico francese, noto anticlericale, che fu più volte ministro della III Repubblica, e da Madeleine Clamorgan. Nel 1929 entrò a 24 anni nella Compagnia di Gesù e compì gli studi di teologia nella Facoltà Cattolica di Lione-Fourvière, assieme a von Balthasar (cfr. sì sì no no, 30 giugno 2009) e sotto la guida di de Lubac (cfr. sì sì no no, 30 novembre 2009). Fu ordinato sacerdote nel 1938 e nel 1941 venne chiamato a Parigi alla redazione della rivista Etudes dei gesuiti di Francia. Fondò la collana Sources Chrétiennes in collaborazione con Henri de Lubac, per favorire la “riscoperta” dei Padri della Chiesa in funzione antiscolastica (in realtà i Padri non erano mai stati dimenticati dalla Chiesa, ma i “nuovi teologi” li preferivano perché meno sistematici e quindi più utilizzabili ai loro scopi). Su richiesta di papa Giovanni XXIII Daniélou prese parte al Concilio Vaticano II a titolo di “perito”. Fu eletto arcivescovo titolare di Taormina l'11 aprile 1969 e creato cardinale diacono da Paolo VI nel concistoro del 28 aprile 1969. La sua morte improvvisa il 21 maggio del 1974 suscitò grande scalpore, perché avvenuta nella casa di una prostituta parigina.

 

La “nuova teologia” di Daniélou

Nella sua “autobiografia” (Memorie, Torino, SEI, 1975) Daniélou scrive: «Ho conosciuto molto bene p. Teilhard de Chardin. [cfr. sì sì no no, 30 novembre 2009]. L’ho incontrato la prima volta a Fourvière nel 1937 […]. Era un personaggio squisito […]. Devo molto a p. Teilhard. […] » (pp. 74-75). Poi continua: «Fino alla fine della guerra mi son consacrato a quello che doveva essere una delle strutture più portanti della mia vita: il dialogo […] con tutti, con i marxisti e l’esistenzialismo, con gli indù con gli ebrei, con Freud» (p. 125). Tra i personaggi con i quali “dialogò” cita Garaudy, Althusser, Chouraqui, Buber, Berdiajev, Bataille, Sartre e afferma di aver «partecipato in Francia alla creazione dell’ Amicizia giudaico-cristiana assieme a Jules Isaac e Chouraqui» (p. 140).

Come teologo Daniélou studiò, alla luce del pancristismo evoluzionistico di Teilhard de Chardin, la relazione tra la Fede e il marxismo, l’esistenzialismo, l’esoterismo giudaico, russo-ortodosso e indiano; lavorò sul problema della mutabilità della verità (riprendendo la teoria della sua evoluzione da Maurice Blondel, cfr. sì sì no no, 31 marzo 2009) e sulla relazione tra natura e grazia nel determinare la volontà della persona (rifacendosi a de Lubac, sì sì no no, 30 novembre 2009); approfondì anche il tema del marxismo seguendo la linea del neomarxismo di Bloch (v. sì sì no no, agosto 2009, p. 2), Althusser e Garaudy, che sarà ripresa e approfondita dal teologo della “morte di Dio”, Johannes Baptista Metz negli anni Settanta-Ottanta. Gli studi più significativi, però, di Daniélou riguardano il valore delle religioni non-cristiane, delle quali apprezzava la funzione salvifica in quanto “portatrici di speciali alleanze stipulate tra Dio e l’umanità” (Saggio sul mistero della storia, 1963), e la teologia della storia, nella quale egli afferma l’autonomia del mondo materiale e il valore salvifico dei valori umani naturali come Chenu (cfr. sì sì no no, 15 dicembre 2009, p.7). Inoltre «Daniélou fa vedere che il giudeo-cristianesimo è un fenomeno assai complesso, di cui solo un filone, quello ebionitico, è decisamente eterodosso, mentre né il filone gerosolimitano, né, tanto meno, il giudeo-cristianesimo in senso lato[1], sono fenomeni estranei alla grande Chiesa»[2].



[1] Per quanto riguarda la questione del “giudeo-cristianesimo” cfr sì sì no no, 15 aprile 2009, p. 5 e 30 aprile 2009, p. 5.

[2] B. Mondin, Storia della teologia, Bologna, ESD, 1997, 4° vol., p. 561.

 

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