Mons. Romeo e mons. Spadafora contro il tradimento del Pontificio Istituto Biblico

Un sacerdote del clero romano, nostro lettore, ci scrive:

«Vi scrivo indignato per segnalarvi il numero de La Civiltà Cattolica (n. 3816), dove, in un articolo sulla storia dell’Istituto Biblico, si fa partigiana memoria di Romeo e Spadafora, tacendo ipocritamente la vera questione della denuncia di Spadafora, ossia la definizione dogmatica tridentina del senso di Rom. 5, 12 stravolto da Lyonnet.

Che tale gesuita si sia poi allineato è questione diversa, ma l’ipocrisia della rivista nel presentare Spadafora è degna della polemica pascaliana e merita la difesa del vostro eccellente collaboratore».

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Ben giusta è l’indignazione del nostro lettore e troppo giusta la richiesta da lui diretta al nostro periodico.

Partiamo dall’articolo de La Civiltà Cattolica (20 giugno 2009) a firma del gesuita Maurice Gilbert Il centenario dell’Istituto Biblico. Egli si appella ai «ricchi archivi dell’Istituto Biblico, sia a Roma sia a Gerusalemme» per far luce su «tre periodi della storia centenaria del Biblico […] poco conosciuti o vittime di leggende non provate».

Il secondo periodo riguarda gli “attacchi integralisti” di mons. Antonino Romeo e di don (sic) Francesco Spadafora. Il secondo “criticò aspramente l’esegesi di Rm 5,12 proposta dal p. Stanislas Lyonnet sul peccato originale” e il primo “se la prese con l’interpretazione sul passo sul primato di Pietro in Mt 16, 16-18 data l’anno precedente dal p. Max Zerwick”. “Ambedue gli oppositori – asserisce M. Gilbert S. J. – snaturavano l’esegesi oggetto della loro critica”.

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Osserviamo, in via preliminare, che il gesuita autore dell’articolo sembra aver dato solo da lontano uno sguardo ai ricchi archivi del Pontificio Istituto Biblico. Egli ignora, infatti, che Francesco Spadafora all’epoca non era un semplice “don”, ma un monsignore e professore ordinario di esegesi biblica presso la Pontificia Università Lateranense.

Quanto a mons. Antonino Romeo, M. Gilbert ne sminuisce la figura così: “nel 1927 aveva ottenuto la licenza al Biblico con un modesto risultato ed era all’epoca assistente di studio presso la Congregazione dei Seminari e delle Università”. Sul “modesto risultato” non abbiamo altro documento che l’asserzione del gesuita Gilbert. Sappiamo, però, che mons. Romeo compì l’intero corso al Biblico (il che non era da tutti) e sotto la guida di illustri docenti quale il padre Alberto Vaccari; che fu subito dopo chiamato ad insegnare Sacra Scrittura al Seminario Regionale di Catanzaro e poi, quale aiutante di studio, alla Congregazione per i Seminari e le Università, espletando contemporaneamente un’intensa attività di studioso su temi anche particolarmente difficili del Vecchio e Nuovo Testamento: fu redattore in campo biblico per l’Enciclopedia Cattolica, trattò Dio nella Bibbia per il volume Dio nella ricerca umana a cura di Ricciotti (Coletti, Roma 1950) e Il Giudaismo per Le Religioni nel mondo (Coletti, Roma 1946), scrisse per l’Enciclopedia sul Sacerdozio (Libreria Editrice Fiorentina, 1953) un’ ampia monografia sul Sacerdozio presso i primitivi (cap. 1°), in Israele (cap. 2°) e nel Cristianesimo (cap. 3°); scrisse un eccellente trattato su L’Ispirazione biblica per il primo volume de Il Libro Sacro (ed. Il Messaggero di Padova, 1958) curato in collaborazione con mons. Spadafora e il padre D. Frangipane; per La Sacra Bibbia in tre volumi della Marietti tradusse e commentò l’ Apocalisse, della quale andava preparando un grande commento e diede la retta soluzione del tormentato testo di 1Tess. 4, 13-18 e 1 Cor. 15-51 raccogliendo il plauso di esegeti come K. Staab, che la definì “l’unica spiegazione rispondente al testo, al contesto e a tutto l’insegnamento paolino”.